24/05/2013 Treviso, Matteo Renzi chiude in Piazza dei Signori la campagna elettorale di Manildo, candidato del centrosinistra

Pd, che fare tra un congresso e l’altro?

Nove agosto 2016, Festa dell’Unità di Bosco Albergatti (Modena). Parla Matteo Renzi: “Si chiamava festa democratica, ora si chiama Festa dell’Unità, perché noi alla nostra radice teniamo, perché non abbiamo paura del nostro passato. Ma a tutti quelli che vogliono cambiare la linea del Pd o il segretario dico che questa è casa vostra ed è un vostro diritto e nostra gioia confrontarci ma chi vuole cambiare linea e segretario ha il congresso che si svolge una volta ogni 4 anni, non una volta al giorno in tutte le televisioni e talk show. Perché fuori di qui non c’è il socialismo rivoluzionario ma c’è la destra, c’è il M5S”.

Allora, stando alle parole del segretario del Pd e premier Matteo Renzi, celebrato il congresso, eletto il segretario, care compagne e cari compagni, grazie per avermi eletto, ma ci si rivede fra quattro anni. Ora ho da fare il Presidente del Consiglio. Per cui, caro Rossi, caro Bersani, caro Cuperlo, caro Speranza, basta con le critiche, basta con questo stillicidio di dichiarazioni, di richieste.

Che fare? Questa mattina, per esempio, sono stati resi noti i dati economici con un responso che lascia senza parola: zero crescita. Non si deve dire nulla, che qualcosa forse non va nelle scelte del Governo, che bisogna lasciar lavorare Renzi, che lui e Padoan sapranno come agire?

Nella foto: Un selfie ricordo di Enrico Rossi con i giovani attivisti della Rete dopo la presentazione del Libro “Rivoluzione socialista” alla festa dell’Unità di Casale sul Sile (Treviso)

A Renzi risponde subito Enrico Rossi, su Facebook, l’unico, per ora, che si è dichiarato pronto a sfidare Renzi nel prossimo congresso e al quale il premier sembra fare riferimento quando, a Bosco Albergatti, dice che fuori dal Pd non c’è il “socialismo rivoluzionario”. Rossi ha recentemente pubblicato un libro che, guarda caso, ha un titolo che si richiama proprio a quelle parole (Rivoluzione socialista). Libro che sta presentando in giro per l’Italia, soprattutto nelle feste dell’Unità, dal Veneto alla Sicilia alla Liguria all’Abruzzo,  riscuotendo consensi, apprezzamenti ed adesioni. Chi descrive Rossi come “un generale senza truppa” non coglie la realtà che è ben diversa.

Scrive Rossi: “La sovranità nel partito “appartiene” ai militanti e non ai dirigenti né al leader. Renzi potrebbe anche avere ragione a lamentarsi che i congressi non si fanno tutti i giorni sulla stampa ma ogni 4 anni e a ricordare che lui ha vinto l’ultimo.
Però viene da dire: da che pulpito viene la predica! Chi non ricorda il Renzi che spara a palle incatenate contro il quartier generale di Bersani?”.

Questo oggi. Ma facciamo una salto a qualche anno fa. A quando Renzi era sindaco di Firenze (fu eletto il 22 giugno 2009), a prima e dopo le primarie perse con Bersani (il 2 dicembre 2012), fino alla “rivincita”, le primarie vinte contro Cuperlo l’otto dicembre 2013. A quando segretario del Pd era Bersani (dal 25 ottobre 2009)

Renzi che ha fatto e detto in questi anni? Non ha mai attaccato il segretario legittimamente eletto (come poi toccherà a lui) Pierluigi Bersani? Non ha mai utilizzano a piene mani giornali, televisioni, radio, talk show?

A parte l’ormai famosa intervista sulla rottamazione “senza incentivo” a Repubblica (il 29 agosto 2010) nella quale l’allora sindaco di Firenze entrò a gamba tesa nella competizione politica nazionale.

Cos’è, domandò Umberto Rosso, un’autocandidatura alla leadership del Pd?
La sua risposta: “Il mestiere di sindaco di Firenze mi diverte moltissimo, e qui voglio stare”. Si è visto.
Pur facendo un mestiere molto divertente, nel novembre 2010 (dal 5 al 7) organizza la prima Leopolda, insieme a Giuseppe Civati (Prossima fermata:Italia), poi due Big Bang, ottobre 2011, giungo 2012 (Italia Obiettivo comune), dove non si discuteva evidentemente dei problemi del comune di Firenze.

Ecco cosa è uscito da una rapida consultazione dell’archivio Ansa.

Comininciamo con un Renzi su Marchionne e sull'”aria fritta” di Bersani (intervista al Telegiornale La7): “Io sono dalla parte di Marchionne. Dalla parte di chi sta investendo nelle aziende quando le aziende chiudono. Dalla parte di chi prova a mettere quattrini per agganciare anche Mirafiori alla locomotiva America”. Nella stessa intervista: “Andrò′ alla Direzione di giovedi ma spero che Bersani non chiacchieri di aria fritta ma dei problemi degli italiani. Non chiacchieri dell’inciucio con Fini ma del futuro del PD. Il PD e’ credibile se smette di inseguire i falsi problemi. Provi concretamente a dire ‘ok, Berlusconi ha fallito‘ ma dicendo agli italiani quali sono le nostre soluzioni per ripartire”.

 

Nella foto : L’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani

Da la 7 a Sky. Chiede Maria Latella:“E ora che ha condotto bene la campagna elettorale Bersani si rottama? “Il problema non é  l’età anagrafica, ma ciò che hai fatto”. “Dopo 20 anni in Parlamento devi pero’ fare spazio ad altri. Lo dice il nostro statuto, che pone il limite di tre mandati parlamentari, non quel pazzo del sindaco di Firenze”, aggiunge Renzi, ricordando che il limite massimo dei sindaci e’ di due mandati, cioé 10 anni”. Quanto al segretario del Pd, Renzi dice di “sognare che Pierluigi Bersani si alzi in Parlamento e chieda di dimezzare il numero dei parlamentari. E che lo faccia come Pd”. E quando Latella ricorda che c’e’ una proposta bipartisan in questa direzione, Renzi risponde: “Ha mai visto un tacchino che agevola il Natale”?

I due si trovano d’accordo sulla riduzione del numero dei parlamentari e l’eliminazione dei vitalizi: “Bersani ha fatto un passo avanti”, il commento del sindaco di Firenze (“Meglio tardi che mai, ma va bene così”, posta poi su Facebook).

Il 18 agosto, in una intervista alla Stampa, critica Bersani sulle misure anticrisi: “Certe prudenze di Bersani non me le spiego. Ho letto le cose scritte da Prodi sulla crisi, e stavolta l’ho trovato più avanti del mio segretario. Quando si liberalizza, bisogna farlo sul serio”. Ma non sta sparando sul quartiere generale, domanda il giornalista? “Niente affatto”.

Il sei settembre, a Studio Aperto su Italia 1, su una manifestazione della Cgil: Matteo Renzi(che è sempre sindaco di Firenze) non ci sta alla conta tra “chi c’era e chi non c’era” in piazza con la Cgil e si augura che “il segretario del Pd tiri fuori le idee e non solo gli striscioni”. “Ho rispetto per chi é sceso in piazza, ma credo che il compito dei politici non sia quello di stare in piazza ma di risolvere i problemi: io oggi sono stato in riunione di giunta tutto il giorno per risolvere i problemi dei fiorentini”. “Questa manovra sembra fatta dal mago Silvan, con provvedimenti che appaiono e scompaiono. Poi i mercati te la fanno pagare e i risparmi si perdono in una giornata come quella di oggi o, peggio, come quella di ieri”.

Il 29 ottobre si passa agli asini: “Non so a chi si riferisca Bersani, io non sono un asino e non scalcio”. Bersani, da Napoli, aveva invitato “i giovani a non scalciare’. “Che i giovani non debbano scalciare e’ una constatazione che facciamo in tanti, non siamo asini. Mettersi a disposizione e’ un’espressione molto bella se e’ riferita al Paese, alla città; se invece e’ mettersi a disposizione di un capocorrente, a uno che da’ ordini, no “.

Altro argomento, sul filo dell’ironia (intervista a Repubblica): “Dal mio punto di vista, Grillo e’ ingrato se attacca Bersani, perché deve tutto il suo successo alle incertezze dei dirigenti dei partiti tradizionali”, “dopo vent’anni che le stesse facce stanno in Parlamento, che i partiti cambiano nome e simbolo però i problemi restano uguali, o si ha il coraggio di una radicale rivoluzione, oppure ci troviamo Grillo al 20%”.

Da notare, che tutti gli organi di stampa, quando parlano di Renzi, usano fino alla noia la definizione di “rottamatore”. Non si trova un articolo in cui si dica soltanto “Matteo Renzi”. “Il Pd – spiega Renzi – ha vinto la sfida dei numeri ma non ha convinto nella sfida politica. Se Bersani e i suoi colleghi segretari di partito si rendono conto che la somma di astenuti, grillini e outsider rende i partiti, tutti insieme, minoranza nel Paese, allora abbiano il coraggio di alcuni cambiamenti subito”.

Il 17 giugno, da Lucia Annunziata, sulla Rete 3 Rai, Renzi dice qualcosa sulla sua idea di partito leggero: “E’ un pò peggio di una furbata. Nella logica di Bersani, che e’ una persona seria e che rispetto molto, c’e’ un’idea vecchia in cui il partito e’ fatto dagli addetti ai lavori e allora bisogna aprirsi a quelli che stanno fuori”. “A questo giochino per cui la società civile sta fuori e io sto dentro i partiti, non soltanto io non ci sto, ma l’idea che io sia la societàa incivile non mi convince affatto. Che siamo degli zulu che non hanno il diritto di poter portare tutto il proprio entusiasmo?”. “Io ho un’idea di partito dove il partito e’ mare e non stagno non fatto da addetti a lavori ma da persone normali. Per me il partito deve essere qualcosa di leggero mentre il gruppo dirigente del Pd ha idea molto ottocentesca del partito. Gli italiani ci chiedono qualcosa di diverso”.

L’otto luglio lo scontro, sulle pagine di Repubblica, è sulle primarie: Se anche dovessero slittare di qualche settimana ”non e’ un problema”. L’importante e’ che ”le primarie si facciano” in ottobre, perché si fanno ”per l’Italia, non per la Nuova Zelanda” e servono ”a definire le idee per il futuro del Paese”.  “Pier Luigi Bersani la smetta di fare ”melina” sulla scelta della premiership, per la quale ”vanno applicate le regole per primarie libere e aperte come nel 2005, nel 2007 e nel 2009 e in decine di amministrazioni locali”.

Il primo settembre, Renzi, a Vasto, polemizza sulla “foto di Vasto” (Bersani, Di Pietro e Vendola insieme). “Non credo ci sia bisogno di sfasciare la foto di Vasto. E’ una foto che si e’ gia’ sfasciata da sola, basta vedere ciò che é  successo nel corso dell’ultimo anno. Quella foto ormai appartiene ad un album, ma all’album dei ricordi”.

Primo ottobre 2012, dall’Abruzzo, in piena campagna per le primarie del Pd (che Renzi perderà): “Nutro per Bersani profonda simpatia, mi piace come ama definirsi ‘usato garantito’, mentre noi rappresentiamo un futuro che troppo spesso e’ stato usato come discarica dei problemi del presente”.

Ma vi risparmiamo tutti i botta e risposta tra i due legati alla campagna per le primarie del 25 novembre 2012 e al ballottaggio del 2 dicembre, quelle in cui si affermò Bersani. Andiamo invece a spulciare alcune dichiarazioni di Renzi successive al 2 dicembre, dopo la vittoria di Bersani.

Si deve eleggere il Presidente della Repubblica, al posto di Napolitano. Renzi non viene indicato tra i delegati regionali. Bersani è il segretario, ma Renzi non ha mai smesso di fare la sua battaglia. Fa buon viso a cattivo gioco: “Hai vinto, congratulazioni”. E Bersani, di rimando: “Al sindaco di Firenze riconosco una presenza forte e fresca nelle primarie, ha dato un contributo grande per dare senso alle primarie e farle vivere in modo vero”. Renzi: “ Vittoria netta che nessuna opinione diversa sulle regole può mettere in discussione. Lui ha vinto noi no”. “Noi daremo una mano e per quello che mi riguarda darò una mano da militante del Pd e da sindaco di Firenze. Chi ha vinto ha l’onore e l’onere di rappresentare anche gli altri, senza alcun inciucio e impiccio”. Bersani: “Renzi è una risorsa, ma come tutti quelli che fanno parte dello squadrone democratico. Spero che voglia partecipare alla nostra discussione, alla nostra vita politica, più di quanto non sia avvenuto nel passato”.
Si parla anche del futuro di Renzi nel Pd. Renzi: “Cambiare partito? No. Sono rimasto nel Pd e con Bersani non solo perché sono leale alla Ditta, ma anche perché penso che per l’Italia sia utile avere due grandi partiti. Se si votasse di nuovo? Se ci fossero le condizioni direi di sì a fare il candidato premier”.

Il 24 e il 25 febbraio 2013 si tengono le elezioni politiche. Quelle della “non vittoria” di Bersani. La coalizione Italia Bene Comune vince alla camera, con un ampio premio di maggioranza, ma al Senato i conti non tornano: 123 senatori Pd ed alleati, 117 il centro destra, 54 il M5S.

Il 25 marzo 2013, da segnalare due dichiarazioni, la prima di Bersani, la seconda di Renzi. Bersani: “Ma no, andiamo d’accordissimo mi sono abituato, non c’e’ problema, abbiamo altri modi di parlare. Vi assicuro, non so se mi credete, ma le cose cose che ci sono giornalmente sui giornali non sono così”. Renzi, che continua a non partecipare alle riunioni del Nazzareno: “Confermo, i rapporti con Bersani sono ottimi. Ed e’ naturale che oggi, nel giorno del Capodanno fiorentino, io stia a Firenze ad occuparmi delle cose di questa città. Naturalmente in bocca al lupo a Pierluigi perché possa realizzare l’obiettivo di realizzare il governo di cui il Paese ha bisogno”.

Il tre aprile. Ripartono i fuochi. Renzi: “Stiamo perdendo tempo”. C’è da eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, il successore di Giorgio Napolitano. Renzi non è eletto tra i delegati regionali.

10 aprile 2013, Renzi: “Fare il delegato regionale per eleggere il Presidente della Repubblica non era un mio diritto. Lo avrei fatto volentieri, certo, orgoglioso di rappresentare Firenze e la Toscana. Le telefonate romane hanno cambiato le carte in tavola, peccato. Nessun dramma però, in politica può succedere. Mi spiace soltanto, la doppiezza di chi parla in un modo e agisce in un altro. Ai doppiogiochisti dico: forse non riuscirò a cambiare la politica. Ma la politica comunque non cambierà me. Io quando ho da dire qualcosa lo dico in faccia, a viso aperto e non mi nascondo dietro i giochini”.

Ancora Renzi: “Non ho vinto le primarie, ha vinto Bersani. Il problemino è che poi Bersani non ha vinto le elezioni”. La tregua, se mai c’è stata, è finita.

Il 14 aprile, la guerra strisciante, si rifà viva. I contendenti dissotterrano l’ascia di guerra. Renzi, titola, l’Huffington Post, attacca Bersani a testa bassa e dice no ad Anna Finocchiaro e a Franco Marini al Colle. Poi ci saranno i 101 franchi tiratori contro Romano Prodi. Poi Napolitano che succede a se stesso. Poi il governo Letta. Poi… Renzi, l’otto dicembre 2013 diventa segretario del Pd, vincendo le primarie alla grande, con il 67, 55% dei voti, contro il 18,21% di Gianni Cuperlo. Enrico Letta al Governo comincia a stare sempre meno sereno. Il 22 febbraio consegna la campanella a Matteo Renzi.

Renzi l’otto dicembre 2013 diventa così segretario del Pd; il 22 febbraio 2014 è Presidente del Consiglio. Tutto questo per merito di Renzi e per gravi responsabilità di chi fino a quel momento ha guidato il Pd. Ma ricordare, come ha fatto Renzi a Bosco Albergatti,  che il segretario del Pd si elegge ogni quattro anni è un’affermazione ovvia. Si è segretario di un partito, fatto di donne e uomini, di un corpo vivo e pensante. Tra un congresso e l’altro non è che non si possa discutere, non ci possa confrontare. Perché, poi, accade quello che è accaduto alle recenti amministrative. Si perde. Allora serve un partito nuovo, diverso, non più chiamato solo ai gazebo a supporto delle scelte del Governo, alla realizzazione del quale ciascuno iscritto ha diritto di partecipare, deve poter dire la sua, con idee, programmi, e alla scadenza dei quattro anni, si tirano le somme.

ROSSI E IL NUOVO PARTITO – Come sta facendo Enrico Rossi, peraltro senza demonizzare Matteo Renzi. Come a suo tempo aveva fatto, con ben altri toni, Matteo Renzi con Pierluigi Bersani.

Rossi, nel post, spiega la sua visione di un partito “strutturato, disciplinato, democratico e fondato sui militanti e sugli iscritti”: “Tra un congresso e l’altro la sovranità nel partito “appartiene” ai militanti, i quali hanno diritto di discutere e soprattutto di essere consultati sulle questioni politiche più importanti. Il popolo degli iscritti non deve restare muto tra un’elezione di un segretario e un’altra. Questo popolo deve continuare a incidere sull’indirizzo politico e controllare che la direzione del partito sia in sintonia con i suoi orientamenti e le sue idee. Il partito del leader deliberatamente non prevede e non pratica tutto ciò. Questa storia non inizia certo con Renzi che spesso è più un epigono che un iniziatore e costruttore di tempi nuovi”.

Proprio per questo, osserva, “molti amici e compagni si sono distaccati e restano delusi e abbandonano la tessera e l’impegno. Io sono per un partito che fa i congressi, che vota il leader e che tra un’elezione e un’altra consulta gli iscritti, ne sollecita la partecipazione e tiene conto delle idee e delle proposte della base”.

In un partito del genere, conclude Rossi, “il gioco stucchevole della diatriba continua tra Renzi e opposizione interna, renziani e antirenziani finirebbe o almeno si attenuerebbe e conterebbero di più le idee. Perché non si fa? Forse perché si ha paura delle idee. Il congresso deve servire anche a discutere di tutto questo. Non è male iniziare”.

Nella foto: Matteo Renzi, alla Festa dell’Unità di Bosco Albergatti

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