Berlinguer

Perché non mi bastano il Vangelo, Papa Francesco e don Milani

Dovunque uno sfruttato si ribelli
noi troveremo schiere di fratelli.
Stornelli d’esilio
Pietro Gori, 1895

Pietro Gori aveva fiducia nel trovare fratelli. Noi abbiamo difficoltà a riconoscere i nostri padri.
Mi spiego. Nel meriggiare assorto di una domenica di giugno ho scritto un commento un po’ sbrigativo su una intervista a Walter Veltroni: “Ho appena cominciato a leggere Veltroni – ho buttato giù – e mi sono già imbattuta in due citazioni cattoliche. Papa Francesco e il cardinale Martini. Con enorme rispetto per i citati sono sconfortata. E anche un pò incazzata. Anzi molto. Sinistra dei miei stivali”.
Immediatamente la “trappola per topi” social- globale a cui l’ho affidato (venendo meno al sano proposito di postare solo immagini di fiori e poesie) ha cominciato a fremere e a risvegliarsi. Il post ha collezionato una pioggia per me inusuale di commenti e stimoli. Che hanno anche a che fare con questo blog. E quindi voglio articolare meglio il mio pensiero. Ma prima approfitto dell’occasione per chiarire il mio intento nell’iniziare a scrivere questi brevi pezzi nel blog. Non l’ho fatto perché mi sia venuta voglia (Dio ne scampi) di sventolare Berlinguer come gli studenti cinesi sventolavano, ai tempi della rivoluzione culturale, il libretto rosso di Mao. Piuttosto per offrire a chi ne ha ancora voglia spunti di lettura e per spigolare da giornalista tra alcuni temi e concetti berlingueriani (penso a questione morale, austerità, pace, lavoro, welfare…) che a mio parere sono ancora attuali. Proporre il Berlinguer lungimirante, non perché in grado di squarciare il velame del futuro ma perché capace, questo sì, di suggerire (al netto dei secoli passati, dei muri caduti, dei partiti dissolti e delle finanze imperanti) qualche idea utile per il nostro tempo.

Al mio post ha replicato un amico, il cui pensiero spero di riassumere correttamente: “Il pensiero di sinistra non è di pertinenza degli ex Pci, il mondo di coloro ai quali questo mondo non va giù è più vasto. Perché Berlinguer, che era comunque legato all’Urss, era più avanti di papa Francesco? E don Milani? C’è qualcuno nella sinistra italiana del Novecento più a sinistra di lui? Non c’è nulla di più a sinistra del Vangelo. Viviamolo, mettiamolo in pratica e il resto verrà da sè. Lo sforzo nostro di ogni giorno è cercare la sinistra là dove di volta in volta si manifesta”.

E’ vero, nessuno ha l’esclusiva della battaglia per la giustizia, l’eguaglianza, la libertà, la solidarietà eccetera, se così si possono riassumere i valori della “sinistra”. E’ innegabile che nel corso delle epoche il cristianesimo sia riuscito a esprimere idee e figure di grande rilievo, che hanno tracciato significative linee di politica sociale che possono essere definite “di sinistra”. E ritengo di grandissima importanza che papa Francesco, il papa della Laudato si’ e della Evangelii gaudium, abbia così decisamente imboccato, sono tentata di dire nonostante la sua stessa Chiesa, una strada riformatrice. Del resto chi se non un seguace di Cristo ha il dovere di raccogliere la bandiera dei poveri?

Penso però anche che nel corso degli ultimi tre secoli si sia sviluppato in Europa e nel mondo un pensiero di sinistra, laico, socialista e comunista che, pur talvolta registrando significativi punti contatto con il dettato evangelico, ha avuto una sua storia, una sua autonomia, una sua solidità. E numerose traduzioni politiche concrete. In forme diverse, positive e negative. Il pensiero di Berlinguer ne ha fatto parte in modo significativo, con risonanze internazionali. Berlinguer non era né più avanti né più indietro di papa Francesco. Portava avanti i suoi ideali, che erano gli ideali di un grande, storico, internazionale movimento di popolo, e di un grande partito. Nello stesso tempo ha cercato costantemente, tenacemente, i terreni comuni tra la sinistra “storica” e il mondo cristiano. Valgano le parole che pronunciò, ad esempio, nel 1972 nel corso di un congresso romano, dicendosi convinto che tra comunisti e masse popolari cattoliche (questo era il linguaggio del tempo) fosse possibile allargare “il terreno dell’incontro, della collaborazione, dell’intesa e dell’unità per la salvaguardia e l’adeguamento al nostro tempo di quei valori che appartengono non solo alla sfera politica, ma a quella morale della società”. Ricordava che “valori come quelli della giustizia, della fraternità tra gli uomini, della pace e dell’ordine democratico sia interno sia internazionale, del rinnovamento della famiglia, della dignità della persona non sono scritti soltanto sui testi da cui si nutre la coscienza religiosa dei cattolici, ma anche nel nostro programma di trasformazione dell’assetto sociale del nostro paese e del mondo”. Cito queste parole perché sono del 1972, assai precedenti a quelle analoghe, più note e ampiamente frequentate, sullo stesso argomento contenute nella lettera al vescovo di Ivrea monsignor Bettazzi (del 1977) e a quelle dell’intervista rilasciata dieci anni dopo, nel 1982, all’Agenzia Adista, significativamente intitolata “Ricominciare insieme dagli ultimi”, in cui Berlinguer chiamava alla mobilitazione comune perché non “siano i lavoratori, i disoccupati, i pensionati, i giovani, le donne, le popolazioni del mezzogiorno a pagare ancora una volta le spese della crisi”. Parole profetiche, appunto.

Tutta questa cultura di sinistra in Italia, mi limito al nostro paese, si è in larga parte perduta, proprio in una realtà che ne aveva conosciuto una declinazione autonoma, originale, positiva, per molti versi lungimirante. La sua voce critica dello stato di cose esistente (come avrebbe detto Berlinguer), di analisi, di iniziativa, di passione, di visione del futuro è sovrastata dall’invettiva populista. E nel frattempo tra sinistra laica e mondo cattolico sono esplosi conflitti clamorosi, sul terreno dei valori “non negoziabili”, dei temi eticamente sensibili.
Nella realtà politica della “mia” sinistra vedo il ripiegare sul pragmatismo del giorno per giorno, la deriva del far soggiacere i grandi obiettivi di fondo della sua storia, che certo andrebbero declinati in modo attuale, al vento del consenso elettorale. Ma caro amico ti dico, in ordine di “grandezza”: il Vangelo non mi basta, il papa non mi basta, e la scuola di don Milani, che aveva molti aspetti rivoluzionari, non la proporrei oggi come modello tout court della scuola pubblica.

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