Renzi The Economist

The Economist: “Italiani, non fatevi ricattare”

L’Economist è stato fondato nel 1843. Il suo orientamento politico è il liberismo economico, di stampo centrista. Dal 12 agosto 2015 Exor, la holding della famiglia Agnelli, è diventata il primo azionista del settimanale economico inglese passando dal 4,7% al 43,4%. L’attuale direttrice è Zanny Minton Beddoes. L’articolo che pubblichiamo, Per The Economist, è senza firma e appare nelle prime pagine dell’edizione cartacea del giornale di questa settimana, in uscita sabato 26 novembre.

«L’Italia è da tempo il peggior pericolo per la sopravvivenza dell’euro e dell’Unione Europea. Il suo PIL pro capite è fermo ai livelli di fine anni ’90. Il suo mercato del lavoro è sclerotico. Le sue banche sono piene di sofferenze. Lo Stato è appesantito dal secondo debito pubblico più alto dell’eurozona, al 133% del PIL. Se l’Italia va verso il default, sarà troppo grossa per essere salvata».

Molta, quindi, la fiducia che era stata riposta in Matteo Renzi. Il primo ministro crede però «che il più grosso problema dell’Italia sia la paralisi istituzionale». La riforma della Costituzione, «assieme a una nuova legge elettorale che punta a garantire al partito più grosso la maggioranza, gli darà il potere di approvare le riforme di cui l’Italia ha disperatamente bisogno. O così dice lui».

Gli investitori e molti governi europei temono che il referendum italiano possa essere la terza pedina del domino a cadere dopo la Brexit e la vittoria di Trump. Anche perché Renzi ha dichiarato che lascerà, se la riforma costituzionale non dovesse passare.

Tuttavia, l’Economist «pensa che gli italiani dovrebbero votare No».

Sono più i vantaggi degli svantaggi della riforma. Primo fra tutti, il rischio che, cercando di mettere fine all’instabilità, si crei «un uomo forte eletto». Del resto, «questo è il Paese che ha prodotto Benito Mussolini e Silvio Berlusconi ed è vulnerabile in maniera preoccupante al populismo».

L’articolo passa, poi, ad analizzare il bicameralismo perfetto, che rischia di produrre stallo. Superarlo suona razionale, ma secondo l’Economist «i dettagli del disegno di Renzi offendono i principi democratici». Si fa riferimento in particolare a senatori non eletti e immunità per gli amministratori locali.

Con la legge elettorale, inoltre, il «prossimo primo ministro avrà un mandato garantito quasi sicuramente per 5 anni».

Ma «la difficoltà nell’approvare leggi non è il più grosso problema dell’Italia». Infatti, l’Italia «approva leggi quanto gli altri Paesi europei».

La crisi paventata da molti in caso di vittoria del NO è stata creata dallo stesso Renzi, che ha messo «a rischio il futuro del governo su un test sbagliato». Secondo l’Economist «gli italiani non si dovrebbero far ricattare».

«Renzi avrebbe fatto meglio a combattere per riforme più strutturali su qualsiasi altra cosa, dal riformare il lento sistema giudiziario a migliorare il pesante sistema educativo». Mentre «Renzi ha già buttato via quasi due anni su aggiustamenti costituzionali».

Quindi, «le dimissioni di Renzi potrebbero non essere la catastrofe che molti temono in Europa». «L’Italia potrebbe riunirsi attorno a un governo tecnico come ha fatto molte volte in passato».

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