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Come rianimare il Pd

L’ultima Direzione del Pd sara’ ricordata, se sarà ricordata, per lo scontro Boschi-Cuperlo. Quella precedente per un’altra lite. La prossima per una nuova guerriglia. Ogni tanto si vota. Spesso intervengono persone che portano esperienze reali ma sui media arriva solo la rissa. Intendiamoci, nei partiti si discute e si litiga. Nei partiti democratici, quindi non nei partiti personali, nei cosiddetti movimenti, nelle conventicole. Tuttavia se lo scontro e la lite servono per comprendersi, per chiarire le posizioni, persino per avvicinarsi, sono un bene. Se diventano il filmino girato per soddisfare i propri fan, non solo non servono ma neppure é giusto dare la dignità di organismo dirigente ad una inutile cassa di risonanza di posizioni note. L’ultima Direzione non ha aiutato le parti a capirsi. Credo che la colpa maggiore sia della maggioranza renziana che chiede allineamento e voto di fedeltà e sembra indifferente ai dubbi, molti espressi autorevolmente, che il “no” al referendum porta con se’. Eppure un ragionamento come quello fatto da Enrico Rossi, e che si ritrova anche nelle prese di posizione di Enrico Letta, potrebbe dare fiato al “si” referendario. Il “celodurismo” non ha pagato a destra, fallirà a sinistra. Renzi, comunque, ha annunciato di voler anticipare la data del congresso del partito a subito dopo lo svolgimento del referendum. Se mantiene la parola è una decisione saggia.

Il Pd ha bisogno di discutere, di ravvivare i suoi ranghi, soprattutto di rianimarsi. Anche la gestione Renzi è stata tragica per il partito. Il Centro è risultato poco autorevole, le periferie preda di cacicchi, il clima morale allentato. Ha prevalso il modello di non-partito. Cioè la fictio iuris di partito che copriva quello che all’inizio dell’altro secolo si chiamava il Circo Barnum. Non ha giovato il sommarsi della carica di segretario e premier. Una separazione appare urgente. Non ha giovato la diffidenza verso una struttura di partito fluida ma radicata. Ha nuociuto la trasformazione degli organismi dirigenti in luoghi di sola ratifica. È’ del tutto evidente che i modelli del passato sono non proponibili. Ma é altrettanto evidente che il partito-non-partito é una formazione non democratica. Il congresso dovrà anche riscrivere la scala dei valori. Parliamo troppo di meritocrazia, cosa sacrosanta, e poco di solidarietà. Parliamo troppo al vertice del paese ma poco ai lavoratori, ai disoccupati, a quel ceto medio che vede avvicinarsi il burrone del declassamento sociale. Non c’è indagine sociologica seria che non porti alla luce queste sofferenze. Non c’è invece strategia di partito che metta al centro questi temi. La storia dirà se Renzi è stato o non un buon premier. Come segretario di partito ha fallito.

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