Daisy_Osakue

I razzisti siamo noi

C’è il 27enne del Camerun preso a bastonate a Sarno. Ci sono i ragazzi del Mali bersaglio di spari a Napoli. Ci sono i migranti feriti da armi ad aria compressa a Latina a e Forlì. Ci sono gli abitanti dei centri d’accoglienza aggrediti a Sulmona, Atena Lucana e Pescolanciano vicino a Isernia. Ci sono i due ragazzi del Niger e del Senegal assaliti da gruppi di razzisti a Rimini e Partinico. C’è l’olimpionica Daisy Osakue aggredita verbalmente e fisicamente a Moncalieri. E poi c’è il giovane nordafricano ucciso ad Aprilia – forse da una “ronda” – e Sacko Sumayla, il sindacalista scomodo assassinato a Rosarno – solo per citarne alcuni.

Da Nord a Sud, le notizie di aggressioni – a volte mortali – ai danni di immigrati e cittadini di colore si sono moltiplicate negli ultimi mesi in modo esponenziale. In molti casi i moventi non sono stati ancora stati chiariti, ma è indubbio che il fattore razziale abbia giocato un ruolo fondamentale nell’abbassare la soglia di legalità. I giornali evocano un “clima d’odio”, mentre la destra di governo irride le vittime e parla di “fantasie”.

Ma è vero che da quando Lega e Cinque Stelle sono al governo la violenza a sfondo razziale è aumentata? A questa domanda è difficile rispondere – in primis perché nella maggior parte dei casi le indagini sono ancora aperte. In secondo luogo perché, come sottolinea la Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza, i crimini denunciati sono solo una minima parte rispetto alla reale vastità del fenomeno.

Si può però dire che i crimini d’odio hanno conquistato una nuova dimensione pubblica. Lo stesso è accaduto anche all’indomani di altre vittorie politiche di forze populiste ostili a immigrati e minoranze. Così nei mesi successivi alla vittoria di Donald Trump nelle Presidenziali del 2016 il “Southern Poverty Law Center” ha attestato un forte incremento degli attacchi razzisti, antisemiti, islamofobi e omofobi. In maniera analoga il voto sul Brexit ha scatenato un’ondata di attacchi contro la popolazione immigrata del Regno Unito.

In alcuni casi l’aggressività verbale della destra populista funge da legittimazione per le azioni violente di frange radicali. In altri casi la retorica “disumanizzante” di chi – come l’attuale ministro degli Interni – assimila immigrati e minoranze a animali offre una giustificazione a chi cerca un facile bersaglio per la propria frustrazione.

Sarebbe tuttavia sbagliato guardare all’attuale ondata di odio e intolleranza come a un’onda anomala generata da una particolare congiuntura politica. Essa è in realtà cresciuta per anni – nel disinteresse e spesso colla complicità di chi oggi grida allo scandalo.

Il razzismo in Italia è un problema molto serio. L’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani dell’OSCE ha attestato una crescita dei cosiddetti “crimini d’odio” da 71 nel 2012 a più di 800 nel 2016 – di questi 338 avevano una motivazione razziale. Questo dato è confermato dal Rapporto Orlando del 2018 che parla di più di 800 crimini a sfondo razziale (denunciati) dal 2015 als 2017. Il reale numero di aggressioni è tuttavia sicuramente molto più alto.

L’incertezza sui dati ci mostra che non esiste un monitoraggio efficiente del fenomeno. Soprattutto non vi sono – salvo sporadiche eccezioni – referenti indipendenti a cui gli immigrati possono rivolgersi per denunciare atti di violenza e discriminazione. È infatti improbabile che un immigrato si rivolga alla polizia – specialmente se risiede irregolarmente in Italia.

Alla luce del fatto che dal 2015 vi sono stati in Italia 11 omicidi di matrice razzista (fonte: Cronache di Ordinario Razzismo: http://www.cronachediordinariorazzismo.org/tag/omicidio/) viene da chiedersi come mai ad oggi il problema non sia mai stato posto in sede istituzionale.

Il motivo è facilmente intuibile: in Italia della violenza contro immigrati e minoranze non si interessa quasi nessuno. Anche i partiti di sinistra hanno mantenuto per anni posizioni ambivalenti sulla palese crescita del razzismo e dell’intolleranza nel nostro paese – nella convinzione che si trattasse di temi impopolari.

I media – anche quelli di area progressista – hanno affrontato per anni il tema immigrazione come un’emergenza sociale, enfatizzando gli aspetti più sensazionali e preoccupanti del fenomeno come terrorismo e criminalità (si vedano a tal proposito il rapporto annuale dell’ “Associazione Carta di Roma” e il “Libro bianco sul razzismo” dell’associazione “Lunaria”).

La conseguenza: destra e sinistra hanno sempre più spesso giustificato paura e ostilità nei confronti dell’ “Altro” come una naturale reazione ad un clima di insicurezza.

La realtà è probabilmente più complessa. Una parte di italiani è senza dubbio afflitta da profonde incertezze. Ad onta di quello che dice il ministro degli Interni, esse non riguardano però il numero di cittadini stranieri residenti nel nostro paese, bensì la disoccupazione, la precarietà e l’assenza di prospettive.

Ci sono, poi, alcuni cittadini – pochi – che si sentono minacciati dall’intraprendenza e tenacia dei “nuovi italiani” di seconda generazione e – in mancanza di strumenti dialettici – reagiscono in maniera ferina.

Anni fa chiesi in un’intervista all’allora ministro Cécile Kyenge se pensava che gli italiani fossero razzisti. Il giorno prima qualcuno le aveva fatto trovare alla Festa dell’Unità manichini insanguinati. Mi rispose di no: “In questi anni le figlie e i figli di immigrati stanno conseguendo titoli di studio, iniziando una vita professionale, ampliando i loro orizzonti. A qualcuno questo non piace. La buona notizia è che queste persone sono destinate a essere sconfitte”.

Foto in evidenza: Latleta azzurra Daisy Osakue aggredita verbalmente e fisicamente a Moncalieri

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