
Lo stupro di una donna, una violenza che va arginata non giudicata
Chiariamo un punto. Un uomo che stupra una donna oltraggia, viola e offende il corpo e la mente di lei, indipendentemente dal patto sociale che lega quell’uomo a quella donna. Poco importa che siano uniti da un patto di accoglienza, di cittadinanza, di sangue, di amicizia, di lavoro o altro; quello che viene negato nell’atto dello stupro è il diritto della donna a decidere liberamente del suo corpo e delle sue relazioni, precede qualsiasi patto sociale ed è condizione irrinunciabile perché quel patto sia un atto di volontà e di scelta e non un’imposizione.
Questo ci hanno insegnato le donne che hanno lottato per i propri diritti e che ancora oggi lottano per realizzarsi pienamente come individui e come membri di una collettività. Richiamare uno specifico patto sociale (quello di accoglienza) per lasciare intendere che vi sia una graduabilità nell’immoralità di una donna stuprata offende anche le donne.
Come è possibile che un’alta rappresentante delle istituzioni, una dirigente di un grande partito, formalmente aderente del Partito socialista europeo, possa fare affermazioni così gravi, richiamandosi a una qualche base di “buon senso”?
Quali sono i motivi di questa deriva culturale?
Il primo credo sia aver travisato il significato della rappresentanza politica e delle istituzioni, il cui compito non è esprimere giudizi sommari sugli avvenimenti di cronaca, sull’onda della celebrità, ma quello di produrre intorno a quegli accadimenti una elaborazione (che per noi di sinistra non può essere che nel rispetto dei diritti individuali e della giustizia sociale, insieme) della cause e delle strategie di intervento affinché queste violenze vengano arginate, ancor prima che giudicate.
Dalla incapacità di trovare le forme e i luoghi per fare quell’elaborazione e quella ricerca di strategie ha origine il secondo motivo della deriva della cultura politica, che consiste nella spregiudicata tendenza di alcuni esponenti politici a cercare di legittimare se stessi cavalcando le paure, le solitudini e le povertà che non riescono ad affrontare, a cui non sanno trovare risposta. In questo modo non si fomentano solo tensioni sociali, ma si distrugge anche l’unico luogo in cui quelle tensioni possono trovare una sintesi più alta, la Politica appunto.
Il risultato è lo sdoganamento della discriminazione come risposta ad una complessità che non si riesce a governare. L’affermazione che la gravità morale e sociale di uno stupro di una donna sia maggiore perché opera di un profugo è figlia della stessa cultura che ha prodotto una legge che toglie il diritto agli stessi profughi di ricorrere in appello per ottenere il riconoscimento dello loro status giuridico. Tutto serve a far passare nel senso comune la giustificazione di una discriminazione e in questo quadro triste, perfino il dolore di quella donna offesa rischia di essere usato a pretesto.
Esiste un’alternativa a tutto questo e abbiamo, donne e uomini di sinistra, il dovere di costruirla e renderla praticabile al più presto, studiando, sperimentando, misurandoci con pratiche concrete e impegnandoci a far crescere una nuova classe dirigente che davanti alla complessità rifugga facili scorciatoie. Anche per questo il prossimo fine settimana sarò a Milano con Articolo Uno – MDP per costruire le di un’alternativa praticabile.