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L’Unità, da Fortebraccio a Staino

Ho letto qualche giorno fa la lettera pubblicata da Emanuele Macaluso, indirizzata al direttore de l’Unità, in cui argomentava il suo rifiuto a collaborare ripercorrendo e rammentando ruolo e funzione che il quotidiano fondato da Antonio Gramsci ha avuto non solo nel PCI (e poi nel PDS e, in parte, nei DS) ma nella società italiana, in tutti i suoi strati sociali. Inevitabilmente, scorrendo quell’articolo, mi sono passate davanti tante immagini, tante situazioni che, parafrasando il noto film documentario di Walter Veltroni, definirei “quando c’era l’Unità”. Sono nato comunista, poi lo sono diventato. Non bastassero i genitori, avevo anche i nonni, bisnonni parenti e affini iscritti, militanti e dirigenti comunisti. Da bambino, quindi, per puro spirito di emulazione, se avevo qualche soldino in tasca, compravo l’Unità ma, naturalmente, non la leggevo. O meglio, la lettura di quel quotidiano risultava particolarmente impegnativa tranne che per una rubrica intitolata “Oggi”, un cerchio rosso e una firma: Fortebraccio. E’ stato proprio grazie a Mauro Melloni, questo il vero nome di Fortebraccio, che ho imparato a conoscere e valutare sotto una luce, diciamo così, diversa, diversi esponenti politici dei primi anni settanta, Tanassi, Preti (aveva una predilezione per i parlamentari e dirigenti dell’allora PSDI), Fanfani, Piccoli, ecc.

Adolescente, iscritto alla FGCI, continuai a comprarlo e leggerlo allargando il mio interesse anche ad altri aspetti che non fossero solo la geniale ed inimitata, perché inimitabile, satira di Fortebraccio. E fu proprio dalla lettura de l’Unità che approfondii la conoscenza politica di Enrico Berlinguer e ne rimasi definitivamente conquistato. Con l’età, poi, avrei avuto modo di apprezzare, ma dalle colonne di Rinascita, Giorgio Amendola, ma questa è tutt’altra storia “editoriale” e politica. Però, il ricordo di Berlinguer ed Amendola non è affatto casuale perché, il giornale di Partito riportava, e fedelmente, anche le forti contrapposizioni, ad esempio, circa la posizione assunta da quei due dirigenti a proposito delle lotte degli operai della FIAT di inizio anni Ottanta. Per non parlare, con un salto lungo un decennio, dei resoconti su quelle vivaci, appassionate e, per certi versi, drammatiche vicende legate al passaggio dal PCI al PDS senza alcuna precostituita propensione nei confronti della c.d. “mozione due” (il ), a danno della “mozione uno” (il No).

In mezzo e dopo, l’Unità con “Tango”, direttore proprio Sergio Staino, e “Cuore” diretta da Michele Serra (quel geniale titolo, “Torna l’ora legale. Panico tra i socialisti”, potrebbe, ahimè, essere ancora d’attualità con destinatari diversi, considerate le ultime, troppe, vicende giudiziarie che hanno visto coinvolti amministratori Democratici). L’Unità che, assecondando la passione dell’allora direttore Veltroni, distribuiva in allegato cassette di film che hanno segnato la storia del cinema italiano e non solo.
Insomma, un quotidiano vivace, punto di riferimento di lavoratori e intellettuali; un quotidiano in cui il confronto e la diversità di posizioni erano irrinunciabili. Non occorre essere stati comunisti per averlo apprezzato e nemmeno nostalgici. Alcune scelte strategiche ed editoriali furono sicuramente errate costringendolo, per ben due volte, alla chiusura. Ora che è tornato, però, provoca un po’ di tristezza leggere articoli di giornalisti, senz’altro raffinati, riferirsi a dirigenti, amministratori e parlamentari del PD, non propriamente renziani, come dei Marco Travaglio qualunque.
Chissà cosa ne penserebbe Fortebraccio.

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