“Munasterio ‘e Santa Chiara/tengo ‘o core scuro scuro”. E’ il verso di una celeberrima canzone classica napoletana che descrive bene il mio personale stato d’animo mentre mi recavo all’incantevole chiostro di Santa Chiara per la prima festa nazionale di Art. 1 – MDP. Troppe e confuse le notizie di stampa che, quotidianamente, riferivano su presunte rotture e ricomposizioni con “Campo Progressista” e il suo leader Giuliano Pisapia. Lasciavano intendere che la strada per dar vita ad un nuovo soggetto unitario a sinistra del PD fosse parecchio in salita. Coinvolgere pienamente Pisapia in questo progetto, pensavo, è sicuramente un problema, ritrovarselo avversario alle prossime politiche, un problema ancora più grande.
Il confronto con Roberto Speranza, l’evento che ha concluso la Festa, è stato sicuramente positivo e ha chiarito diversi aspetti, ma rimangono zone d’ombra e qualche ambiguità non risolta.
Ma per trattar del ben ch’i vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i v’ho scorte, consiglia il (Sommo) Poeta. Per cui andiamo per ordine partendo dalle questioni condivise.
Per Pisapia la base di Campo Progressista e MDP è molto più unita di quanto lo siano i leader dei due movimenti. Le proposte prodotte dalle “Officine delle Idee” e quelle sviluppate da Art. 1, da “Fondamenta” in poi, hanno molto più che diversi punti di contatto: sono praticamente simili. Uguale l’opinione negativa sulla proposta di legge elettorale che porta il nome latinizzato del capogruppo del PD alla Camera, Ettore Rosato. Posto che gli avversari sono a destra, nei collegi uninominali sarà inevitabile presentare candidati in competizione anche con quelli democratici, con l’obiettivo di “prendere un voto in più del PD”. Assoluta condivisione, poi, sia sulla necessità di un incontro con Gentiloni per chiedere la giusta attenzione alle proposte che i gruppi parlamentari di CP e MDP intendono inserire all’interno del DEF: questione sociale a partire da sanità (maggiori risorse e abolizione del super ticket) e giovani (patto nazionale per l’occupazione con risorse da reperire anche con l’introduzione di una patrimoniale sul quel 10% della popolazione che detiene l’80% della ricchezza del Paese, eliminando bonus e decontribuzioni parziali, privilegiando gli investimenti pubblici). Giudizi, poi, assolutamente coincidenti nel definire negativamente, o insufficienti, le politiche sociali ed economiche del governo in questa legislatura, soprattutto sul versante del mercato del lavoro, indicando la necessità di individuare quattro punti chiari che dovranno essere la base programmatica per le prossime elezioni. Infine, ed è novità non da poco, esclusa ogni preventiva preclusione nei confronti di altri soggetti politici, sociali, civici (ma distinguendo il “civismo puro” da quello che nasconde inaccettabili operazioni di trasformismo politico) eventualmente interessati al progetto politico.
Considerate le premesse, quindi, nessun ostacolo sembrerebbe frapporsi alla nascita di un nuovo partito ed invece, e veniamo alle zone d’ombra, alle ambiguità, Pisapia frena. Richiamare l’esigenza che i soggetti politici esistenti e da aggregare debbano gradualmente ma ineluttabilmente cedere pezzi di sovranità, è questione ovvia. Se un nuovo partito dovrà nascere, tutta l’attuale “sovranità” dovrà essere ceduta. Ritiene, inoltre, che debba essere evitato il rischio di una “fusione fredda”. E’ mia opinione personale, maturata nella lunga militanza nel PD sin dalla sua nascita, che questo rischio non è possibile evitarlo preventivamente. Per quante regole ti puoi dare, per quante carte di valori adottare, per quanti confronti politici e programmatici promuovere, se non ti doti di una classe dirigente che privilegi il “potere” come verbo e non come sostantivo (ciò che proprio Pisapia ascrive a suo merito nella sua esperienza di amministratore e di parlamentare), l’alibi della fusione fredda sarà il debole paravento per nascondere il fallimento di una operazione politica. La stessa riluttanza a promuovere, subito dopo le elezioni siciliane, un’Assemblea nazionale che sia il primo passo verso il nuovo ed impegnativo percorso, appare sospetta.
Il sospetto sorge dall’ardente speranza, fatto stranamente non ripreso da alcun quotidiano nazionale, che si arrivi ad una nuova legge elettorale. Certo, la previsione di un Parlamento di nominati provoca reazioni negative in chiunque abbia rispetto per il Parlamento e le prerogative garantite dalla Costituzione ai Parlamentari, e una legge elettorale che leghi i candidati al territorio e agli elettori, e non al segretario di un partito, è assolutamente auspicabile. Non crediamo, però, che una diversa, e meno incostituzionale, legge elettorale sia in grado di per sé di mutare scenari e dinamiche politiche.
Cerchiamo di capirci. Il PD e il suo leader rivendicano, legittimamente da loro punto di vista, provvedimenti quali il Jobs Act, la riforma della scuola, la pioggia di bonus e tanto altro ancora. Nessuna legge elettorale, allora, potrà mai essere il viatico per possibili alleanze se non si vi è alcuna discontinuità, o quanto meno riflessione critica, da parte dell’attuale gruppo dirigente democratico su scelte politiche che hanno provocato una diaspora non solo di gruppi dirigenti, di parlamentari e militanti, ma di una massa di elettorato che lo stesso Pisapia ha quantificato in tre milioni, per non parlare di quelli che hanno finito per votare Lega o 5 Stelle.
Insomma, deve essere chiaro che se occorre superare delle “difficoltà” programmatiche per la nascita del nuovo partito, laddove affinità programmatiche comunque ci sono, è impensabile pensare ad alleanze, precedute o meno da primarie, con chi ha programmi oggettivamente alternativi e inconciliabili con quelli emersi alla sua sinistra.
La necessità di un nuovo centrosinistra non può certo prescindere dal PD, ma è necessario che al suo interno emerga con forza la volontà di intraprendere un cammino diverso.
Facendo ritorno a casa, avvertivo che il mio cuore non si era del tutto rasserenato. Non solo, e non tanto, per i dubbi sulla reale volontà di proseguire e portare a compimento ciò che si è avviato il 1° luglio a Roma in Piazza dei Santi Apostoli, quanto sul fatto che per prendere un voto in più del PD o (meglio) dei 5Stelle alle prossime elezioni, dovremo essere assolutamente chiari su alcuni punti. Dovremmo con fermezza dire che non ci arrenderemo mai all’idea che il prolungamento dell’aspettativa di vita, diventi surrettiziamente un fattore della produzione, procrastinando progressivamente l’età pensionabile; che non ci arrenderemo mai al tentativo strisciante di privatizzare le prestazioni sanitarie; che non ci possiamo limitare a denunciare la precarizzazione del lavoro dipendente, auspicando misure strutturali che premino i contratti a tempo indeterminato, ben sapendo che la tipologia contrattuale non garantisce da periodi di crisi di settore, e che solo nuove e ben finanziate forme di welfare possono garantire serenità; che un tecnico, un libero professionista potranno veder premiato il loro sapere e le loro competenze da massicci investimenti pubblici nella cura e nella valorizzazione dei territori, senza la necessità di emigrare.
Sono giusto quattro proposte e neanche male. E potrebbero rasserenare non soltanto il mio di cuore.
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Nella foto di copertina: Roberto Speranza e Giuliano Pisapia