L’articolo di Walter Veltroni pubblicato su “la Repubblica” di mercoledì scorso, ha avuto un impatto notevole a sinistra. Se ne è discusso e si continua a discuterne. Lo ha già fatto su questa testata Guido Compagna, un ottimo – come sempre – articolo che vi invito a leggere (La piazza di Milano e le convergenze parallele Veltroni-Castellina: c’è vita a sinistra). Personalmente vorrei aggiungere solo qualche piccola riflessione.

Ha scritto bene Gianluca Ruotolo, coordinatore di Art. 1 MDP della provincia di Foggia, salutando il ritorno sulla terra da Marte di Veltroni. Luogo su cui sembrava confinato negli ultimi due anni almeno. Certo, l’aver espulso finalmente dalla storia e dalla cultura della sinistra l’inaccettabile concetto di “rottamazione”, deve essere salutato con estrema soddisfazione. Attenzione, la soddisfazione non deve essere letta e usata in chiave antirenziana. Non è una rivincita sul senatore di Scandicci. Tutt’altro. E’ che quel termine, quella prassi politica ha generato, e uso proprio le parole di Veltroni, un partito “dominato dalle correnti e dai gruppi organizzati e il suo spazio vitale si è ristretto come la stanza del funzionario Rai di La Terrazza di Ettore Scola”. Chissà, ora che lo ha denunciato Walter, se questo rilevante aspetto può indurre a riflettere tutti coloro che indicavano i vari Bersani, D’Alema, Rossi e Speranza affetti da sindrome da risentimento personale ogni qual volta ponevano il problema. Ma va bene anche così.

Ma il vero tema, dal mio punto di vista, è la citazione del priore di Bose don Enzo Bianchi: “Per ogni cultura, la memoria dei momenti e delle forze che l’hanno generata è essenziale; è proprio dalla memoria degli eventi fondatori che la democrazia si afferma e si manifesta come un valore”. L’importanza, quindi, della memoria delle proprie radici. Lo scrive chiaramente lo stesso Veltroni: “Non è giusto cancellare la storia collettiva, le battaglie, i sacrifici il senso di quella cosa enorme che nella storia italiana è stata la sinistra”.

Caro Veltroni, se davvero ritieni che ciò che tu stesso hai scritto sia irrinunciabile, non puoi però chiosare affermando che la sinistra e i democratici devono unirsi e smetterla con la prassi esasperante delle divisioni e delle scissioni testimoniali, e non lo puoi fare per due validissimi motivi. Il primo è che proprio l’ultima scissione si è consumata in nome di quei valori che tu ora torni a difendere e che ho sopra (letteralmente) riportato. Il secondo è che mai nella storia della sinistra le divisioni sono maturate sulla base di semplici vocazioni testimoniali, identitarie. Dal 1921 in poi le scissioni, le divisioni sono state sempre il frutto di contrapposizioni su temi forti, su valori alti (compresa quella che nel 1964 dette vita al PSIUP, una piccola forza che durò anche poco). Si può certamente discutere del merito, se avesse ragione Turati piuttosto che Gramsci, ma non si possono liquidare certe esperienze con un’alzata di spalle, con una sprezzante e superficiale denuncia, sarebbe in aperta contraddizione con le tue stesse riflessioni.

Limitarsi, però, a rimettere in ordine fatti e storia della sinistra sarebbe esercizio inutile. L’autocompiacimento rispetto alle proprie convinzioni non porterebbe da nessuna parte.
Ciò che ha suggerito a Veltroni e a molti altri politici ed intellettuali di sinistra di lanciare il loro grido di allarme, è l’offensiva pericolosa e reazionaria, ma sino ad oggi oggettivamente vincente in termini di consenso, del governo grillo-leghista e , di conseguenza, come organizzarsi e reagire. La proposta di inventare una forma originale di movimento politico del nuovo millennio dice, allo stesso tempo, molto e niente.

Temo che interrogarsi e dibattere su qual è la migliore “forma originale”, ci faccia perdere inutilmente tempo. “No, il dibattito no!” (Cfr. “Io sono un autarchico”). Vista la nota passione di Veltroni per il cinema, personalmente indicherei nella geniale denuncia/intuizione di Nanni Moretti il vero male storico della sinistra, altro che le scissioni!
E’ necessario, allora, mettersi d’accordo su quali siano le priorità politiche da affrontare e con quali proposte gestirle.

Europa, innanzitutto. Non fosse altro per il fatto che è l’istituzione che rischia di disgregarsi in virtù dei concentrici attacchi dei paesi del patto di Visegrad, supportati “dall’eroeSalvini. Complici l’ignavia per alcuni aspetti e lo sciovinismo economico politico per altri di Francia e Germania.
A meno di un anno dalle elezioni europee è necessario far emergere la nostra idea di Europa, che non può essere prevalentemente di natura finanziaria, ma piuttosto quella di Spinelli e del manifesto di Ventotene.

Ribaltare la narrazione di Salvini e Di Maio sul loro stesso terreno: chi rifiuta di discutere dei problemi legati alle ondate migratorie e della necessità di come organizzare l’accoglienza (Orbàn e soci) dovrà essere sanzionato pesantemente. Altro che bocciare il bilancio comunitario. Altro che minacciare di non contribuire finanziariamente alle politiche dell’unione. Occorre chiaramente far emergere, questo sì con forme “originali” di comunicazione, che l’Europa significa vantaggi (tanti) e oneri (pochi), e che Matteo e i suoi fratelli neanche di questi pochi vorrebbero farsi carico. Un primo appuntamento in tal senso, per discutere dell’Europa che vogliamo, è programmato per i prossimi 8 e 9 settembre a Ostia. Speriamo abbia la partecipazione e l’attenzione che merita.

E a proposito di accoglienza, il Governatore della Toscana Enrico Rossi invita (in realtà, sfida) il Ministro degli Interni a trasferire alle regioni la responsabilità dell’accoglienza dei migranti sottraendolo alla Prefetture. Cita l’esperienza positiva della Toscana che nel 2011, con flussi maggiori, seppe gestire in maniera virtuosa il fenomeno attraverso la collaborazione con i comuni della Regione. Non la conosco a fondo, non ho esatta cognizione di causa dell’esperienza a cui Rossi fa riferimento, ma credo valga la pena di approfondirla e verificare se può essere una valida e risolutiva soluzione. Temo, però, che a chi ci governa di queste (migliori) prassi interessi il giusto.

Poi ci sono da affrontare i temi legati alla crescente ingiustizia sociale presente nel nostro Paese.
Sino ad ora lo schema con cui i recenti governi di centrosinistra hanno affrontato il tema dello sviluppo è stato il seguente: posto che in nome del dio liberista la crescita dipende unicamente dalle capacità espansive del capitalismo, io governo ti riduco i diritti e le tutele dei lavoratori, mi faccio finanziariamente carico al posto tuo di tutti gli oneri contributivi e figurativi, tu impresa assumi. Anche a tempo determinato. Anche senza alcuna giustificazione (la famosa causale) a questa tipologia di assunzione, ma assumi.

Quanto successo politico ed elettorale abbiano prodotto simili politiche è arcinoto.
Quindi, senza abiure, senza summit a Canossa, anche implicitamente, voltiamo pagina.
Diciamo che lo sviluppo e l’equità sociale dipendono prevalentemente dal ruolo che lo Stato intende assumere, sia a livello di regolazione sia di intervento diretto (i famosi investimenti pubblici); che i lavori vanno difesi e tutelati; che la globalizzazione non significa necessariamente precarizzazione; che nuove e originali forme di welfare vanno individuate ed adottate perché è solo domani che pochi robot sostituiranno migliaia di lavoratori in carne ed ossa; che la sanità pubblica deve tornare ad essere un diritto universale fruibile da tutti e in ogni parte del Paese e non un privilegio.
Tutte queste opzioni possono ben riassumersi in un nuovo, grande e “originale” partito della sinistra. E la sinistra esiste in natura se è capace di rilanciare una nuova ed “originale” idea di Socialismo che non è quello del secolo scorso e, giusto per intenderci, nel secolo scorso c’era anche Tony Blair. Consigli per gli acquisti: “Rivoluzione Socialista” di P. Caldarola e E. Rossi.

Proprio Rossi, Caldarola, Dipietrangelo, Oggionni, Folena (chi scrive) e molti altri, già da tempo avevano avvertito dei rischi e della necessità di trovare soluzioni. Abbiamo lanciato la proposta di una “Alleanza per la Costituzione”, per delle risposte da sinistra. Un’Alleanza “plurale, fondata sui valori e non sul potere”. Il virgolettato è di Veltroni.

Foto in evidenza: Walter Veltroni

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