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Quale forma partito. Contributo a una franca discussione

Introduzione.
La costruzione di una soggettività politica di sinistra sta riscuotendo, con la formazione di Libere/i e Uguali, una potente accelerazione sul terreno sia del consenso sociale sia delle adesioni di donne, giovani, proletariato, intellettuali, docenti, professionisti, giornalisti, quadri militanti politici e sindacali, figure di grande rilievo e prestigio. La massima concentrazione dell’iniziativa deve essere ora applicata all’imminente campagna elettorale. La complessità del processo aggregativo ne ha comportato un certo ritardo. All’incremento in essa della nostra credibilità necessitano un programma e una sua sintesi facilmente usabile sul piano propagandistico e del consenso.
Al tempo stesso è importante che la forma confederativa che ci siamo a dati con Libere/i e Uguali, in quanto precondizione anche della costituzione post-elettorale di un partito, introduca nel proprio processo robusti elementi di organizzazione e di democrazia, sia formali che attivamente partecipate dal lato della base militante.

Non vuole essere questa una critica alle forme di direzione che Articolo 1-MDP sino a oggi si è dato. Come tutti i processi orientati alla creazione di organizzazioni politiche, anche il nostro è stato “complesso”; concretamente, avviato dall’iniziativa “lungimirante” di un primo nucleo di gruppo dirigente capace di rispondere con audacia alla richiesta politica, partecipata e organizzata di aree significative di quadri e di militanza per così dire in attesa. La rivendicazione di una partenza tutta “dal basso”, benché sia da raccoglierne integralmente l’intenzione democratica, è ingenua: nessun partito è mai nato, storicamente, per questa via.
Tuttavia la forma che come Articolo 1-MDP ci siamo dati, proprio per effetto del suo successo ha cominciato a battere in testa, a richiedere una progressiva autotrasformazione, appunto un forte avvio di più organizzazione e di più democrazia partecipata. Più le cose sono andate avanti, più ai primi incipienti elementi di democratizzazione seguiti alla costituzione di strutture locali ha corrisposto una difficoltà di dialogo tra le posizioni elaborate da tali strutture e i livelli centrali. Questa difficoltà ha molto colpito e danneggiato Milano e la Lombardia, concretamente obbligate per oltre tre mesi a fermarsi dal tentativo di porre il liberale Giuliano Pisapia a capo di Articolo 1-MDP e, poi, disorientate dal tentativo, auspicato dal lato centrale, di un’alleanza alle elezioni regionali tra Articolo 1-MDP e un PD guidato all’ultraliberista Giorgio Gori. Mai c’è stato un confronto in materia partecipato dalla militanza lombarda con esponenti del gruppo dirigente centrale.
L’unità tra più organizzazione e più democrazia partecipata è lo strumento che le realtà militanti lombarde hanno comunque tentato testardamente in questi mesi di realizzare. I risultati attuali sono la forte accelerazione della costruzione di un buon partito e dalle sue pratiche interne democratiche. Ciò servirà moltissimo, in un territorio molto difficile, a un’efficace campagna elettorale.

Indispensabilità di un largo radicamento sociale del partito
E’ d’ordine primario e urgente il radicamento sociale di Articolo 1-MDP, Libere/i e Uguali, il partito che dall’esperienza federativa in corso sorgerà sui territori e nei luoghi di lavoro e di studio. Ciò deve intendersi non solo come semplice apertura di sedi, in ogni caso indispensabile, ma anche come apertura massima possibile di luoghi nei quali ci sia la sede e in una qualche unità a essa ci siano spazi di socializzazione e di vita suscettibili di raccogliere anziani, giovani, donne, lavoratori, popolo interessati alla partecipazione politica e al tempo stesso desiderosi di luoghi di relazioni amicali e solidali, insomma di luoghi di vita. La continua dissoluzione, a opera neoliberista, dei mondi di vita popolari risulta spesso più dolorosa, a livello popolare, della miseria, della mancanza di lavoro, della mancanza di diritti. Dobbiamo essere massimamente preoccupati di come la crisi infinita della sinistra politica italiana abbia largamente dissolto le proprie relazioni con le altre forme associative popolari così come le relazioni dentro a queste ultime, con effetto globale di impoverimento delle capacità di ciascuna sul terreno pratico e su quello delle capacità di orientamento politico e culturale.
Una possibilità offerta dalla ricostituzione in corso di una sinistra politica “decente” (Tom Benetollo) potrebbe anche consistere, grazie allo sviluppo di relazioni collaborative, nell’affitto di sedi di Articolo 1-MDP, Libere/i e Uguali, il futuro partito dentro a sedi di cooperative, circoli ARCI, sedi ANPI, anche centri sociali giovanili.

Nella foto: Manifestazione di Liberi e Uguali con Arturo Scotto e Roberto Speranza

Senza, in ogni caso, la realizzazione di una rete vasta di sedi aperte e ricettive di popolo sarebbe pura velleità ritenersi realtà politica capace di diffuso e articolato complesso di rapporti sociali, promotore sul territorio di democrazia partecipata, capace di ripoliticizzazione delle classi popolari e di loro mobilitazione attiva.
Appare decisiva, in questa prospettiva, certo in un quadro di relazioni paritarie e di reciproca indipendenza, la ricostituzione di un forte rapporto con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, il movimento cooperativo, le altre forme di organizzazione e di partecipazione del mondo del lavoro e delle classi subalterne, a partire da quelle storicamente di classe, benché non solo. Tra le ragioni più sostanziali delle difficoltà della risposta sindacale alle canagliate antisociali dei governi neoliberisti ci sta in Italia, indubbiamente, l’estrema debolezza soggettiva e oggettiva della sinistra politica in questi decenni.
Analogo ragionamento, certo nelle apposite forme, riguarda gruppi professionali e piccola e piccolissima imprenditoria. E’ dato storico della sinistra italiana la capacità di rivolgersi anche alle classi medie e di portarle all’alleanza con quelle sfruttate, tendendo così alla creazione di un largo “blocco storico” (Antonio Gramsci) della trasformazione sociale. Analogo ragionamento vale guardando all’universo cattolico, dentro al quale non da ora operano aspettative e movimenti molto avanzati, oltre che sul piano sociale anche su quello della concezione e le pratiche della democrazia.

Quali le forme oggi necessarie della comunicazione
Attenzione a che non ci si bei della presenza, per quanto possa risultare efficace, di nostri esponenti sui mass-media, televisivi o cartacei. Non va dimenticato che i mass-media sono quasi sempre ostili alla sinistra politica, che sono essi a porre i temi, e che ciò spesso fanno in forma mistificante oltre che banalizzante e assordante. L’adagiarsi, in via quanto meno di fatto, su una tale situazione significherebbe di fatto tendere a un partitello di mezza tacca e qualità e come tale costretto o a essere alleato subalterno di posizioni essenzialmente liberali e subalterne al neoliberismo o a chiudersi in un’opposizione rigida poco o per nulla efficace, somigliando così ai vari partitelli di sinistra nel contesto europeo. La capacità di essere davvero “sinistra di governo” anziché molto facilmente oscillare tra velleitarismo e minimalismo sta anche nella comprensione di questo come degli altri nostri limiti e, quindi, nell’azione tenace per superarli.

Dunque, alla costruzione di una soggettività politica di sinistra necessita un’adeguata dotazione di strumenti di comunicazione.
Intanto si tratta degli strumenti di più immediata e diffusa utilizzazione sociale creati dalla rivoluzione informatica. Già adesso vengono ampiamente usati da realtà militanti, nella produzione di giornali o settimanali, ecc. Talora sono di tendenza, talora editi da gruppi dirigenti nazionale e locali. Dato di grande importanza, questi strumenti portano la comunicazione a “tempi reali”; inoltre, fornendo informazioni d’ogni genere, consentono la cognizione di fatti e l’appropriazione di nozioni, analisi, orientamenti, ecc., altrimenti irreperibili, o reperibili da pochi, dati i costi significativi di altri strumenti. Ciò già tende alla facilitazione di un superiore grado di democrazia partecipata. Senza la disponibilità di flussi informativi larghi e sistematici la partecipazione militante alla discussione interna di base può limitarsi a un consenso o a una polemica elementari rispetto a orientamenti calati dall’alto.
Soprattutto le generazioni giovani dispongono di una grande capacità d’uso di quegli strumenti: occorre da parte della sinistra porli in condizione di insegnare a quelle popolari di mezza età e a quelle anziane come usarli.
Ancor meno va ignorata o sottovalutata l’efficacia propagandistica, organizzativa di massa, capace di rapide mobilitazioni di tali strumenti. Un forte incremento del loro uso potrebbe venire dalla costruzione di un registro unitario degli indirizzi, gestito dal livello centrale e da quelli intermedi dell’organizzazione politica, continuamente arricchibile. Sinistra Italiana e Possibile già di una certa centralizzazione degli strumenti dispongono; analoga cosa Articolo 1-MDP ha cominciato a fare. Ovviamente è anche quanto competerà di fare a Libere/i e Uguali e al futuro partito unitario.
Altrettanto importante è la creazione di strumenti cartacei, particolarmente validi sul terreno della crescita culturale e politica della militanza, su quello della propaganda riguardante temi complessi, su quelli della creazione di intellettuali di partito e dell’influenza in ambiti intellettuali e professionali. Giungere a disporre di un quotidiano modello l’Unità d’un tempo, di un settimanale, di un mensile o bimestrale cartacei sarebbe di grande utilità per la crescita qualitativa del futuro partito. In questa prospettiva, per sua natura di non breve lena, ma al tempo stesso urgente, potrebbe risultare utile disporre di una società editrice.
Infine sarebbe di grande utilità, dal punto di vista della formazione della militanza, la creazione di una scuola nazionale e di scuole locali addette esse pure, tramite rapidi corsi, alla formazione, inoltre alla realizzazione di conferenze, seminari, convegni pubblici di tipo tematico. Questo compito sarebbe da affrontare immediatamente dopo la fase elettorale. Inoltre, non dovrebbe essere una formazione operata al solo livello teorico o teorico-politico: ma orientata anche all’acquisizione di capacità pratiche, di organizzazione politica, di organizzazione di massa, di inchiesta sociale.

Quale democrazia di partito, quali i suoi elementi urgenti
Il passaggio a un superiore grado di democrazia partecipata interna risulta per molte ragioni importanti e più che urgente in Articolo 1-MDP. Serve in questa prospettiva, intanto, un gruppo dirigente nazionale strutturato; e serve la generalizzazione di ciò che analogamente già avviene ai vari livelli territoriali.
Un gruppo dirigente nazionale strutturato significa, intanto, che ne siano parte tutti i quadri dirigenti effettivi, non ci siano cioè più quelli “a margine”, spesso i più capaci, triadi, figure individuali monocratiche, ecc. Ma non ci siano solo essi. Vanno, cioè, collocate in tale gruppo dirigente anche figure non istituzionali. Intanto, appartenenti alle diverse generazioni nel loro complesso: storicamente ogni formazione politica non episodica della sinistra si è caratterizzata per “patti” democratici tra generazioni. In secondo luogo, figure di lavoratori dipendenti, precari, disoccupati. Parimenti occorre che le strutture esecutive d’ogni livello si caratterizzino per maggioranze numeriche costituite da figure non istituzionali. Queste ultime, soprattutto per quanto riguarda il livello centrale, debbono essere messe nelle condizioni di una partecipazione effettiva e, grazie a ciò, di una parità sostanziale nella gestione collegiale. Soprattutto, inoltre, è da criticare e da superare a tutta velocità la quasi totale assenza di compagne nei ruoli centrali. Sarebbe un segnale di civiltà, accanto al superamento di questo dato, la duplicazione dei ruoli di segretario o di coordinatore consegnandoli unitariamente a una compagna e a un compagno. Molte organizzazioni della sinistra mondiale fanno così da tempo. Non a caso: è in atto a livello planetario un’insorgenza straordinaria, ovviamente in forme molto differenziate, delle donne, contro discriminazioni, asservimenti, brutalità, insomma per l’eguaglianza delle possibilità di vita. Infine è da criticare e da superare la diffusa mancanza di affidamenti di ruoli politici alle figure più valide della generazione più giovane.
Quindi occorre, in vista delle prossime elezioni politiche, che la disposizione delle candidature venga effettuata in modalità tali da effettivamente tendere a gruppi parlamentari paritari sul piano dell’appartenenza di genere, inoltre includano figure della generazione più giovane.
Occorre che siano prossimamente ridotte al minimo le candidature in più collegi. Occorre che giungano a rapido esaurimento le figure dei funzionari al servizio delle singole figure istituzionali, salvo situazioni particolari (come la presidenza di una commissione, la presidenza del gruppo politico, ecc.), e che, invece, i funzionari sia antichi sia nuovi vengano posti al servizio del complesso dei membri dei gruppi. Occorre, cosa questa della massima importanza dal punto di vista dell’effettività della democrazia interna, che i funzionari non dispongano di ruoli politici che non siano elettivi, ponendo così termine a ogni rischio di intrusione arbitraria in situazioni locali.

Ancora, occorre realizzare la separazione tra ruoli di presidente delle rappresentanze istituzionali e ruoli di segreteria/o dell’organizzazione politica, prima di tutto guardando al livello nazionale, ma anche ovunque si disponga di gruppi istituzionali territoriali di una certa numerosità e di organizzazioni di una certa consistenza.
E’ più che opportuno e per molte ragioni, infine, che la partecipazione istituzionale non superi, eccezioni motivate a parte decise dalle istanze politiche, i due mandati consecutivi.
Già le nostre figure istituzionali concorrono con i loro versamenti in più direzioni al finanziamento di Articolo 1-MDP. Va da sé che l’esaurimento del finanziamento pubblico ai partiti partecipi del Parlamento e la crescita organizzativa e delle attività sui territori non può che incrementare la richiesta ai parlamentari di contributi finanziari. Onde evitare situazioni incerte o caotiche è bene che i livelli di tali contributi siano discussi e deliberati dall’organizzazione politica nel suo insieme e che si sappia anche, in queste sedi, tenere conto delle differenti situazioni individuali. Vanno tutelati, inoltre, quelle compagne e quei compagni già parlamentari che non siano stati rieletti e che dalla non rielezione abbiano subito danni materiali significativi.
Vanno regolati e democratizzati i rapporti tra il livello nazionale e quelli locali, stabilendo prima di tutto che le materie di competenza locale debbano essere gestite e decise dalle istanze locali. Certamente il livello centrale può interloquire, raccomandare, criticare i livelli locali (certamente vale anche l’opposto): ma mai il livello centrale può disporre della decisione in sede di questioni locali. Inoltre ogni confronto tra tali livelli deve avvenire attraverso una discussione pubblica. Ciò vale in modo speciale nella circostanza di elezioni locali. Sono stati chiusi dalla storia i tempi in cui operò il grande PCI, certo caratterizzato dalle più ampie discussioni ma poi dal fatto che il gruppo dirigente ordinava e l’intendenza obbediva, convinta o non convinta. Anche l’intendenza oggi deve contare, is matter.

Si badi: il complesso di queste condizioni è decisivo nella definizione della qualità dell’organizzazione politica sul piano della democrazia, dell’eguaglianza, della solidarietà tra militanti. Una loro assenza anche parziale semplicemente significherebbe l’introiezione nell’organizzazione di rapporti asimmetrici ovvero di ceto dominante e di una conseguente grande difficoltà in sede di ricambi nei ruoli politici e istituzionali apicali.
L’esperienza dell’intero periodo a oggi di esistenza di Articolo 1-MDP e il fatto stesso dell’aggregazione in corso e tendente a un partito che coinvolge Articolo 1-MDP, Sinistra Italiana, Possibile, altre realtà sollecitano un’aperta e legittima possibilità di creazione di piattaforme di tendenza dotate di strumenti di comunicazione e di possibilità di riunione. D’altra parte esse già esistono in Articolo 1-MDP dalla nascita. Ovunque, storicamente, tutti i partiti della sinistra si sono caratterizzati per diversità interne anche significative di posizioni, ivi compresi quei partiti che ciò ufficialmente negavano e magari reprimevano. Il modo migliore per evitare l’incancrenimento di posizioni specifiche e lotte interne organizzative sta proprio nella trasparenza e nella libertà di espressione delle posizioni in campo.
D’altra parte nulla indica oggi, concretamente, una tendenza a fratture frazionistiche determinate da corpose differenze nell’orientamento politico. Qualcosa di simile era nelle possibilità iniziali di Articolo 1-MDP, oggi le differenze appaiono di portata secondaria se non marginale. L’anno che si è concluso è stato foriero di insegnamenti, prima di tutto ha sbarazzato il campo da tatticismi.
Certamente i prossimi mesi sono quelli dell’impegno elettorale e per non molto di più. Tuttavia dopo le elezioni occorrerà andare sollecitamente a un congresso fondativo di un partito basato sulla massima democrazia partecipata.

L’urgenza primaria di un’identità socialista del costruendo partito
Il complesso dei ragionamenti sin qui sviluppati “tiene” alla condizione generalissima di un’identità chiara di Articolo 1-MDP e del costruendo partito. La totalità delle organizzazioni politiche europee di sinistra impegnate nella critica antiliberista, nel rilancio della democrazia, nella difesa delle classi popolari e medie, nella ricostituzione dei sistemi, più o meno deteriorati, di welfare, ecc., dichiara come propria prospettiva di società il socialismo. Non si tratta solo di organizzazioni tradizionali formate in altri momenti storici e più o meno richiamantisi al marxismo: ci sono neoformazioni con altra cultura e partiti ambientalisti; ci sono culture e correnti femministe e cristiane. I più o meno recenti tentativi socialisti in America latina fanno capo a sincretismi teorici basati sul marxismo, sull’ambientalismo, sulla filosofia della liberazione (contigua essa al marxismo ma non completamente sovrapponibile, creata da intellettuali cattolici, solidamente appoggiata su chiese di base e loro sacerdoti e su movimenti di braccianti, contadini poveri, operai). Persino negli Stati Uniti è venuto costituendosi un vasto processo politico, mosso da sindacati, donne, comunità nere e ispaniche, intere amministrazioni statali e locali, mezzo Partito Democratico, la cui proposta alla società è il socialismo. E’ il ritorno in Occidente alla grande ormai della lotta di classe a imporlo, bellezza. Non si capisce come Articolo 1-MDP e il costruendo partito possano evitare di dichiarare, formalmente e molto rapidamente, il socialismo come propria prospettiva.
Il rischio della prosecuzione in Articolo 1-MDP di una discussione saltuaria, erratica, mai portata alla sintesi necessaria sulla questione, effetto a volte di supponenza provinciale, a volte di incertezze potenzialmente pericolose sulla natura stessa sociale del futuro partito, può solo recargli danni di varia natura e anche gravi. Parimenti può solo portare a cadute di credibilità del costruendo partito nelle famiglie socialiste europee, le cui componenti non subalterne al neoliberismo o settarie guardano molto interessate al ritorno in Italia di una forte sinistra.

Nella foto: Una manifestazione di Articolo Uno-Mdp con la partecipazione di Enrico Rossi

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