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Una manovra annacquata e spudorata

Il conflitto tra il Governo e l’Unione Europea sulla legge di Bilancio, si alimenta delle dichiarazioni del Presidente della Commissione Europea Junker (“Da Italia deviazione inaccettabile”) e le quelle bellicose dei nostri due vice premier Salvini e Di Maio. Un conflitto che potrebbe vivere una escalation, se da Bruxelles partirà, per la prima volta, una procedura di infrazione (nella scheda 1, vedi sotto, le date chiave del rapporto con l’Europa) che aumenterebbe la pressione dei mercati sull’Italia.
Anche se nessuno lo dice esplicitamente, la legge di Bilancio arriva piuttosto annacquata, rispetto ai proclami della vigilia sia nella forma (minori spese e coperture) sia nella sostanza. I mercati lo hanno capito e lo “spread” tra BTP decennali e Bund si è leggermente ristretto.
Restano possibili altri aumenti di spesa nei passaggi in parlamento e, comunque, è una manovra con tante sorprese ancora da scoprire.

Si inizia con la disattivazione delle clausole Iva per 12,5 miliardi. La norma più spudorata è il condono fiscale, che prevede l’emersione del “nero” fino ad un massimo del 30% del dichiarato. Il tutto tassato al 20%, la vera flat tax, per gli evasori che (forse) andrà anche a cancellare gli eventuali illeciti penali connessi alle false dichiarazioni dei redditi.
Ne beneficeranno tanti al nord che, per la verità, si attendevano aliquote più basse. I 5 Stelle hanno dovuto subire il condono e la Lega può cantare vittoria. Inoltre, si potranno sanare le liti col fisco pagando cifre ridotte, a rate e senza interessi. Cancellato tutto il contenzioso sotto i mille euro.

Il reddito di cittadinanza costa in teoria 10 miliardi (2,6 vengono dagli stanziamenti per il reddito d’inclusione e 1 miliardo serve a riformare i Centri per l’impiego). La misura dovrebbe scattare in primavera, ma servirà molto più tempo per il regolamento attuativo, le assunzioni e la riforma dei “Centri”, l’emanazione dei bandi, la presentazione e l’esame di milioni di domande, l’erogazione dei contributi.

La norma sulle “pensioni d’oro” (un miliardo in tre anni) è tutta da scrivere, anche se è chiaro che dovrebbe trattarsi di un contributo di solidarietà temporaneo analogo a quello del Governo Monti.

Per la quota 100 per andare in pensione, si parla di 7 miliardi di oneri, senza i fondi per il trattamento di fine rapporto, per il quale sono allo studio dilazioni, magari finanziate dalle banche. Il ricambio generazionale ci sarà in minima parte e si apriranno gli enormi buchi, indicati dal Presidente INPS, Tito Boeri, a danno dei giovani.

Nelle coperture molti sono i tagli fatti con leggerezza. Dai ministeri dovrebbero arrivare genericamente 3 o 4 miliardi; altri 1,3 miliardi in tre anni dalle spese per l’immigrazione, di cui 500 milioni nel 2019. Spicca, inoltre, la minore deducibilità degli interessi passivi per banche e assicurazioni, un cavallo di battaglia dei 5Stelle. Si tratta di 3,3 miliardi per le banche e 900 milioni per le assicurazioni. Un vero salasso per enti già provati dalla crisi e ora dal crollo del valore dei titoli di Stato in portafoglio; costi enormi che verranno ribaltati sui debitori, già gravati da una restrizione del credito da spread e da aumenti dei tassi di interesse.

(Nella scheda 2 , vedi sotto, le altre misure). E’ chiaro che le coperture degli aumenti di spesa corrente sono basse o rappresentate da “una tantum”. Col problema più grave il prossimo anno, quando si dovranno disinnescare aumenti Iva più corposi, magari con l’economia stagnante e col costo del debito sempre meno sostenibile.

La domanda che molti si pongono è: perché Salvini e Di Maio (con l’avallo del ministro Savona) sono così sordi alle regole europee, alle critiche di tutte le istituzioni economiche internazionali ed autorità indipendenti italiane? Non potendo trattarsi solo di ignoranza, è evidente che ai due vice Premier importi ben poco del bene degli italiani, puntando invece con cinismo alle elezioni europee, in una posizione a loro modo di vedere “win win”. Sia che riescano a far passare la manovra sia se costretti a tagliarla, attribuendo la colpa alla “congiura europea e dei mercati”.
Nelle menti dei più accesi “sovranisti”, potrebbe esserci anche la voglia di una escalation contro Bruxelles, per cercare l’incidente che porti a una Italexit, oggi osteggiata dalla maggioranza degli italiani. Insomma, il Piano B del prof. Savona, che prevede uno spread alle stelle per costringere Bruxelles a piegarsi se vorrà per evitare guai all’euro.

In questo disegno c’è tuttavia un grosso errore di fondo, perché i più fieri oppositori ad un’Italiaspendacciona” sono proprio le destre xenofobe ed euro scettiche presenti nei paesi dell’area euro, tutt’altro che alleate del Governo italiano.
Proprio per frenare queste forti opposizioni all’interno dei paesi di provenienza, i Commissari europei – appartenenti a forze politiche in calo nei sondaggi e nelle elezioni più recenti – dovranno mostrarsi ancor più intolleranti alle violazioni italiane e di qualunque altro paese alle regole comuni.
La partita vera si giocherà sui mercati, con S&P e Moody’s che a fine mese daranno il giudizio sull’Italia. I mercati già scontano un grado di declassamento e si interrogano se i titoli di Stato avranno un outlook negativo e quindi un possibile futuro downgrade a livello “spazzatura”. In quel caso i fondi e la BCE non potranno più comprare i nostri BTP e questo sarà l’ultimo passo verso il baratro.

SCHEDA UNO: LE DATE CHIAVE NEL RAPPORTO CON LE AUTORITA’ EUROPEEE

15 ottobre: scadenza per inviare i progetti di bilancio.

22 ottobre: la Commissione ha una settimana per identificare “difformità particolarmente serie con gli obblighi della politica di bilancio”.

29 ottobre: se la Commissione deciderà che l’Italia non si è conformata alle regole, dovrà respingerli entro due settimane, spiegandone le ragioni.

5 novembre: riunione Eurogruppo, con eventuali pressioni sul governo per cambiare la manovra.

19 novembre: nel caso di rigetto di richiesta di riesame del progetto, il governo ha tre settimane per far pervenire a Bruxelles una manovra rivista o per replicare.

3 dicembre: riunione Eurogruppo.

10 dicembre: se l’Italia presentasse un nuovo piano, la Commissione ha tre settimane per adottare una nuova opinione sulla posizione dell’Italia e l’impatto del piano sull’eurozona.

13 dicembre: la BCE nella riunione conclusiva del programma di acquisto dei bond, potrebbe intervenire a sua volta con raccomandazioni o con sanzioni.

14 dicembre: i leader dell’UE al loro summit di fine anno discuteranno anche dell’Italia.

4-7 febbraio: la Commissione pubblica le sue previsioni economiche; in caso di difformità grosse con la crescita e le proiezioni di deficit e debito italiane, potrebbe avviare procedure sanzionatorie che scatterebbero ad aprile 2019, alla vigilia delle elezioni europee.

 

SCHEDA DUE: ALTRE MISURE

Forfait per autonomi. Già previsto, al 15%, per i professionisti con ricavi fino a 30mila euro e per altre categorie fino a 50mila, viene esteso a 65.000 euro. Dai 65.000 ai 100.000 si pagherebbe un 5% in più. Le start up e le attività degli under35 pagherebbero il 5%. Costa 600 milioni il primo anno e 1,7 miliardi a regime. Il tutto finanziato dalla eliminazione delle misure del precedente Governo per le PMI pari a 3 miliardi.

Sgravi Ires su utili reinvestiti. L’aliquota al 24% scende al 15%. Costo 1,5 miliardi. Confermate le misure di Industria 4.0. Per finanziare dette agevolazioni saranno abolite l’Ace e l’imposta ridotta.

Investimenti. Si punta a fare lo 0,2% del Pil (3,5 miliardi) in più rispetto a quelli previsti. Sblocco degli investimenti dei Comuni e revisione della soglia per gli appalti senza gara.

Decreto taglia leggi. Si cancellano oltre 100 adempimenti per le imprese che inglobano misure per una Rc auto “più equa”. Blocco dei pignoramenti della casa per chi ha crediti verso la PA e interventi sulle liste di attesa create per visite mediche ed esami.

Bonus ristrutturazioni. Sono prorogati tutti al 50%. Estese al 2019 le deduzioni per acquisti di elettrodomestici e apparecchiature ad alta efficienza energetica e lo sgravio al 36% per i giardini.

Privatizzazioni. Per 640 milioni nel 2019 e 600 nel 2020.

Cessioni immobiliari. 600 milioni, tra patrimonio dello Stato, Enti locali e previdenziali

Foto in evidenza: Luigi Di Maio, Giuseppe Conte, Matteo Salvini, Giovanni Tria

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