Giovanni_tria

Deficit 2019 e spread. Giochi pericolosi

Premessa: La Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF) è un atto col quale i governi dell’Unione Europea, sulla base di quanto accaduto nel frattempo, rivedono i dati e gli obiettivi dei Documenti di Economia e Finanza (DEF) approvati in primavera.
Il NADEF va presentato entro il 27 settembre di ciascun anno ai Parlamento.
Finora, in Italia, i saldi sono stati sempre modificati (in peggio) tra un documento e l’altro, ma le scadenze sono state rispettate. Che al 1° ottobre si conoscano solo i dati del deficit presunto (2,4% per i prossimi tre anni) e poco altro, non depone certo a favore di un Governo che si autodefinisce del cambiamento.
Il DEF, redatto dal Governo GentiloniPadoan, in regime di gestione degli affari correnti, esprimeva cifre a legislazione vigente e un deficit dello 0,9% – frutto delle promesse di risanamento della legge di bilancio dell’anno precedente – che scontava quindi: lo scatto degli aumenti dell’IVA e accise, nessuno stanziamento per i contratti pubblici e l’invarianza della legge Fornero.
Da allora sono intervenuti diversi elementi negativi. 1) il calo delle previsioni di crescita del PIL 2019 da 1,4% a 0,9%, 2) diverse spese aumentate, in particolare quella da spread sui BTP e quindi da maggior costo per interessi sul debito pubblico.

Quindi, quello 0,9% di deficit, con l’aggiunta delle spese indifferibili, di altre spese e dell’aumento dello spread, diventa 2,2%. Un 2,2% per non far nulla rispetto alla situazione attuale.
A questo numero si arriva dall’intervista di ieri sul Sole24 Ore del Ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che, dopo essere stato sconfessato nel suo moderato rigore, racconta a modo suo cosa ci attende nei prossimi mesi. Il Ministro esordisce con la bugia di non aver mai minacciato sue dimissioni e continua esponendo diverse considerazioni che sembrano velleitarie.
Sull’ampliamento del deficit al 2,4%, Tria parla di una lunga negoziazione e di una faticosa mediazione, rispetto alle richieste dei partiti di governo, che erano molto più alte.
Il Ministro dice in sostanza che, con la crescita in calo, il deficit cresce spontaneamente: «Le previsioni di crescita su cui era stato costruito il quadro tendenziale di finanza pubblica dal precedente governo sono cambiate in modo sostanziale, e gli ultimi dati lo confermano. La crescita tendenziale, a legislazione vigente, per l’anno prossimo sarebbe dello 0,9%, contro l’1,4% previsto prima. Questo porta il disavanzo 2019, sempre in termini tendenziali, all’1,2%”.
Quell’1,2% era, dunque, il deficit del DEF “a legislazione costante” di Padoan. Secondo Tria, e come ho tante volte scritto, l’eredità per il 2019, solo per sterilizzare IVA, spese indifferibili e maggior costo del debito da spread, partiva già da un deficit prossimo al 2%.
Il rallentamento della crescita ed i margini per stimolare l’economia si sono quindi ristretti. Sull’argomento, Tria è chiaro: «Il punto di equilibrio in questo confronto si è raggiunto con il fatto che il livello di deficit deciso dà spazio a un piano straordinario di investimenti pubblici. Senza questo piano, il deficit programmato sarebbe stato del 2,2% l’anno prossimo e del 2% a fine triennio».

Traduzione: il deficit solo evitando gli aumenti Iva e le altre spese in crescita, salirebbe al 2,2%. Sale al 2,4% perché il Governo vuole lanciare un piano definito “straordinario” di investimenti pubblici, ma che rappresentano solo lo 0,2% di PIL in più rispetto al previsto, cioè 3,5 miliardi.
Quindi, con un “extra-deficit” di 0,2% rispetto al tendenziale, Tria afferma che la crescita reale del 2019 balzerà all’1,6%, dallo 0,9% o previsto dai vari centri di ricerca. Se ne deduce che un +0,2% di PIL di investimenti porta per magia +0,6% di PIL, tre volte. Qualcuno ci crede?
Aggiungo: se con il 2,4% di deficit resta tutto come ora o quasi, ma con +3,5 miliardi di investimenti con turbo moltiplicatore, dove sono le coperture per reddito di cittadinanza, quota 100 per le pensioni, flat tax e quant’altro?
Qui Tria estrae il coniglio dal cilindro, promettendo una spending review “veramente drastica”.
In attesa del NADEF, Tria lancia l’idea di una “clausola di salvaguardia” sulle coperture della manovra, anche per gli investimenti pubblici, che a suo dire verranno resi più efficienti ed efficaci nelle procedure di spesa: “Se vinciamo la scommessa di spendere le somme in bilancio per gli investimenti, avremo più crescita, altrimenti si ridurrà il deficit perché le risorse rimarranno a bilancio. Se avremo meno crescita, in altre parole, questo non comporterà un disavanzo maggiore».
Tria immagina insomma di mantenere questi “risparmi” nel bilancio dello Stato.
Una nuova “clausola di stabilità”, diversa dalla precedente: «Negli ultimi anni sono stati introdotti meccanismi di aumento automatico dell’Iva che poi sono stati quasi sempre disinnescati … La sola presenza di questa minaccia di aumenti fiscali, però, è dannosa perché, se i cittadini vivono sotto l’incubo di un futuro aumento delle tasse, non spenderanno neppure quel che avranno ottenuto in più oggi. Mentre se l’aggiustamento è dalla parte della spesa non dovranno temere di restituire quel che oggi hanno avuto… Se la scommessa sulla crescita verrà persa o solo parzialmente vinta, i programmi conterranno una clausola che prevede la revisione della spesa in modo che l’obiettivo di deficit per i prossimi anni non sia superato rispetto al limite posto».
Che la “minaccia” sia di aumenti di imposte o di tagli di spese, per la verità, non vedo cosa cambi in termini di freno ai consumi. Ma soprattutto, come avvenne anche durante il Governo Renzi, se non si riuscirà a spendere quanto previsto per investimenti è del tutto velleitario pensare che le quelle risorse non vengano utilizzate per spese correnti o bonus.
Tria continua la sua lunga intervista, illustrando la proposta del Ministro, Paolo Savona (il vero artefice del documento) di imporre l’accelerazione degli investimenti delle grandi partecipate pubbliche. Una specie di piano triennale dirigistico. Inoltre si spinge a presentare la riforma della legge Fornero come un incentivo alle aziende, svecchiando i loro organici, per aumentare la loro produttività.

Un punto chiave, che svela il vero “trucco” presente nel NADEF, è quello, accennato sopra, di far credere a chi dovrà valutare il documento e poi la legge di bilancio, che per effetto di questa manovra, il PIL crescerà dell’1,6% nel 2019 e dell’1,7% nel 2020. Poiché è del tutto improbabile che ciò accada, il mancato conseguimento di questo 0,6% in più di PIL si scaricherà sul deficit che volerà ben oltre le previsioni e sul debito che non scenderà.
Sembra chiaro che il Ministro si è arreso, rispetto ai suoi propositi di “rigore”, sulla spinta dei partiti al governo e che sia rimasto al suo posto solo per tentare di contenere il deficit.
Nell’intervista, manca il dettaglio di come verranno finanziate le “riforme” care a Lega e 5 Stelle. Sull’argomento Tria è vago, ma la sensazione è che si interverrà con tagli e tasse, non certo solo con la “spending review” seppur definita “veramente drastica” ma che finora non ha dato risultati apprezzabili.
Già si parla di tagli alle detrazioni fiscali sui redditi delle persone e delle aziende (il che equivale a maggiori tasse), di un aumento delle imposte sulle banche (il nemico storico dei 5 Stelle), il cui costo, sarà ribaltato sui risparmiatori e sui debitori.
Comunque ci sarà dell’altro. Lo scopriremo quando il Governo del Cambiamento pubblicherà sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze il testo di questo Documento. Ho il forte sospetto che ci saranno sorprese.

Foto in evidenza: Il Ministro dell’Economia Giovanni Tria

 

Commenti