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Legge elettorale: ragioniamo come i nostri padri costituenti, il populismo non si batte deformando la volontà popolare

Come promesso e come ampiamente previsto, il Parlamento ritorna a discutere la legge elettorale.
Il Partito Democratico propone il Rosatellum 2 (la vendetta), un sistema che sembra essere concepito per raggiungere alcuni obiettivi: 1) far decidere ai segretari di Partito, senza nessuna vera possibilità di scelta dell’elettore, i nomi dei parlamentari; 2) Ridimensionare il peso del Movimento 5 Stelle, che con l’attuale legge elettorale avrebbe un numero di rappresentanti proporzionale ai propri voti (un vero scandalo, per il PD); 3) Costringere l’area alla sua sinistra ad innaturali alleanze estese fino ad Alfano nel nome del voto utile.

Chi vuole portare avanti la proposta sostiene che una riforma elettorale sia necessaria ed accusa le controparti di non riuscire a convergere su nessuna legge. Inoltre viene da più parti segnalata – in primis dal Capo dello Stato – la necessità di uniformare le regole di elezione della Camera e del Senato, che ora sono diverse perché l’Italicum era intervenuto solo sull’elezione della Camera.

Siamo a questo punto perché negli ultimi tre anni il paese ha subito il ricatto di chi – per rafforzare le ragioni del SI al referendum costituzionale – ha scelto di non riformare la legge del Senato, la cui elezione sarebbe stata connessa a quella delle amministrazioni regionali. Ma siamo a questo punto anche perché l’Italicum, approvato a colpi di maggioranza e sull’onda delle elezioni europee e dei sondaggi che assegnavano al PD risultati intorno alla soglia del 40%, è stato modificato perché parzialmente incostituzionale.

Quando si tocca la legge elettorale si maneggia una materia di rango costituzionale. Ed esattamente come avviene per la Costituzione, non si può fare sulla base delle esigenze del momento e senza trovare un ampio consenso nel Parlamento. Quando la nostra Costituzione è stata scritta, la scelta di un modello elettorale proporzionale non è stata casuale. Il nostro era (ed è) un paese plurale Italicum, attraversato da fratture e differenze che non possono essere ignorate. Ed utilizzo il termine “fratture” come lo avrebbero utilizzato Rokkan e Lipset, i due politologi che hanno studiato la nascita e l’evoluzione dei partiti politici come frutto delle divisioni e degli interessi esistenti nella società.

Dopo venti anni di una dittatura populista e dopo aver attraversato una guerra civile, nel secondo dopoguerra la Costituzione ed il proporzionale sono stati strumenti per ricreare coesione politica e sociale nonostante la forte contrapposizione ideale esistente nel paese. Il clima nazionale dopo Tangentopoli ha consentito nei primi anni ’90 una riorganizzazione del campo politico in senso maggioritario ma questa trasformazione, nel medio periodo, ha fatto emergere molti limiti. Il ruolo del Governo e quello del Parlamento si sono sovrapposti, spostando lo scontro tra partiti e la legittima rappresentanza delle parti, nella mera contesa per il Governo.

Confondere il ruolo del Governo con quello del Parlamento e la governabilità con la rappresentanza, è un errore mortale per una classe politica che dovrebbe saper leggere ciò che si muove nel proprio paese.

Nazioni come il Regno Unito o come la Francia (dotate di leggi elettorali maggioritarie) hanno assetti democratici ed istituzionali molto diversi dal nostro e difficilmente si possono prendere a riferimento per la loro legge elettorale. Peraltro, nelle ultime tornate elettorali, anche in quei paesi le elezioni hanno dato esiti sorprendenti rispetto alle aspettative.

Il vento ostile alle aree politiche tradizionali, la difficoltà che oggi vive l’intera classe politica italiana ed europea, l’ascesa di posizioni politiche radicalmente di destra e xenofobe, dovrebbero invitarci a non cercare una legge elettorale capace di aumentare la forza delle maggioranze a scapito della rappresentanza. Credo che la sinistra, in questo delicato frangente, dovrebbe concentrare le proprie battaglie politiche sulla condizione sociale del paese, senza farsi condizionare dal dibattito sulla legge elettorale e senza iscriverla tra le proprie priorità.

Lavoriamo un miglioramento dell’attuale legge elettorale, aumentando il livello di trasparenza nella scelta degli eletti ed accogliendo gli auspici del Capo dello Stato sull’allineamento tra la norma della Camera e quella del Senato, aggiustando i danni lasciati dalla rottamazione che ha così tanto danneggiato le istituzioni ed il paese. In questa fase storica dovremmo ragionare esattamente come i nostri padri costituenti. I populismi si possono evitare in questo modo, non con leggi orientate a deformare la volontà popolare per riuscire a perdere un po’ meglio le prossime elezioni.

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