A pochi giorni dal voto è realistico ipotizzare che nessuno degli schieramenti politici attuali disporrà della maggioranza parlamentare, ed è realistico ipotizzare che, quindi, avrà luogo, in un modo o nell’altro, un’intesa di governo tra PD renziano e suoi alleati di destra (Lorenzin, Bonino, ecc.) da una parte e dall’altra Forza Italia e suoi alleati di centro, dato che tale intesa ragionevolmente disporrà di tale maggioranza. E’ irrilevante in questo momento ragionare se possa diventare capo del governo Gentiloni anziché Renzi. D’altra parte, com’è stato facile osservare, c’è una certa omogeneità tra quelle forze nelle intenzioni e nei programmi, mentre appare di una fragilità politica assoluta il rapporto tra Forza Italia da una parte e Lega e Fratelli d’Italia dall’altra.

Ma, ecco il mio rovello di questi giorni, concorrerebbero a questa maggioranza solo le forze politiche testé citate?
Maroni ha rinunciato l’8 gennaio alla ricandidatura a capo dell’esecutivo regionale lombardo (ha rinunciato, dunque, a un risultato sostanzialmente garantito), ed ha argomentato che le ragioni erano di natura privata. Poi, però, si è smarcato polemicamente dalla Lega e dal suo segretario Salvini, non condividendo il complesso sostanziale delle loro posizioni. “Questa non è più la mia Lega”, ha detto, né egli ha partecipato alle sue manifestazioni. Il riferimento polemico è, soprattutto, all’evidente deriva in senso fascista impressa alla Lega dal segretario Salvini. Attenzione: la Lega di una volta non era fascista, era “semplicemente” razzista. Anzi era antifascista. Bossi, per esempio, vantava la partecipazione alla lotta partigiana della sua famiglia.

Guardiamo ora alla traiettoria del candidato Fontana al ruolo di presidente dell’esecutivo lombardo. La conquista della candidatura l’ha pagata a Salvini con la dichiarazione della necessità di difendere una “razza bianca” in via di estinzione se non di sopraffazione dato l’afflusso in Europa di gente della “razza negra”. Poi, però, in questi giorni ha precisato di essersi espresso male, ha detto di non essere razzista, di aver solo voluto sollevare un “problema”, ecc.
Fontana ciò ha fatto perché la sua vittoria elettorale barcollerebbe, in quanto parte dell’elettorato leghista gli negherebbe il voto non essendo razzista, essendo indignato, ecc.? Togliamocelo di mente: la Lega, come accennato, è nata razzista. Dapprima ce l’aveva con il Mezzogiorno, “Roma ladrona”, gli albanesi, i marocchini, poi è passata ai neri che fuggono dalla fame e dalle guerre create dal riscaldamento climatico e da pazzoidi, ai profughi dall’infinita combinazione di guerre in Medio Oriente, ecc., duttilmente adattandosi alle concrete circostanze e alle concrete necessità politiche da esse derivanti. La Lega non è che l’ennesima manifestazione di un tipo di gretto conservatorismo operante da secoli nelle aree premontane bigotte del nord – soprattutto, in quelle di Lombardia e Veneto. La dissoluzione in permanenza dei tradizionali mondi di vita e di relazioni, la chiusura avvenuta di molte migliaia di imprese degli ex distretti industriali, l’insicurezza in radice delle prospettive, l’impoverimento di massa che hanno colpito in questi decenni queste aree hanno semplicemente rilanciato e rielaborato un vecchio sostrato antropologico. A ciò si aggiunga, fatto importante, e da tenere ben presente in questo ragionamento, che in queste regioni la Lega ha ereditato e rielaborato, in concorso con Forza Italia, il vecchio blocco di potere sociale ed economico democristiano.

A parer mio – certo potrei sbagliare – Maroni in realtà si è messo in panchina per vedere che cosa accadrà alle elezioni, eventualmente per riposizionarsi politicamente. Mi dice la stessa cosa l’“autocritica” di Fontana: anch’egli si è messo, pur molto cautamente, in panchina. Per fare che cosa, se del caso? Ma per integrare, ben gratificati, il futuro sodalizio Renzi-Berlusconi, ecc. con un pezzo di Lega: tanto più essenziale e benaccolto se accadesse che al sodalizio dovessero mancare pochi parlamentari. Parimenti per fare ciò che chiede, in questo momento ovviamente in sordina, non solo il vecchio blocco di potere democristiano ma la totalità dei “poteri forti” italiani, terrorizzati dalla possibilità di un vuoto di potere, dalla possibilità di un ritorno rapido alle elezioni, dalle bambanate del Movimento 5 Stelle, dalla possibilità che l’ira di massa che attraversa l’Italia trascresca in rivolte sociali, cioè dato il frangente delicatissimo della situazione italiana. Parimenti per fare ciò che chiedono i veri poteri politici alla testa dell’Unione Europea: la Commissione Europea, il rinnovato sodalizio tra establishment tedesco ed establishment francese.

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