Banca1 Etruria

Politica, Massoneria e Banca Etruria nella mia bella Città

Ieri sera ho ascoltato con interesse Ferruccio De Bortoli dalla Gruber parlare del ruolo della massoneria sulle vicende di Banca Etruria.
Grazie caro Ferruccio De Bortoli, lei ha posto delle domande con tanti anni di ritardo ma, come si dice, meglio tardi che mai. Ma ora la domanda è un’altra : quando cominceranno a pagare i responsabili di questo disastro? Speriamo che a pagare ancora una volta non siano i dipendenti di Banca Etruria o Banca del Tirreno (come vorrà farsi chiamare), la quale ha già annunciato centinaia di licenziamenti. E cosi oltre ai risparmiatori questi signori rovineranno anche le famiglie dei lavoratori bancari. Un capolavoro.

Allora mi è tornata in mente una denuncia che due anni fa ho fatto nel mio libro “Quell’idea che ci era sembrata cosi bella“. Nel libro riproponevo alcune riflessioni che svolgevo diversi anni fa. Naturalmente in uno splendido isolamento politico e con inviti più o meno espliciti a darci un taglio da parte dei poteri politici ed economici di questa città. Parlavo di regolamento di conti all’interno della massoneria e di poteri opachi che avrebbero portato la Banca Etruria al disastro, poi avvenuto.
Partivo da lontano: Conto Primavera di Licio Gelli e suicidio di Mario Lebole.
Non sono i soli casi, purtroppo. Anche aretini iscritti alla P2 hanno tranquillamente continuato ad occupare i loro posti (è stata la commissione parlamentare a denunciarlo) anzi, hanno ripreso alla svelta possesso delle loro funzioni in delicatissimi ambienti di questa città come gli uffici finanziari, il mondo economico.

Chissà che non sia partito da qui il conto alla rovescia che, dopo quasi trent’anni, ha portato Banca Etruria al disastroso fallimento di oggi. Una Banca dove la massoneria (compresa la P2) ha fatto in tutti questi anni il bello e cattivo tempo e che per responsabilità di un gruppo dirigente incapace e infedele alla sua missione, ha rovinato migliaia di azionisti e possessori di obbligazioni sparsi in tutta l’Italia centrale. Un gruppo dirigente capace soltanto di autoconcedersi prestiti e gettoni milionari.
Diversi anni fa, avevo cercato di denunciare pubblicamente la deriva in cui la Banca Etruria stava andando: ogni settimana, sul “Corriere di Arezzo” pubblicavo una specie di editoriale sulle vicende aretine e ricordo che dedicai almeno tre articoli alla vicenda dell’improvvisa destituzione del vecchio presidente Faralli. Ecco l’ultimo dei tre pezzi, l’ho ritrovato nell’archivio del giornale:
… Provo a dirlo con maggiore chiarezza: la congiura di un gruppo di consiglieri d’amministrazione con conciliaboli segreti e agguati mentre pubblicamente ne avevano rinnovato la piena fiducia. Una condotta così scorretta la dice lunga sul grado d’inquinamento della vita associativa di certe istituzioni e dal disdegno in cui tengono le forme democratiche. Questo era il motivo per cui i rappresentanti politici amministrativi della città dovevano dire qualcosa. E invece non hanno aperto bocca. Avevamo bisogno di un richiamo all’etica e alla responsabilità. Questo è il punto che, ripeto ancora, va al di là della vicenda della rimozione del vecchio presidente della Banca che, certo, doveva da tempo lasciare il comando, ma doveva farlo in una occasione pubblica e trasparente che valutasse bilanci e prospettive di questo Istituto. Il messaggio che è arrivato alla città, all’opinione pubblica è di una semplicità disarmante. È che la democrazia è una perdita di tempo, che rappresentanza e partecipazione, dei cittadini come dei soci di una banca, sono parole vuote, che il potere e anzi il comando dev’essere concentrato e interamente delegato. Ed è questa concezione del potere che accomuna oggi, salvo sfumature per specialisti, la Banca Etruria con tante altre istituzioni economiche e non, a cominciare dal Governo del Paese. Se c’è nella città (e c’è stato ) chi si sente ferito dal mio articolo, più che da simili comportamenti, mi dispiace per lui. Con la vicenda della Banca è stato fa o un patto d’acciaio, o di la a che sia, per sostituire il vecchio gruppo di potere con uno nuovo. È stato fa o nel modo peggiore, e nessuno ha de o nulla. Allora una domanda è lecita, ma non dovrei porla io. Posso solo suggerirla ad altri, ed è questa: possiamo aspettarci nel futuro anche di peggio, oppure qualcuno della nuova dirigenza che guida la Banca (magari il presidente) è in grado di dirci cosa è successo, perché è successo e dove va la Banca? Quale futuro, quale strategia nelle alleanze, quale politica del credito nei confronti delle aziende e del sistema produttivo? Possono farlo ora, non è mai troppo tardi”.

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