Elettori in attesa di votare per il referendum costituzionale al seggio n 3 alla scuola Edmundo de Amicis a Pontassieve (Firenze), 4 dicembre 2016. ANSA/ MAURIZIO DEGL'INNOCENTI

Benvenuti al sud (il regno dei No)

Le analisi elaborate dall’Istituto Cattaneo sui risultati del referendum costituzionale ci ricordano e confermano una circostanza che la politica degli ultimi decenni pare aver rimosso se non dimenticato: nel nostro Paese esiste ancora, irrisolta, una “questione meridionale”.

I numeri ci dicono che, all’interno degli elettori del no, nel Mezzogiorno 7 voti su dieci provengono da giovani studenti, disoccupati e precari, dalle aree di minore reddito e maggiore disagio sociale. Tutti elementi che caratterizzano la condizione socio-economica più diffusa nel sud. Commetteremmo un gravissimo errore se ci limitassimo ad interpretare questo voto solo e semplicemente come una bocciatura del Governo e della sua azione politica. In realtà, si è levato l’ennesimo grido di rabbia e di dolore che nessun partito, nessun movimento ha colto ed interpretato e, perciò, nessuno può ascriversi il merito di rappresentarlo.

Eppure è solo di qualche mese fa il cosiddetto “Patto per il Sud”, risorse aggiuntive iscritte nel Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex FAS) che, finalmente, anziché funzionare da bancomat per improvvisi vuoti di bilancio, dovrebbero essere destinate a progetti di sviluppo. Un primo passo, certamente parziale e non risolutivo ma una netta e certa inversione di tendenza rispetto al passato anche recente. Perché tale novità non è stata colta? Per tre motivi essenziali, credo.

Innanzitutto l’assoluta mancanza di fiducia nel confronti della politica e della sua capacità di risolvere i problemi se è vero, come è vero, che larga parte della classe dirigente del sud si è caratterizzata più per lotte intestine che per visione strategica, per la capacità di individuazione e soluzione dei problemi.

In secondo luogo, direttamente collegato al primo aspetto, il non aver considerato credibile e politicamente, oltre che moralmente, accettabile la posizione di alcuni politici locali (Campania e Abruzzo su tutti) che ritenevano che la riforma dovesse essere sostenuta per il ritorno economico, per la maggiore attenzione che il Governo avrebbe avuto per il territorio. La riproposizione della nota attività di “scambio” (voti/assistenza) che ha prodotto guai immensi nel Mezzogiorno.

La terza, generatrice di tutte le altre, è l’incapacità di capire che la “questione meridionale” non deve essere più fondamento recriminatorio per le ingiustizie subite e relativo risarcimento materiale, ma il terreno decisivo su cui giocare effettivamente il destino della sinistra, l’opportunità di costruire un progetto politico improntato ad un progressismo non velleitario ma che vada alle radici del disagio e costruisca la speranza.

Il fatto stesso che tutti, vincitori e vinti, siano rimasti sorpresi dall’entità dei numeri del risultato elettorale, è la dimostrazione di quanto tutti, vincitori e vinti, siano distanti e poco attenti a ciò che matura e si produce nel tessuto sociale del Paese. Significa che corpi sociali e politici intermedi sono diventati marginali, e poco credibile e utile la loro funzione mediatrice. Ma tutto ciò rischia però di sembrare solo uno sterile esercizio di scrittura, una astratta costruzione intellettuale se non corroborata dalla concretezza delle proposte.

EPPURE NON SI PARTE DA ZERO: IL CASO PUGLIA – Ebbene, neanche in questo caso, qui nel Sud, si parte da zero. Esempi di “buone prassi” da valorizzare per provare a invertire la tendenza ci sono. O meglio, ci sono state. Mentre gran parte del Paese scontava e pagava drammaticamente lo shock economico e finanziario mondiale, la Puglia nel periodo 2010-2015 registrava un significativo aumento dell’occupazione (+ 11%), è un PIL regionale pari a quello della Lombardia. Capacità taumaturgiche della Giunta Vendola? Nulla di tutto questo. Molto più semplicemente era stata adeguatamente studiata la realtà regionale e individuati i terreni di intervento. Il “Piano del Lavoro” regionale, la legge sul welfare che interveniva direttamente sulle sacche di povertà e sui fattori che la determinavano, il progetto “Bollenti Spiriti” che sosteneva e premiava i giovani e i loro progetti innovativi, le condizioni normative per massicci investimenti nell’eolico e nel fotovoltaico che hanno fatto della Puglia la principale produttrice di energia pulita. Il capovolgimento dell’assunto “tremontiano” e la dimostrazione che con la cultura si mangia e bene con la creazione di “Apulia Film Commission” che ha co-prodotto diversi film di importanti registi promuovendo il territorio pugliese e veicolando il turismo. Il frutto di una classe dirigente attenta, coesa e capace. Se riuscissimo a riproporre altrettanta attenzione, coesione e capacità in tutto il resto del sud, e non solo; se tornassimo a studiare la realtà e non ad immaginarla e, soprattutto, a narrarla per quello che non è, recupereremo la fiducia di coloro che con il loro grido di dolore ci chiedono di costruire insieme un futuro diverso. Sono gli stessi che non si rassegnano all’umiliazione quotidiana della legalità, che resistono al richiamo feroce e tranquillizzante del seno giunonico e generoso della criminalità, delle mafie, che offre di allattarli. Affermazione della legalità a tutti i livelli, un piano straordinario per il lavoro credibile e che rifugga dagli errori della cieca industrializzazione del passato, selezione nella destinazione delle risorse e recupero delle stesse dalle rendite parassitarie e improduttive. Si torni a fare la sinistra. Benvenuti al sud.

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