Marinella Sclocco

Marinella Sclocco: la “politica bella” con Articolo Uno

La politica è bella” ripeteva Cicco, un personaggio di Baarìa, film di Tornatore di qualche anno fa. “La politica è bella” diceva e, ogni tanto, mi sembra di sentire ancora l’eco di quella voce. Ma era il 2009. Mentre oggi viviamo in un tempo in cui si fa fatica a credere che la politica sia così. Quella di Cicco è una frase che non si sente dire da anni ormai, ma che per me rappresenta un vissuto quotidiano autentico, in cui credo fortemente e in cui vorrei che la gente ricominciasse a rispecchiarsi. E se ho scelto Articolo UNO – MDP non è un caso. Questo nuovo movimento politico incarna la mia speranza: non tanto quella di ascoltare nuovamente queste parole da un film, ma quella di sentirle pronunciare nuovamente dalla gente.
Negli ultimi anni mi è capitato di ricordare troppo spesso e con molta malinconia quella scena. E allora ho capito che mi trovavo in una direzione che non è quella che avevo creduto. Un percorso che non portava al traguardo che avrei voluto raggiungere. E quando stai facendo passi che non senti più tuoi, non puoi far altro che cambiare rotta e inseguire i tuoi sogni.

Vengo da un cammino politico molto lungo. Ho iniziato da piccola, quando ero negli scout, a comprendere cosa volesse dire mettersi al servizio delle persone e poi, andando avanti, ho preso l’impegno a far sì che la politica, la mia politica, fosse questo: servizio alle persone, ascolto della gente e soprattutto dei più deboli e dei giovani. Durante i miei due mandati al consiglio di quartiere, poi in provincia, poi come consigliera regionale e, infine, adesso, come assessore regionale alle politiche sociali per la Regione Abruzzo, cerco ogni giorno di ricordarmelo e di metterlo in pratica. 5 candidature in 19 anni e 5 vittorie ma, purtroppo, troppo spesso gli spazi si fanno stretti e gli interessi, i personalismi, le demagogie invadono i confini del buon senso e impediscono di riuscire a creare i virtuosismi e le riforme ad ampio respiro di cui i nostri territori e il nostro Paese hanno bisogno.

Da un certo punto in poi del mio percorso, mi sono ritrovata ad essere di nuovo alla ricerca di una politica che fosse in grado di “destare passioni”, l’intento era quello di parlare della politica intesa come fede, fatta per la gente e dalla gente, in un tempo in cui il vissuto politico/pubblico e quello etico/privato sono quasi inscindibili. Mi mancava il tempo in cui fare politica era conquista, una grande conquista.  Avevo l’ambizione di cambiare il mondo quando ero giovane: all’inizio della mia esperienza politica, ad esempio, ho dovuto confrontarmi con le necessità di un quartiere disagiato del pescarese, quello della Madonna Del Fuoco, molti lo chiamano il “Bronx” abruzzese. Vivere da vicino la realtà di quel quartiere non è stato di certo facile, ma sicuramente avvincente: è una di quelle esperienze che ti fa comprendere che quando qualcosa non va, vuoi che trionfi la giustizia. Non solo la giustizia in sé, ma quella sociale, quella delle pari opportunità per tutti. È ciò che mi ha fatto capire fin da subito che da soli non si può fare niente: per quanto tu possa essere un leader politico, se non c’è un cambiamento culturale che accompagni tutti i cittadini non puoi fare davvero nulla. E così, nel tempo, cercare di capire cosa i cittadini vogliono è stata la base della mia politica.

Crescendo, privatamente e nella vita pubblica, ho maturato la consapevolezza che cambiare il mondo era una presunzione, che magari ora non di certo la nuova politica, quella dei protagonismi, degli estremismi, dei populismi, della destra e della sinistra che si confondono, dell’arroganza, della chiusura autoritaria non sono l’unica strada possibile.
La politica, lo dice la parola stessa, appartiene alla dimensione della vita comune, dunque allo Stato, ma anche e soprattutto al cittadino e alla città. La città ne diventa il fulcro: il luogo dei molti, cosicché la politica più che mera arte e amministrazione dello Stato diventa l’azione di chi partecipa pro-attivamente alla vita pubblica. Perciò il legame con la comunità, con la mia comunità è fondamentale. Esattamente come mantenere l’equilibrio con tutto il resto. Non solo la politica, ma avere gli occhi, le braccia e il cuore anche in altri posti: così capisco meglio cosa vogliono i cittadini e cosa e come funzionano i servizi. L’esperienza m’insegna le direzioni, le persone mi danno le risposte che cercano e le domande giuste da pormi per andare avanti, anche come donna che fa politica.

Nella mia famiglia sono state sempre le donne ad avere un ruolo di leader emotivo. Anche se non sempre apparivano in prima persona, erano loro a “tirare le fila” della famiglia, per cui all’inizio del mio percorso politico per me era naturale impegnarmi in ruoli rilevanti in contesti maschili. Ma una volta scesa in campo, accettando il servizio della politica ho capito che era diverso. Nei partiti quando inizi ad avere cariche forti, come è stato nel mio caso quando sono diventata consigliere provinciale prima e assessore poi, diventi un problema perché togli a qualcuno delle posizioni di potere. Così, continuare in politica essendo una donna è stato complicato, come anche restare diversa da loro, dagli uomini. Quello che è facile però, da donna che fa politica, è avere rapporto con la gente. Anche se essere se stesse in un mondo di maschi è difficile, quando rimani te stessa le persone e i cittadini te lo riconoscono. Le donne sono naturalmente accoglienti e resilienti. E quindi essere donne con i cittadini è vincente. Nei partiti questo tante volte non c’è, ma in Articolo Uno ho trovato l’apertura per continuare ad inseguire questa grande passione politica facendo vedere quello che sono.

Articolo Uno, nel fermento delle idee nascenti, mi ha ridato questo slancio e mi concede spazi per far comprendere come la politica sia positiva perché riparte da quella politica che ti emoziona, esattamente come quando ho iniziato. È un mondo dove si può piantare il seme della speranza e del cambiamento dando testimonianza, il luogo dove si può iniziare e ricominciare a fare politica in maniera onesta, pulita, credibile cercando di essere d’esempio. Articolo Uno mi ha ridato questo spazio, assicurandomi di nuovo una dimensione plurale di ascolto e possibilità di espressione, permettendomi di tornare come d’incanto alla “mia infanzia e alla mia adolescenza politica”. Il momento in cui quel mondo chiamato politica era il luogo della costruzione collettiva e comune. Cosa avrei potuto scegliere se non Articolo Uno, che incarna pienamente la mia storia politica? Cosa avrei potuto inseguire, se non una sinistra originaria collegata all’originalità di una politica aperta e plurale? Quella di Articolo Uno vuole essere una politica dedita e vicina alla gente come in passato, ma rivista in chiave moderna, come politica di un cambiamento profondo che guarda con audacia al futuro. E sia chiaro, non si tratta di certo di una visione per così dire “ingenua” o addirittura “buonista”, né è mera illusione o utopia: è la trasposizione in un movimento politico nuovo ed ampio di una salda realtà che vivo ogni giorno, in tutte le relazioni umane e professionali che intrattengo nella mia attività di assessore. Perciò ho scelto Articolo Uno e perciò continuo a sceglierlo ogni giorno. Con Articolo Uno torno alla vera politica, alla politica bella!

Nella foto di copertina: Marinella Sclocco

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