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Il “Partito dei ministri degli Interni” si prepara a blindare l’Europa

Durante la conferenza stampa per la presentazione del suo “Masterplan” sull’immigrazione un giornalista ha chiesto al ministro degli Interni tedesco Horst Seehofer (CSU) come veda la politica anti-immigrazione del suo collega italiano Matteo Salvini. La risposta: il ministro guarda con “grande interesse” alle proposte di Salvini. La stima è apparentemente reciproca: già un mese fa il Viminale parlava di “piena sintonia” con Berlino.

Stando alla stampa austriaca Salvini, Seehofer e il loro omologo a Vienna Herbert Kickl (FPÖ) hanno pianificato un incontro a tre durante il vertice informale dei ministri degli Interni e della Giustizia europei a Innsbruck. Scopo: elaborare un piano per fermare definitivamente l’immigrazione irregolare verso l’Europa. Alcuni commentatori hanno già parlato di un “Partito dei ministri degli Interni”.

In effetti i tre ministri hanno parecchio in comune – almeno quando si parla di arginare i flussi migratori. Tutti e tre hanno ripetutamente sottolineato l’intenzione di chiudere le principali rotte migratorie verso l’Europa. Tutti e tre sostengono inoltre drastiche restrizioni nelle politiche di accoglienza per richiedenti asilo.

Al di là della comune retorica anti-immigrazione però, i tre perseguono obiettivi antitetici: Seehofer vuole blindare il confine austro-bavarese e respingere i richiedenti asilo in Austria. Kickl, da parte sua, ha già annunciato che se la Germania chiuderà i confini, l’Austria farà lo stesso, riversando la responsabilità di accogliere e assistere i richiedenti asilo su Salvini.

Il “Partito dei ministri degli Interni” non sembra, dunque, avere molta tenuta.

Le differenze vanno però al di là del conflitto sui respingimenti. Mentre Lega e FPÖ appartengono al gruppo politico europeo di estrema destra “Europa delle Nazioni e della Libertà”, la CSU appartiene (ancora) alla famiglia del “Partito Popolare Europeo” – apertamente ostile alla deriva anti-europeista e populista dei nuovi conservatori.

Nella foto: Il ministro degli Interni Matteo Salvini

A differenza dei suoi colleghi Salvini e Kickl, Seehofer non può, inoltre, appellarsi a nessun trionfo elettorale per giustificare un radicale strappo con la politica di accoglienza del passato: alle elezioni per il Bundestag del settembre 2017 la CSU ha incassato il peggior risultato dal 1949. Alle imminenti elezioni in Baviera il Partito rischia di perdere la maggioranza assoluta nel Parlamento regionale. Sarebbe la seconda volta in mezzo secolo. A trarne profitto sarebbe – guardacaso – l’alleato tedesco di FPÖ e Lega, l’ “Alternativa per la Germania”.

Si comprende, dunque, perché Seehofer abbia condotto nelle ultime settimane un conflitto senza quartiere con la cancelleria sul tema dei respingimenti. Nell’arco di pochi giorni il ministro è passato da minacciare la rottura dell’alleanza con la CDU – attiva dal 1949 – ad annunciare e poi ritirare le dimissioni. Persino nel suo partito c’è chi gli ha imputato di aver prodotto una crisi del tutto ingiustificata – soprattutto se si considera che la pressione migratoria ai confini tedeschi è ai minimi dal 2014.

Il compromesso scaturito da settimane di feroce dibattito è appeso a un filo: rifugiati che abbiano già presentato domanda di asilo in un altro paese europeo dovranno essere trasferiti nel paese di competenza nell’arco di una settimana – in ottemperanza col regolamento di Dublino. Per ottenere questo risultato emissari di Berlino stanno conducendo intense trattative coi paesi di “prima registrazione” – Spagna, Grecia e Italia. Mentre Atene e Madrid sono pronte a fare la loro parte, l’amico/collega Salvini a Roma fa sapere che l’Italia non vuole saperne di riaccogliere i rifugiati che abbiano lasciato il paese.

Si spiega così anche il tono forzatamente amichevole tra i due: qualora Salvini silurasse l’accordo sulle riammissione dei “casi di DublinoSeehofer si troverebbe con un pugno di mosche. E si spiega anche il fragoroso silenzio del governo tedesco sul blocco dei porti italiani voluto da Salvini per paralizzare le organizzazioni non-governative che salvano vite nel Mediterraneo.

Nella foto: Il ministro degli Interni austriaco Herbert Kickl

Intanto sul tema della chiusura delle rotte del Mediterraneo si è espresso anche Kickl: come Salvini, auspica che in futuro le richieste di asilo possano essere vagliate fuori dal territorio europeo. Per realizzare tale obiettivo il ministro, che in passato si è distinto per aver invocato “Centri di concentramento” per richiedenti asilo, è pronto a lanciare missioni militari in Nordafrica.

E’, dunque, probabile che a Innsbruck i tre ministri “anti-immigrazionisti” lavorino a un compromesso che soddisfi tutti: la Germania potrà sbarazzarsi dei suoi “Dublinesi” rispedendoli in Italia da Salvini, il quale avrà d’ora in poi mano libera nel blindare il Mediterraneo rendendo illegali le le operazioni di salvataggio e consolidando i rapporti con politici e miliziani libici per bloccare le partenze.

Un compromesso del genere minerebbe le basi stesse della Convenzione sullo Statuto dei Rifugiati approvata a Ginevra nel 1951. Uno dei suoi fondamenti è che chiunque giunga alla frontiera di un paese aderente ha il diritto di fare richiesta di asilo. I paesi firmatari volevano in questo modo dichiaratamente evitare che si ripetesse la tragedia di ebrei, rom, minoranze religiose, omosessuali e oppositori politici massacrati dai regimi nazifasciti. Che tale piano scaturisca da un accordo tra Germania, Austria e Italia ha un’eco a dir poco sinistra.

Foto in evidenza: Il ministro degli Interni tedesco Horst Seehofer (CSU)

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