Buongoverno

Califano/Fioravante: il primo luglio punto d’arrivo dell’alleanza per il lavoro e il programma comune della sinistra

L’alleanza per il lavoro nasce in piazza il 17 giugno
poi, l’urgenza di un programma comune passa dal 18 giugno e dal primo luglio, punto d’arrivo e non di partenza

All’assemblea del 18 giugno, proposta da Anna Falcone e Tommaso Montanari, Articolo UNO ha positivamente aderito. Far dialogare questa iniziativa con quella del primo luglio, come si legge nelle note della dirigenza, è essenziale. Il progetto delineato da Falcone e Montanari, soprattutto come costruzione di un fronte per la democrazia e l’uguaglianza più che nell’idea dal sapore retrò della lista civica nazionale, va nella direzione del nostro progetto e non vi sarebbe quindi alcun motivo per non costruire insieme fin da subito; anzi è già molto tardi. Un progetto di unità della sinistra, basata sui valori che hanno ispirato il passaggio cruciale della storia italiana del 4 Dicembre, che ha riattivato milioni di cittadini a difesa della Costituzione repubblicana. Un’unità, quindi, che potrebbe costruirsi, secondo l’idea di rendere attuata e vivificata la Costituzione su alcuni temi fondamentali, concernenti situazioni di vera e propria emergenza a cui bisogna rispondere al più presto, con il realismo e la concretezza che contraddistinguono i dirigenti di Articolo UNO, ma anche con la fermezza dimostrata dal Comitato del No e, in generale, con la radicalità di soluzione che richiedono problemi radicali: diseguaglianze, lavoro, scuola, sanità, ambiente, sicurezza sociale, equità fiscale. Il cuore di un programma che faccia proprie e affronti queste emergenze, si legge nell’appello, sta nella Costituzione: Articolo UNO nasce per stare da questa parte.

Il primo luglio deve essere un punto di arrivo, non ci sono i tempi per trasformarlo in un’altra gioiosa kermesse. Anche se si votasse nel 2018 a scadenza naturale, non ci si può più permettere le continue interviste di inseguimento e abbocchi fra personalità che propongono diverse topografie: centrosinistra, sinistra, civismo ecc. sono tutte etichette che faticano a trasmettere, poste così, il vero contenuto del progetto politico. Sarebbe bene, quindi, arrivare al 1 Luglio con un progetto unitario già avviato, se questa è l’intenzione comune. Ma l’unità non la si può invocare: bisogna da subito, anzi bisognava fin da ieri, discutere un programma intorno al quale aprire le lunghe e difficili discussioni che servono per costruirlo. Non si rifugga il confronto anche se aspro, ma non si pensi che sia sufficiente sedersi ad un tavolo dell’ultimo minuto per darvi vita. Bisogna che tutti gli iscritti (sottoscriventi a vario titolo) siano coinvolti nella sua costruzione, come nella scelta delle candidature e della leadership; bisogna che sia un programma all’altezza di ingiustizie e contraddizioni che non è più possibile ignorare, non un raffazzonato compromesso a ribasso che gli elettori boccerebbero sonoramente.

Si arrivi, quindi, al 1 Luglio con le idee chiare: dieci pagine, ogni pagina un tema, ogni tema due tre semplici linee guida, volte a delineare i confini di un’alleanza che risponda all’emergenza del paese. Quindi, innanzitutto, che preveda la costruzione di un’alleanza di forze e ceti produttivi, del lavoro e delle istanze popolari e di cambiamento, non di personale politico, che richiami nelle linee guida la discontinuità necessaria con le politiche neoliberiste degli ultimi trent’anni e che mostri l’utilità della Politica. Così scongiurando il rischio di apparire un’ammucchiata di tutti coloro che si definiscono per contrapposizione a Renzi, accomunati da buoni sentimenti, ma anche da un eccesso di politicismo incomprensibile ai più.

Questo programma iniziamo a scriverlo a Roma il 18 giugno. Il giorno prima, rendiamo la manifestazione nazionale del 17 giugno, promossa dalla CGIL, il momento fondativo di un’alleanza per il lavoro, la prima uscita pubblica di quello che non vuole essere un cartello elettorale, ma un fronte di riproposizione dei principi fondanti della Repubblica così come sanciti dalla Costituzione, e sviliti nel tempo, con un’accelerazione eversiva negli ultimi anni che ha reso possibile l’indegno “scippo del referendum” sui voucher di questi giorni. Detto en passant, non è solo una manifestazione contro la precarizzazione e la svalutazione del lavoro: perfino chi ritenesse i voucher uno strumento necessario dovrebbe scendere in piazza in difesa di un diritto costituzionale. Non è ammissibile cancellare uno strumento (qualsiasi esso sia) per decreto per scippare un referendum sostenuto dalla firma di più di un milione di persone e poi reintrodurlo il giorno successivo.

La discriminante – l’unica discriminante – deve essere il programma: chi lo sottoscrive sta dalla nostra parte, punto. Chi lo sottoscrive starà dentro a pieno titolo, con uguali “diritti” e “doveri”. Vale per i partiti, ma vale anche per i campi: si rimettano al centro del percorso le persone, i militanti e un nuovo modo di concepire la partecipazione politica. Tutte le personalità della società civile o che hanno rilevanza mediatica sono benvenute, ma si rifugga il leaderismo e la personalizzazione. Se il contributo di personalità di rilievo è senza dubbio importante – purché si riconoscano in questa “alleanza del lavoro” che immaginiamo (ad esempio, schierandosi con nettezza sulla vicenda dei voucher e del referendum e scendendo in piazza con la CGIL) – non è da quelle che bisogna partire: sarà il processo stesso a definire le figure aggreganti e le proiezioni verso l’esterno del fronte laburista. Anche nei modi, non possiamo che accogliere con favore la disponibilià che viene data da Anna Falcone e Tommaso Montanari, i quali evidentemente non si sentono investiti del gravoso ruolo di deus ex machina proprio della cultura a cui ci vogliamo con forza proporre come alternativi.

Il fronte di sinistra alternativo al neoliberismo si ritrovi nella difesa e attuazione della Costituzione, nelle sue radici fondanti, non solo del socialismo, ma dell’azionismo, del liberalismo e del cattolicesimo sociale. Si ritrovi, cioè, a partire da una proposta per il Paese, radicale come profonde sono le ferite che lacerano l’Italia, ma pienamente ancorata alla tradizione riformista e di governo che il nostro personale politico esprime. A noi pare che ci siano le condizioni per marciare fianco a fianco il 17 giugno, e, all’indomani, discutere alcune chiare, semplici, radicali linee programmatiche comuni. Ci auguriamo che ci siano tutti, ma non si può posticipare la discussione e l’inizio della delineazione di una proposta politica aspettando ogni scheggia impazzita dello scenario politico: per dirla con Falcone e Montanari, siamo di fronte a una decisione urgente. Non è il momento di tentennamenti che troppo sanno di autoreferenzialità, avulsi dal contesto drammatico che vive il nostro paese, incomprensibili agli elettori a cui ci vogliamo rivolgere, e odiosi ai militanti che con entusiasmo hanno animato Articolo UNO fin dai primi giorni e coloro che vi si stanno avvicinando ora. La sofferenza dell’incertezza e dell’attesa non è poi solo di questi ultimi, ma di una pluralità di militanti di altri partiti, di aderenti ad associazioni e di semplici cittadini e cittadine che non aspettano altro che di capire quale sia la nostra idea di Paese e di sviluppo.

Se ci consentite uno sfogo: quando è troppo è troppo! Usciamo dai politicismi e cominciamo a parlare dell’idea di Paese che intendiamo sottoporre al voto degli italiani, dell’infrastruttura di rinnovamento della nostra democrazia rappresentativa e di partecipazione che vogliamo offrire.

Infine un’ultima considerazione che si fa appello: avere una proposta chiara e all’altezza dei tempi significa anche che, comunque vadano le elezioni, se si fa un buon risultato lo si fa con le proprie idee e se non lo si fa, almeno si può costruire su ciò che si è seminato (lo straordinario 40% di Corbyn ci ricorda esattamente questo). Il nostro avvenire, come giovani, come cittadini e come militanti politici, non si può esaurire in una chiamata alle urne.

Nella foto di copertina: Il Buongoverno di Ambrogio Lorenzetti

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