Anconella a sinistra

L’Anconella a sinistra

Ieri sera ho partecipato all’incontro fiorentino organizzato dai sostenitori dell’appello di Tomaso Montanari e Anna Falcone, che hanno l’obiettivo di radicare in ambito territoriale l’insieme di istanze che sono confluite all’incontro romano al Teatro Brancaccio.
L’ampia partecipazione (i presenti erano quasi 500) testimonia un bisogno realmente sentito da molti fiorentini, che si sono attivati per difendere la Costituzione e che oggi intendono rinnovare quell’impegno per costruire un nuovo orizzonte di rivendicazioni che contribuiscano non solo a difenderla, ma anche ad attuarla pienamente.

I temi sono gli stessi che in queste ultime settimane hanno attraversato molti luoghi: dal Teatro Vittoria con Democratici e Socialisti, al Megawatt di Milano, con l’evento su cui abbiamo discusso delle Fondamenta di Articolo Uno – Movimento Democratico e Progressista, dal Teatro Brancaccio e Piazza Santi Apostoli.
Cambiano i protagonisti e i percorsi individuali; le letture della crisi che stiamo vivendo sono ricche e articolate, ma la convergenza sulla lista delle priorità fondamentali su cui abbiamo il dovere di misurarci è chiara.

Primo tra tutti il lavoro, inteso come necessità di ridiscutere le regole e i diritti nel mercato del lavoro, ma anche di cimentarsi con la necessità di rilanciare gli investimenti e le assunzioni nella pubblica amministrazione. Immediatamente legati a questo si snodano gli altri temi: l’immigrazione, un sistema di sicurezza sociale (sanità, istruzione e casa) concretamente universalistico, una politica ambientale che sia al tempo stesso difesa del territorio e riduzione dell’impatto del nostro sistema di produzione e consumo.
In modo trasversale a questi temi, emergono con chiarezza due orientamenti di fondo: un rinnovato impegno dello Stato nell’economia, come regolatore e attore, e la ricostruzione di un fronte internazionale di rivendicazione che ci consenta di essere più incisivi sui centri decisionali, affermando al tempo stesso nei fatti il rifiuto di qualsiasi prospettiva di chiusura nazionalista.

In un contesto che ho percepito di confronto reale e costruttivo ho cercato di portare non tanto un invito all’unità, quanto piuttosto una disponibilità alla costruzione di un programma di lavoro comune e condivisibile. Dobbiamo evitare di distinguerci o dividerci in base alle prospettive di governo, di opposizione o alle alleanze e cercare insieme un rinnovato equilibrio tra radicalità e praticabilità. Nel corso di questa ricerca dobbiamo impegnarci a non chiudere spazi di riflessione, di analisi, di discussione, di confronto né sulle prospettive future, né sugli errori del passato che hanno portato ad una subalternità della sinistra al liberismo, al mercato e al primato del profitto, che ci ha condotti, e oggi possiamo dire che lo vediamo chiaramente, ad una società profondamente diseguale, tendenzialmente elitaria e reazionaria.

Nella piazza di ieri sera e in molti militanti che da tempo denunciano i pericoli del cedimento al pensiero unico, il richiamo agli anni ‘90 come gli anni della vittoria del capitalismo dal volto umano, anziché come l’inizio di una condiscendenza eccessiva rispetto ai desiderata dei mercati, suonano come un’ipoteca sulla capacità concreta di mettersi in gioco per elaborare un pensiero critico e alternativo.

La citazione del socialista Lionel Jospin (noi siamo per il liberismo in economia ma non nella società) nuovamente ricordata dal palco del 1 luglio da Pierluigi Bersani, lascia disorientato chi, mai come in questo momento sente la forte attualità del pensiero marxista, che al contrario delle fantasie di Jospin, suggerisce chiaramente che le origini delle diseguaglianze sociali, della marginalizzazione del lavoro e l’erosione dei diritti conquistati nel XX secolo siano da ricercare proprio nella prepotente affermazione del capitale finanziario e della rendita sugli altri fattori della produzione e, dunque, nelle politiche che lo hanno favorito questo processo.
Possiamo darci tempi lunghi per la ricostruzione di un’alternativa, ma dobbiamo scegliere gli attrezzi giusti.

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