Renzi Si

Lo dico a Renzi, il referendum non deve essere una guerra civile

Renzi ha lanciato la campagna per il “si‘” al referendum istituzionale chiedendo che si formino diecimila comitati. Il premier sa che senza un forte coinvolgimento popolare il referendum corre due rischi. Il primo è quello di una bassa partecipazione al voto, ininfluente in un referendum senza quorum , ma politicamente rilevante per svelare la forza del rapporto fra governo e opinione pubblica. Il secondo é il rischio di una prevalenza del “no“, che sarà sostenuto da aree trasversali e compatte. Renzi in questa chiamata alle armi avrebbe potuto usare parole di pace. Per esempio, chiedere alla pubblica opinione di fuoriuscire dal confronto incentrato sulla propria persona. Invece in lui il tratto del giocatore di poker e’ ineliminabile e ha messo sulla bilancia tutto se stesso. Il premier neppure prende in considerazione gli argomenti di chi contesta la riforma. L’unica cosa che gli interessa è’ definire il nuovo campo politico: di la’ i conservatori, di qui gli innovatori. È’ un nuovo modo di rappresentare la politica che supera la coppia destra/ sinistra. Renzi parte da se’ e definisce se stesso, e ciò che fa come, l’innovazione per antonomasia, anzi l’unica innovazione prodotta dopo . Quindi ha facile gioco a immaginare che chi è’ con lui é innovatore e progressista, ad esempio il sen.Verdini, chi non é con lui é un vecchio conservatore, ad esempio uno qualsiasi dei presidenti della Corte costituzionale. Questo schema potrà esaltare la destra del parlamentarismo accattone che si sentirà rimessa in gioco, ma spaccherà la sinistra che vivrà come un’offesa questa identificazione con tutto il passato. Peraltro Renzi continua nella singolare rappresentazione di un passato tutto immobile, mentre fra i 63 governi della Repubblica in anni cruciali vi sono stati governi, guidati spesso da antenati culturali di Renzi, che hanno cambiato il volto del paese.

Con queste premesse lo scontro referendario si prospetterà assai divisivo. Il premier avrebbe potuto scegliere, come pure ha accennato, come unico argomento il fatto che la fine del bicameralismo perfetto è frutto della migliore cultura politico- istituzionale italiana e avrebbe potuto accettare le critiche su alcuni aspetti irrisolti e confusi della riforma. Invece non ha rinunciato a un altro gioco di guerra nell’idea, che nessuna cultura politica democratica ha, che si possano annichilire i dissenzienti. Lo stesso modo di parlare del Senato che sta vivendo la propria fine come un tacchino che festeggia la Pasqua che lo vedrà al forno e’ singolarmente e inutilmente irrispettoso.

Aspettiamoci così mesi di nuove divisioni fra italiani in totale prosecuzione con le pagine peggiori di questa malnata Seconda Repubblica. La speranza é che vi siano aree del “si‘ ” e del “no” che sappiano spingere Renzi e i suoi più accalorati avversari su terreni di confronto più utili alla serenità del paese. Abbiamo bisogno di una riforma perfettibile, leggibile, come la Costituzione attuale, anche dai ragazzi, frutto di un messaggio di ricostruzione nazionale e non del prevalere di un gruppo di potere sui propri avversari. Abbiamo bisogno di questo per votare liberamente sul merito della riforma senza sentirci obbligati a scegliere di essere pro o contro Renzi. Le guerre sanguinose, infatti, fanno ovviamente male a chi le perde , ma lasciano segni indelebili sul volto e sul corpo di chi le vince, che appare trionfante ma visibilmente più brutto epicureo respingente per un’opinione pubblica che sognerà la fine di questa stagione politica come la conclusione dell’ennesima “guerra civile” all’italiana, cioè: parole, parole, parole..

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Nella foto di copertina: Matteo Renzi, al Teatro Nicolini di Firenze,  al lancio della campagna referendaria a favore del

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