Talvolta le vicende politiche si intrecciano con ricordi e passioni personali. E questo può anche capitare nel mezzo di una difficile campagna elettorale. In questi giorni, a proposito delle polemiche sulle manifestazioni che sono seguite ai fatti di Macerata, si è molto discusso sul superamento o meno della cultura antifascista. Non soltanto da destra, ma anche da persone che hanno significative responsabilità in partiti che hanno alle spalle una storia democratica e di sinistra e che hanno avuto o hanno tuttora incarichi di governo. C’è stato, insomma, chi ha lasciato passare il messaggio per il quale, visto che il fascismo in Italia non tornerà mai più, allora forse sarebbe il caso, visti anche i gravi problemi di sicurezza e altro, di concentrasi su essi, lasciando perdere contrapposizioni dei tempi passati come quella fascismo e antifascismo. Anche per non alimentare la paura della gente con manifestazioni di piazza come quella che si è svolta pacificamente, nello scorso fine settimana a Macerata.
Mi sono chiesto anch’io se questa teoria che chiamerei dell’antifascismo affievolito poggi su solide basi. Credo di no. Basta guardare quello che sta accadendo in larga parte dell’Europa, in Austria e Ungheria prima di tutto ma anche in Germania dove tornano a farsi vedere e sentire organizzazioni pangermaniste che richiamano i peggiori ricordi della storia tedesca. E basta guardare all’Italia, nella quale, oltre ad una destra che punta a vincere le elezioni grazie agli apporti leghisti e di Fratelli d’Italia, trovano accogliente nei talk show organizzazioni spudoratamente neofasciste come Casa Pound e Forza nuova. Insomma un quadro politico nel quale tutto sembra suggerire di tenere ben alta e robusta la guardia antifascista.
E qui provo a fare un piccolo passo indietro, basato soprattutto su storie e ricordi personali. Doveva essere il 1960 o giù di lì. Ero al ginnasio che frequentavo presso il liceo Umberto di Napoli. Inutile dire che la presenza fascista era diffusa e forte in quella come in altre scuole. La Giovane Italia, l’organizzazione studentesca del Msi, teneva banco e imponeva scioperi, in particolare (dicevano) per difendere l’Alto Adige italiano, in realtà anche e soprattutto per accattivarsi la simpatia di studenti ai quali, saltare qualche giorno di scuola poteva anche far piacere. Fu in una di quelle occasioni che nacque la mia passione politica. Non ero uno studente particolarmente diligente, tuttavia sapevo che quello sciopero lo volevano i fascisti, che l’Alto Adige italiano c’entrava come i cavoli a merenda e decisi, quindi, che sarei andato a scuola. Questo mi costò qualche spintone e qualche minaccia da parte dei fascisti. Fu in quell’occasione che entrai in contatto con un gruppo di giovani socialisti e la naturale conseguenza che quello stesso pomeriggio andai alla sezione Chiaia Posillipo a chiedere la mia prima tessera di partito. E la domenica successiva con altri compagni ci iscrivemmo anche a un’organizzazione antifascista unitaria che si chiamava “Nuova resistenza“. Credo che molti dei giovani di allora, come me, svilupparono la propria passione politica proprio partendo dai valori e dalla praticadell’antifascismo. Mi chiedo oggi se questo affievolimento della passione e della cultura antifascista non sia alla base del proliferare di movimenti populisti e, perchè no, della forte propensione all’astensione dalla politica e dalle urne di gran parte degli elettori.
A questo e ad altro ho pensato spesso in queste ore, emotivamente colpito anche dalla scomparsa a Napoli di Giuseppe Galasso, uno dei più grandi intellettuali dell’Italia del novecento. Storico, uomo politico e di governo nel partito repubblicano, Galasso è stato il condirettore di “Nord e Sud“, una rivista politica meridionalista che mio padre ha diretto per oltre 30 anni. La sua vita, si può dire, è stato un vero e proprio manifesto contro la degenerazione populista della politica. E anche qui mi è venuto di pensare agli anni dell’Umberto e all’antifascismo. Ricordo che proprio su iniziativa di Galasso e mio padre, ma aggiungerei di Rosellina Balbi e più in generale di “Nord e sud” che per contrastare il riemergere del neofascismo nelle scuole e più in generale nella borghesia napoletana si organizzarono una serie di vere e proprie “lezioni di antifascismo” che videro protagonisti il meglio della cultura democratica e socialista italiana. Ricordo soltanto che la prima lezione la tenne Leo Valiani e quella di chiusura del ciclo Ugo La Malfa.
Per onestà intellettuale devo anche aggiungere che gli amici della rivista di mio padre in quegli anni, con lo stesso vigore con il quale sostenevano la battaglia culturale antifascista, avevano robuste diffidenze sulle manifestazioni di piazza. Non dimentichiamo che in quegli anni nelle manifestazioni c’era chi scandiva: “Polizia fascista“. Ma la mia obiezione a queste destre era che proprio perchè non si poteva lasciare la piazza nelle mani di costoro anche e soprattutto le forze democratiche in piazza dovevano andare. E così fu, anche quando a metà degli anni da “Polizia fascista” si passò a “Lama fascista“. Poi ci fu il terrorismo degli anni di piombo che fu battuto anche e proprio perchè a presidiare la piazza e a fare le manifestazioni ci furono i sindacati e i partiti democratici e di sinistra in forte continuità con la cultura antifascista.
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Nella foto di copertina: La manifestazione di Macerata contro il razzismo, il fascismo e la violenza
Passione politica e antifascismo attuale e necessario. Con qualche ricordo
Talvolta le vicende politiche si intrecciano con ricordi e passioni personali. E questo può anche capitare nel mezzo di una difficile campagna elettorale. In questi giorni, a proposito delle polemiche sulle manifestazioni che sono seguite ai fatti di Macerata, si è molto discusso sul superamento o meno della cultura antifascista. Non soltanto da destra, ma anche da persone che hanno significative responsabilità in partiti che hanno alle spalle una storia democratica e di sinistra e che hanno avuto o hanno tuttora incarichi di governo. C’è stato, insomma, chi ha lasciato passare il messaggio per il quale, visto che il fascismo in Italia non tornerà mai più, allora forse sarebbe il caso, visti anche i gravi problemi di sicurezza e altro, di concentrasi su essi, lasciando perdere contrapposizioni dei tempi passati come quella fascismo e antifascismo. Anche per non alimentare la paura della gente con manifestazioni di piazza come quella che si è svolta pacificamente, nello scorso fine settimana a Macerata.
Mi sono chiesto anch’io se questa teoria che chiamerei dell’antifascismo affievolito poggi su solide basi. Credo di no. Basta guardare quello che sta accadendo in larga parte dell’Europa, in Austria e Ungheria prima di tutto ma anche in Germania dove tornano a farsi vedere e sentire organizzazioni pangermaniste che richiamano i peggiori ricordi della storia tedesca. E basta guardare all’Italia, nella quale, oltre ad una destra che punta a vincere le elezioni grazie agli apporti leghisti e di Fratelli d’Italia, trovano accogliente nei talk show organizzazioni spudoratamente neofasciste come Casa Pound e Forza nuova. Insomma un quadro politico nel quale tutto sembra suggerire di tenere ben alta e robusta la guardia antifascista.
E qui provo a fare un piccolo passo indietro, basato soprattutto su storie e ricordi personali. Doveva essere il 1960 o giù di lì. Ero al ginnasio che frequentavo presso il liceo Umberto di Napoli. Inutile dire che la presenza fascista era diffusa e forte in quella come in altre scuole. La Giovane Italia, l’organizzazione studentesca del Msi, teneva banco e imponeva scioperi, in particolare (dicevano) per difendere l’Alto Adige italiano, in realtà anche e soprattutto per accattivarsi la simpatia di studenti ai quali, saltare qualche giorno di scuola poteva anche far piacere. Fu in una di quelle occasioni che nacque la mia passione politica. Non ero uno studente particolarmente diligente, tuttavia sapevo che quello sciopero lo volevano i fascisti, che l’Alto Adige italiano c’entrava come i cavoli a merenda e decisi, quindi, che sarei andato a scuola. Questo mi costò qualche spintone e qualche minaccia da parte dei fascisti. Fu in quell’occasione che entrai in contatto con un gruppo di giovani socialisti e la naturale conseguenza che quello stesso pomeriggio andai alla sezione Chiaia Posillipo a chiedere la mia prima tessera di partito. E la domenica successiva con altri compagni ci iscrivemmo anche a un’organizzazione antifascista unitaria che si chiamava “Nuova resistenza“. Credo che molti dei giovani di allora, come me, svilupparono la propria passione politica proprio partendo dai valori e dalla praticadell’antifascismo. Mi chiedo oggi se questo affievolimento della passione e della cultura antifascista non sia alla base del proliferare di movimenti populisti e, perchè no, della forte propensione all’astensione dalla politica e dalle urne di gran parte degli elettori.
A questo e ad altro ho pensato spesso in queste ore, emotivamente colpito anche dalla scomparsa a Napoli di Giuseppe Galasso, uno dei più grandi intellettuali dell’Italia del novecento. Storico, uomo politico e di governo nel partito repubblicano, Galasso è stato il condirettore di “Nord e Sud“, una rivista politica meridionalista che mio padre ha diretto per oltre 30 anni. La sua vita, si può dire, è stato un vero e proprio manifesto contro la degenerazione populista della politica. E anche qui mi è venuto di pensare agli anni dell’Umberto e all’antifascismo. Ricordo che proprio su iniziativa di Galasso e mio padre, ma aggiungerei di Rosellina Balbi e più in generale di “Nord e sud” che per contrastare il riemergere del neofascismo nelle scuole e più in generale nella borghesia napoletana si organizzarono una serie di vere e proprie “lezioni di antifascismo” che videro protagonisti il meglio della cultura democratica e socialista italiana. Ricordo soltanto che la prima lezione la tenne Leo Valiani e quella di chiusura del ciclo Ugo La Malfa.
Per onestà intellettuale devo anche aggiungere che gli amici della rivista di mio padre in quegli anni, con lo stesso vigore con il quale sostenevano la battaglia culturale antifascista, avevano robuste diffidenze sulle manifestazioni di piazza. Non dimentichiamo che in quegli anni nelle manifestazioni c’era chi scandiva: “Polizia fascista“. Ma la mia obiezione a queste destre era che proprio perchè non si poteva lasciare la piazza nelle mani di costoro anche e soprattutto le forze democratiche in piazza dovevano andare. E così fu, anche quando a metà degli anni da “Polizia fascista” si passò a “Lama fascista“. Poi ci fu il terrorismo degli anni di piombo che fu battuto anche e proprio perchè a presidiare la piazza e a fare le manifestazioni ci furono i sindacati e i partiti democratici e di sinistra in forte continuità con la cultura antifascista.
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Nella foto di copertina: La manifestazione di Macerata contro il razzismo, il fascismo e la violenza
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Guido Compagna
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