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Vince Van der Bellen. Un settantaduenne, verde e di sinistra, “salva” l’Austria.

Alla fine, per una decina di migliaia di voti inviati per posta, il Verde Alexander Van der Bellen ha battuto l’erede di Haider, Norbert Hofer leader del partito xenofobo di destra. Pericolo scampato, di poco. Van der Belle, settantadue anni (la Clinton settanta, Sanders più vecchio, il britannico Corbyn ultra sessantenne: la rottamazione non è più un onda mondiale?) guiderà l’Austria allontanando uno spettro che incombeva sul suo paese e sull’Europa.

Il sospiro di sollievo, però, ha il fiato corto. L’ultra destra, favorita e poi perdente, controlla tuttavia il cinquanta per cento dei voti espressi. Nel volgere di pochi anni, ridimensionati o scomparsi i vecchi partiti, questa destra aggressiva è stata a un passo dal potere e, dialogando con la Le Pen e il premier ungherese, avrebbe potuto costituire, nel cuore del Vecchio Continente, il nocciolo duro di un attacco semi-fascista all’Europa democratica uscita dal Secondo dopo guerra. Per fortuna , nel crollo dei vecchi partiti, fra cui la socialdemocrazia austriaca, è sopravvissuto un partito Verde, unico con queste dimensioni in Europa, organizzato attorno alla figura di Van der Bellen, un tempo esponente della socialdemocrazia.

LA CAPACITA’ ESPANSIVA DELLA DESTRA RADICALE – La vicenda del paese confinante con noi dice molte cose. La prima è sicuramente la capacità espansiva della destra radicale, ormai non più fenomeno di nicchia ma formazione a vocazione maggioritaria. Questa prevalenza di partiti xenofobi distrugge la destra moderata e soprattutto manda in soffitta il trasversalismo di chi esalta formazioni politiche né di destra né di sinistra. Dappertutto, infatti, nel mondo lo scontro torna ad essere fra destra e sinistra. Il secondo dato è la prevalenza, sia pure d’un soffio, di un’area politica democratica che combatte per vincere. In questa area prevalgono i partiti o i movimenti strutturati su idee forti, su visioni della società, emarginando i partiti pigliatutto. Non è più vero che in Occidente si vince al centro. Si vince conquistando il voto moderato a partire da una identità chiara, chiaramente contrapposta all’avversario. Se le cose stanno così, la destra e la sinistra italiane devono cambiare se stesse. La destra italiana deve decidere se il suo pivot é Salvini sapendo che, a differenza della destra di Haider e Hofer, questa destra in Italia e’ minoritaria.

ALLA SINISTRA SERVE UN’IDENTITA’ FORTE – Soprattutto la sinistra deve riflettere sul fatto che senza una identità larga che nettamente, dalle politiche, dalle culture, dalle modalità di comunicazione, si distingua, rischia di non farsi comprendere dall’elettorato più generoso, quello che vuole frapporsi alla destra. Che cosa vuol dire una identità forte? Non vuol dire le vecchie ideologie, ma deve essere anche un no alle nuove ideologie: trasversalismo, giovanilismo, parlamentarismo da mercato. Vuol dire progetto e identità. Non bisogna avere paura della paura dei concittadini. In fondo il popolo verde austriaco, e quelli che verdi non sono ma li hanno appoggiati, non credono che solidarietà, accoglienza, lotta alle ingiustizie siano cattive parole.

LE BASI PER UN NUOVO SOCIALISMO EUROPEO – Ci sono le basi per un nuovo socialismo europeo fondato sulle forze che resistono all’ondata di destra. Sono forze nuove che non hanno reciso tutte le radici. Il mondo occidentale sta dicendo cose all’Italia, alla sua classe dirigente, purtroppo troppo occupata a mirarsi allo specchio, come una regina improvvisamente invecchiata e decrepita

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