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The Guardian: due lavori solo per mangiare, la vita dei lavoratori nella Gran Bretagna a basso reddito

«Oggi, assieme a centinaia di altri addetti alle pulizie, lavoratori del servizio di catering, custodi e addetti alla sicurezza del St Barts Trust, sciopereremo». Inizia così la lettera all’Independent di Margaret Acheampomaa, l’addetta alle pulizie che, in questi giorni, sta dando battaglia sindacale in quattro grandi ospedali londinesi. Sul tema ha scritto approfonditamente anche Frances Ryan che, sul Guardian, si occupa della colonna Hardworking Britain, rubrica dedicata al mondo del lavoro e dei lavoratori.

«Fra dicembre e aprile – scrive Margaret – i lavoratori degli ospedali di Whipps Cross, Mile End, Royal London e St Bartholomew sono stati completamente esternalizzati alla Serco (gigante multimilionario delle esternalizzazioni, ndr), che ha ottenuto un contratto da 600 milioni di sterline. Siamo passati dall’essere preziosi lavoratori del servizio sanitario nazionale a impiegati di una compagnia privata nota conosciuta per l’amministrazione delle carceri. Già questo è stato traumatizzante ed in particolar modo per quelli che lavoravano da decenni nel servizio sanitario nazionale».

«Quando la Serco è subentrata – continua Margaretci ha promesso che nulla sarebbe cambiato, che le cose sarebbero migliorate. In realtà, le cose sono peggiorate quasi immediatamente». Il primo atto al Royal London è stato la cancellazione della retribuzione del quarto d’ora di pausa. La pausa retribuita è stata ripristinata solo grazie alla protesta di 120 dipendenti che avevano minacciato di non tornare al lavoro finché la situazione non fosse cambiata.
La Serco sostiene di non aver aumentato il carico di lavoro per i suoi addetti alle pulizie, poiché non devono più occuparsi di servire i pasti. Ma quello che racconta lo staff è molto diverso: adesso, infatti, ciascuno degli addetti deve occuparsi di un carico di lavoro che prima era distribuito su due o tre persone. Abigail, lavoratrice intervistata da Frances Ryan, racconta che durante un turno deve pulire le postazioni di 26 pazienti, per un totale di 10 stanze. Prima se ne occupavano 4 persone, adesso sono in 2. «Siamo costantemente controllati da manager e supervisori – scrive ancora Margaret Acheampomaae subiamo grosse pressioni per portare a termine gli ordini in tempi impossibili. Il risultato è che molti di noi stanno iniziando a entrare al lavoro 30 minuti prima (non pagati) e in tanti lavorano durante le pause».

Abigail racconta anche che i dipendenti devono lavorare così tanto che questo ha delle conseguenze per la loro salute. Abigail è originaria del Ghana e lavora al Royal London da sei anni. Nella prima settimana di lavoro per la Serco ha cominciato ad avere problemi di salute. Si è fatta male alla schiena e ai fianchi pulendo i letti dei pazienti. Ha la mano gonfia a forza di passare lo straccio. Solo quando, la settimana scorsa, è intervenuto il sindacato Unite, Abigail non aveva nemmeno gli utensili giusti per lavorare: non fornire gli attrezzi adeguati significa un risparmio per l’azienda. Quando ha dovuto andare dal medico per farsi controllare la mano, ha avuto il permesso dall’azienda ma ha dovuto comunque prendere un giorno di ferie.

Margaret ha gli stessi problemi fisici di Abigail. Altri colleghi hanno tendiniti, dolori alle articolazioni e cisti a causa delle abrasioni. Per non parlare di tutte le conseguenze dello stress e della sua somatizzazione. Quando torna a casa spesso non ha nemmeno le forze per giocare con i figli e aiutarli con i compiti a casa. Si addormenta e basta. Per alcuni lavoratori, inoltre, l’occupazione che hanno non è sufficiente per vivere, nonostante siano dipendenti a tempo pieno. Alcuni devono fare due o tre lavori contemporaneamente per mantenere la propria famiglia. Arrivano all’ospedale alle 7, lavorano per 8 ore, e poi alle 17 ricominciano a lavorare da un’altra parte. Abigail, quando può, fa gli straordinari durante il fine settimana e lavora come parrucchiera fra un turno e l’altro.

Nella lotta per i diritti di questi lavoratori è subentrato Unite, il più grande sindacato di Gran Bretagna e Irlanda (affiliato al Labour). A marzo i lavoratori hanno inviato la richiesta di aumento di salario orario di 30 pence, che consentirebbe di coprire i costi crescenti del tragitto casa-lavoro e dell’inflazione generale. La Serco, che nel 2016 ha registrato profitti per più di 82 milioni di sterline, ha rifiutato categoricamente la richiesta. Il loro amministratore delegato, Rupert Soames, guadagna 2 milioni l’anno, esclusi i bonus.

Il 21 giugno i lavoratori degli ospedali di Whipps Cross, Mile End, Royal London e St Bartholomew hanno partecipato a un referendum e il 99% di coloro che hanno votato si è espresso a favore dello sciopero. Lo sciopero è iniziato martedì scorso e finirà oggi. Ma la mobilitazione proseguirà ancora, per sette giorni, dall’11 luglio e poi ci sarà un altro sciopero di due settimane che avrà inizio il 25 luglio. Altre azioni sindacali sono previste ad agosto e settembre.

Le esternalizzazioni sono ormai la norma nel settore pubblico e a pagarne le conseguenze sono i lavoratori dai salari bassi, già sfruttati, che si vedono portare via i diritti più basilari: ferie, malattia, condizioni di lavoro sicure e un salario decente. I “costi sono troppo alti”. Bisogna essere “efficienti”, bisogna “tagliare le spese”. Scrive Frances Ryan sul Guardian: «Quando i servizi pubblici diventano una fonte di profitto, i lavoratori come Abigail vengono visti come facili guadagni – soprattutto quando si tratta di donne della working class, di colore e immigrate. Ma queste donne hanno cominciato a organizzarsi. La protesta che è iniziata in una mensa al quinto piano si è trasformata in un’estate di attivismo. È proprio grazie a una recente azione sindacale collettiva all’University of London che gli addetti alle pulizie, custodi e addetti alla sicurezza hanno ottenuto gli stessi diritti dei loro colleghi direttamente impiegati». Perché, conclude Abigail: «Da soli siamo fragili. Uniti siamo forti».

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