Nel descrivere le modalità adottate per i salvataggi bancari fin qui attuati (Monte dei Paschi, le quattro banche dell’Italia Centrale e le due popolari venete), mi sono soffermato più volte sul diverso trattamento riservato ai risparmiatori cui vennero, incautamente, vendute obbligazioni subordinate. Una vendita spinta dalle reti delle banche interessate, senza rendersi pienamente conto che queste obbligazioni, anche prima delle norme europee sul “bail in” e sul “burden sharing”, erano denominate subordinate perché, in caso di crisi della banca, se non basta il capitale a coprire le perdite, si attinge alle stesse.
I titoli subordinati vengono, infatti, computati nel patrimonio delle banche proprio per la loro caratteristica di strumento ibrido; a metà tra un’obbligazione (producendo un interesse superiore, normalmente, a quello delle obbligazioni, diciamo, normali) e un’azione (per il rischio di coinvolgimento nelle crisi aziendali).
Anche se bisognerebbe ragionare sulla generale “inconsapevolezza” dei risparmiatori riguardo ai rischi sottostanti, è risultato che nella gran parte dei casi detti investimenti erano incoerenti col basso profilo di rischio dei sottoscrittori.
Esaminando i tre casi di crisi affrontati con l’intervento – diretto o indiretto – dello Stato emerge che:
1. gli obbligazionisti retail di MPS, quelli cioè che comprarono l’emissione del 2008 di 2,1 miliardi, necessari all’epoca per acquisire Banca Antonveneta riceveranno 1,5 miliardi, alla sola condizione di avere acquistato i titoli attraverso la banca entro il 1 gennaio 2016. Un ristoro del 71%, oltre alle cedole percepite, da ritenere senz’altro soddisfacente
2. per gli analoghi risparmiatori delle quattro banche “risolte” nel novembre 2015 (in massima parte clienti di Banca Etruria) è previsto un rimborso, ma con una griglia di condizioni (reddito annuo di 35 mila euro e un totale di risparmi in tutte le forme non superiore ai 100 mila euro) che lascia fuori la maggioranza
3. nel decreto per le due venete esiste un meccanismo analogo ma con l’ulteriore limite di aver acquistato i titoli entro il 1 gennaio 2014
Com’era prevedibile si sono scatenate proteste e prese di posizione da parte dei politici delle zone interessate. Dal Veneto sono arrivate proposte di modifica del Decreto relativo alla cessione a Intesa San Paolo di una parte delle attività e passività della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, volte ad adeguare il rimborso a quello stabilito per i risparmiatori di MPS.
Tale Decreto, deve essere emendato, per necessità emerse dopo la sua stesura, anche per recepire alcuni aggiustamenti tecnici richiesti da Banca Intesa; è quindi molto probabile che nel maxi emendamento saranno estesi i benefici MPS ai risparmiatori veneti.
A questo punto resterebbero fuori gli obbligazionisti di Banca Etruria e delle altre tre comprese nella prima “risoluzione”. Col paradosso che, i clienti della banca accusata della massima protezione da parte del governo dell’epoca, sarebbero quelli più danneggiati.
La fine della storia sembra già scritta: fatto trenta, si farà trentuno. Qualche centinaio di milioni in più a carico del bilancio pubblico, e quindi dei contribuenti, per evitare le proteste dei veneti e dei toscani, già abbastanza arrabbiati con questo e coi precedenti governi.
Certo, se questa decisione di semplice buon senso, all’epoca chiesta tempestivamente e con forza dal Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, si fosse fatta prima, ci saremmo evitati la crisi di fiducia verso le banche italiane che ha amplificato a dismisura la crisi.
Salvataggi bancari, fatto trenta, si farà trentuno?
Nel descrivere le modalità adottate per i salvataggi bancari fin qui attuati (Monte dei Paschi, le quattro banche dell’Italia Centrale e le due popolari venete), mi sono soffermato più volte sul diverso trattamento riservato ai risparmiatori cui vennero, incautamente, vendute obbligazioni subordinate. Una vendita spinta dalle reti delle banche interessate, senza rendersi pienamente conto che queste obbligazioni, anche prima delle norme europee sul “bail in” e sul “burden sharing”, erano denominate subordinate perché, in caso di crisi della banca, se non basta il capitale a coprire le perdite, si attinge alle stesse.
I titoli subordinati vengono, infatti, computati nel patrimonio delle banche proprio per la loro caratteristica di strumento ibrido; a metà tra un’obbligazione (producendo un interesse superiore, normalmente, a quello delle obbligazioni, diciamo, normali) e un’azione (per il rischio di coinvolgimento nelle crisi aziendali).
Anche se bisognerebbe ragionare sulla generale “inconsapevolezza” dei risparmiatori riguardo ai rischi sottostanti, è risultato che nella gran parte dei casi detti investimenti erano incoerenti col basso profilo di rischio dei sottoscrittori.
Esaminando i tre casi di crisi affrontati con l’intervento – diretto o indiretto – dello Stato emerge che:
1. gli obbligazionisti retail di MPS, quelli cioè che comprarono l’emissione del 2008 di 2,1 miliardi, necessari all’epoca per acquisire Banca Antonveneta riceveranno 1,5 miliardi, alla sola condizione di avere acquistato i titoli attraverso la banca entro il 1 gennaio 2016. Un ristoro del 71%, oltre alle cedole percepite, da ritenere senz’altro soddisfacente
2. per gli analoghi risparmiatori delle quattro banche “risolte” nel novembre 2015 (in massima parte clienti di Banca Etruria) è previsto un rimborso, ma con una griglia di condizioni (reddito annuo di 35 mila euro e un totale di risparmi in tutte le forme non superiore ai 100 mila euro) che lascia fuori la maggioranza
3. nel decreto per le due venete esiste un meccanismo analogo ma con l’ulteriore limite di aver acquistato i titoli entro il 1 gennaio 2014
Com’era prevedibile si sono scatenate proteste e prese di posizione da parte dei politici delle zone interessate. Dal Veneto sono arrivate proposte di modifica del Decreto relativo alla cessione a Intesa San Paolo di una parte delle attività e passività della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, volte ad adeguare il rimborso a quello stabilito per i risparmiatori di MPS.
Tale Decreto, deve essere emendato, per necessità emerse dopo la sua stesura, anche per recepire alcuni aggiustamenti tecnici richiesti da Banca Intesa; è quindi molto probabile che nel maxi emendamento saranno estesi i benefici MPS ai risparmiatori veneti.
A questo punto resterebbero fuori gli obbligazionisti di Banca Etruria e delle altre tre comprese nella prima “risoluzione”. Col paradosso che, i clienti della banca accusata della massima protezione da parte del governo dell’epoca, sarebbero quelli più danneggiati.
La fine della storia sembra già scritta: fatto trenta, si farà trentuno. Qualche centinaio di milioni in più a carico del bilancio pubblico, e quindi dei contribuenti, per evitare le proteste dei veneti e dei toscani, già abbastanza arrabbiati con questo e coi precedenti governi.
Certo, se questa decisione di semplice buon senso, all’epoca chiesta tempestivamente e con forza dal Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, si fosse fatta prima, ci saremmo evitati la crisi di fiducia verso le banche italiane che ha amplificato a dismisura la crisi.
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Enzo Umbrella
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