Francesco Scanni

Francesco Scanni : La Sinistra (è) l’uomo

Nel disperato tentativo di “ritrovare la Sinistra perduta”, titolo da far invidia ad un film di Indiana Jones, molti sembrano brancolare frenetici e curiosi, immedesimandosi in Diogene di Sinope quando usciva di giorno con la lanterna in mano, dichiarando di stare “cercando l’uomo”. Nella variegata costellazione degli attuali schieramenti, l’effetto è più simile ad un caleidoscopio che non ad una spettacolare apparizione, e puntualmente l’esito è segnato da una delusione. Ciò che pare sfuggire è un concetto da ribadire: la Sinistra non è un oggetto che esiste aldilà dell’uomo, né una manifestazione metafisica dello spirito platonico. Essa è indissolubilmente legata all’animo umano, anzi è identificabile con la propensione stessa dell’uomo verso l’altro uomo che crede uguale a sè, anche se non identico, nel desiderio, nella volontà e nel destino. La sinistra è un credo che alligna nelle contraddizioni concrete nella società, con buona pace dei teorici del socialismo ateo. Ecco perché la tensione a ricercare la sinistra deve trasformarsi in sforzo per costruire la sinistra.

Ma cosa significa, nel concreto, costruire la sinistra? Nell’attuale fase socio-economica, in cui la globalizzazione ripiega su sé stessa e tradisce le sue promesse di benessere espansivo, è necessario problematizzarne le premesse. Nel periodo fiorente della modernità, tutta assuefatta dal mito blairiano, la sinistra ha creduto di poter rinunciare a quote sostanziali di “irruenza politica”, alla volontà di liberare il lavoro e di sradicare i meccanismi di sfruttamento insiti nel sistema economico, siglando un patto con la globalizzazione: io non ti metto in discussione, tu realizzi il benessere diffuso che presenti come tua premessa. Allora ha rinunciato alla sua carica dirompente e si è trasformata in “traduttrice della modernità”, credendo che, con piccole correzioni di rotta, sarebbe stato possibile godere dei lauti frutti del progresso e ridurre le disuguaglianze economiche e sociali.

Ma, come ne “L’Antigone tradita”, la globalizzazione non ha tardato a mostrare le sue spine, le contraddizioni su cui poggiava (U.Beck, in tal senso, offre un contributo magistrale nel suo La Società del rischio) e ci ha mostrato il salato conto. Le risposte politiche finora offerte per la circostanza sono di tre tipi: La Destra problematizza alcuni aspetti della globalizzazione, rintracciando il nemico nello straniero ed il problema nei flussi migratori, finendo per assumere un atteggiamento di intolleranza etnica preoccupante; Le formazioni populiste rigettano ogni categoria ideologica e rintracciano la causa dei mali globali nella generale corruzione delle anime e dei corpi; La non-sinistra rimane ancora appiattita sulle proprietà taumaturgiche della “società globale”. Il bisogno di protezione sempre crescente, derivante dal declino della globalizzazione che smarrisce persino la sua veste di utopia autopoietica, viene rappresentato quindi da forze eversive o populiste, che offrono soluzioni molto parziali a problemi molto più ampi, mentre non trova cittadinanza nell’offerta politica della non-sinistra.

Ecco perché basarsi solo su un concetto astratto di progressismo, nella fase corrente, appare sempre più insensato e problematico, poiché coincide con l’ignorare le varianti negative che quel modello di progresso porta in dote e presenta sempre più di frequente. Significa, ancora una volta, consegnarsi ad un mito, ad una promessa già tradita. La sfida è, invece, per la sinistra, quella di ritrovare i nessi sistemici che soggiacciono all’attuale stato di crisi strutturale. Per riuscire in questa impresa, è necessario studiare strategie per reintegrare il suo popolo storico composto da lavoratori e disoccupati, non costruire contenitori per riciclare classe dirigente. Farsi carico di una proposta radicale che analizzi l’attuale fase di sviluppo del capitalismo e che sia in grado di sfidarlo, evidenziandone le eccessive contraddizioni e la spirale recessiva nella quale ha condotto buona parte dell’Europa.

Un’urgenza, nel periodo in cui cresce il debito mentre diminuisce il deficit, si abbassano i tassi di interesse e non si registrano investimenti, che rende la ricostruzione di una sinistra che ponga in questione l’attuale assetto economico una vera e propria necessità, malgrado il naufragio del passato. Lo sforzo deve consistere nel costruire quello che Bersani definisce “un campo”, che non rappresenti un vuoto ricettacolo di programmi ma una moltitudine di identità tutte indirizzate ad obbiettivi espliciti: combattere le giustizie e le disuguaglianze, redistribuire la ricchezza ed il potere, analizzare e risolvere le contraddizioni profonde, che operano nel sottosuolo della struttura capitalistica, riportarle alla luce e creare una sensibilità alternativa.

D’altronde, Renzi, ha compiuto due grandi errori: definire lo spostamento del PD su un campo di valori differente da quello su cui è nato, completando la mutazione genetica che lo ha reso totalmente riconducibile al centro-destra; isolarsi dal resto dei soggetti politici, recidendo ogni rapporto simbiotico con le formazioni a sinistra del PD ed inseguendo un Leader di una destra composita che pare abbia l’intenzione di ricompattarsi. Queste le premesse della nuova costruzione, e questi gli aspetti precipui su cui puntare la luce della lanterna, per non correre il rischio di inseguire le destre o di perdersi nella ricerca di unicorni, anfesibene ed altri animali mitologici che i nostri occhi non vedranno mai dal vivo.

Nella foto di copertina: Francesco Scanni

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