Sono bastati appena sei mesi di governo di Lega e 5Stelle per far ripiombare l’Italia nella recessione, dopo 40 mesi di crescita ininterrotta. Lo scrive la Banca d’Italia, anche se con toni felpati, nel suo Bollettino appena pubblicato.
La crescita dell’economia mondiale continua ma è in calo pressoché ovunque e continuano a peggiorare le prospettive del commercio mondiale. Le incertezze si sono ripercosse sulle Borse mondiali con una caduta generalizzata. Pesano i rischi del negoziato tra Stati Uniti e Cina, le tensioni nei paesi emergenti e come avrà luogo la Brexit. Nell’eurozona la crescita è più debole e scende la produzione industriale in Germania, Francia e Italia (il 2,3% di novembre certificato dall’Istat).
Le note più dolenti – come sempre – in Italia. Dopo lo stop del terzo trimestre, sembra che l’attività sia diminuita pure nel quarto. Vi ha contribuito il calo degli investimenti e, in misura minore, della spesa delle famiglie. Secondo il sondaggio congiunturale condotto da Banca d’Italia e Sole 24 Ore, gli investimenti delle imprese scemano soprattutto per l’incertezza politica ed economica oltre che per le tensioni commerciali.
Una nota positiva (ed una lezione per chi propone infauste restrizioni alle importazioni) è data dal fatto che l’andamento delle esportazioni è ancora favorevole, anche se il rallentamento del commercio globale ha ridotto le prospettive sugli ordinativi esteri. Resta, quindi, ampiamente positivo il saldo import – export il che ha quasi azzerato il debito estero dell’Italia (pari ora solo al 3% del PIL).
Nulla di nuovo sull’occupazione, rimasta sostanzialmente stazionaria, con un positivo aumento delle retribuzioni contrattuali in tutti i comparti.
Dopo l’accordo tra Governo e Commissione europea lo spread è sceso di ben 75 punti rispetto ai massimi di settembre (oggi siamo sui 250 punti).
Le azioni delle banche quotate sono molto diminuite da fine settembre, in conseguenza del calo atteso della crescita ed anche della crisi di alcune grandi banche, sollecitate dalla Vigilanza europea ad affrontare più decisamente la loro ricapitalizzazione e lo smaltimento dei crediti deteriorati (questi ultimi, invero, calati rispetto allo scorso anno). Sul costo del credito, per ora, si registrano solo lievi aumenti dei tassi di interesse sui prestiti. Però, ammette la nostra Banca centrale, in prospettiva l’ancora ampio spread e le difficoltà del sistema bancario potrebbero spingere al rialzo il costo del credito. Lo dichiarano le imprese che vedono condizioni di credito meno favorevoli.
La manovra di bilancio aumenta il disavanzo degli anni 2019-2021, interrompendo il calo in atto dal 2014. Banca d’Italia vede una crescita del PIL dello 0,6% quest’anno, 0,4 punti in meno rispetto a quanto valutato in precedenza e alle previsioni governative. Tuttavia l’intervallo di probabilità attorno a questo 0,6% è molto ampio. Al calo, come detto, concorrono la recessione (o stagnazione secondo la vulgata del Governo) in atto, il crollo degli investimenti delle imprese e il rallentamento del commercio mondiale. Banca d’Italia considera moderatamente positivi gli effetti sulla crescita dell’accordo con la Commissione europea. Tuttavia, oltre ai fattori di incertezza ricordati sopra, i rischi al ribasso della crescita potrebbero essere accentuati da un eventuale nuovo rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato, a una restrizione creditizia delle banche e un ulteriore calo degli investimenti.
In definitiva, nonostante i proclami delle forze politiche alla guida del Governo, l’economia volge al peggio. L’ottimismo e le parole azzardate sulla crescita italiana (il boom pronosticato dal vice Premier, Luigi Di Maio), si scontrano con la vera, e per ora unica, opposizione al Governo: la realtà.
Siamo tornati in recessione
Sono bastati appena sei mesi di governo di Lega e 5Stelle per far ripiombare l’Italia nella recessione, dopo 40 mesi di crescita ininterrotta. Lo scrive la Banca d’Italia, anche se con toni felpati, nel suo Bollettino appena pubblicato.
La crescita dell’economia mondiale continua ma è in calo pressoché ovunque e continuano a peggiorare le prospettive del commercio mondiale. Le incertezze si sono ripercosse sulle Borse mondiali con una caduta generalizzata. Pesano i rischi del negoziato tra Stati Uniti e Cina, le tensioni nei paesi emergenti e come avrà luogo la Brexit. Nell’eurozona la crescita è più debole e scende la produzione industriale in Germania, Francia e Italia (il 2,3% di novembre certificato dall’Istat).
Le note più dolenti – come sempre – in Italia. Dopo lo stop del terzo trimestre, sembra che l’attività sia diminuita pure nel quarto. Vi ha contribuito il calo degli investimenti e, in misura minore, della spesa delle famiglie. Secondo il sondaggio congiunturale condotto da Banca d’Italia e Sole 24 Ore, gli investimenti delle imprese scemano soprattutto per l’incertezza politica ed economica oltre che per le tensioni commerciali.
Una nota positiva (ed una lezione per chi propone infauste restrizioni alle importazioni) è data dal fatto che l’andamento delle esportazioni è ancora favorevole, anche se il rallentamento del commercio globale ha ridotto le prospettive sugli ordinativi esteri. Resta, quindi, ampiamente positivo il saldo import – export il che ha quasi azzerato il debito estero dell’Italia (pari ora solo al 3% del PIL).
Nulla di nuovo sull’occupazione, rimasta sostanzialmente stazionaria, con un positivo aumento delle retribuzioni contrattuali in tutti i comparti.
Dopo l’accordo tra Governo e Commissione europea lo spread è sceso di ben 75 punti rispetto ai massimi di settembre (oggi siamo sui 250 punti).
Le azioni delle banche quotate sono molto diminuite da fine settembre, in conseguenza del calo atteso della crescita ed anche della crisi di alcune grandi banche, sollecitate dalla Vigilanza europea ad affrontare più decisamente la loro ricapitalizzazione e lo smaltimento dei crediti deteriorati (questi ultimi, invero, calati rispetto allo scorso anno). Sul costo del credito, per ora, si registrano solo lievi aumenti dei tassi di interesse sui prestiti. Però, ammette la nostra Banca centrale, in prospettiva l’ancora ampio spread e le difficoltà del sistema bancario potrebbero spingere al rialzo il costo del credito. Lo dichiarano le imprese che vedono condizioni di credito meno favorevoli.
La manovra di bilancio aumenta il disavanzo degli anni 2019-2021, interrompendo il calo in atto dal 2014. Banca d’Italia vede una crescita del PIL dello 0,6% quest’anno, 0,4 punti in meno rispetto a quanto valutato in precedenza e alle previsioni governative. Tuttavia l’intervallo di probabilità attorno a questo 0,6% è molto ampio. Al calo, come detto, concorrono la recessione (o stagnazione secondo la vulgata del Governo) in atto, il crollo degli investimenti delle imprese e il rallentamento del commercio mondiale.
Banca d’Italia considera moderatamente positivi gli effetti sulla crescita dell’accordo con la Commissione europea. Tuttavia, oltre ai fattori di incertezza ricordati sopra, i rischi al ribasso della crescita potrebbero essere accentuati da un eventuale nuovo rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato, a una restrizione creditizia delle banche e un ulteriore calo degli investimenti.
In definitiva, nonostante i proclami delle forze politiche alla guida del Governo, l’economia volge al peggio. L’ottimismo e le parole azzardate sulla crescita italiana (il boom pronosticato dal vice Premier, Luigi Di Maio), si scontrano con la vera, e per ora unica, opposizione al Governo: la realtà.
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Enzo Umbrella
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