Foto Roberto Monaldo / LaPresse
11-04-2017 Roma
Politica
Palazzo Chigi - Consiglio dei Ministri  
Nella foto Pier Carlo Padoan, Paolo Gentiloni

Photo Roberto Monaldo / LaPresse
11-04-2017 Rome (Italy)
Chigi palace - Council of Ministers
In the photo Pier Carlo Padoan, Paolo Gentiloni

Def 2017, come spingere la palla in avanti

Il governo ha varato il Documento di economia e finanza (DEF), ancora da completare per le divergenze ancora esistenti nella maggioranza, per correggere innanzitutto i conti dei 3,4 miliardi, richiesti dalla Commissione Europea. Un documento importante sia per l’attualità stringente sia per una visione delle prospettive della politica economica del governo nel prossimo triennio, attraverso il DEF che è il principale strumento di programmazione.
Il deficit 2017 dovrebbe fermarsi al 2,1%, per effetto anche della crescita, prevista in rialzo dall’1 all’1,1%. La novità è che il debito, dopo 10 anni di aumenti, resta sui livelli del 2016. Il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha confermato gli interventi verso gli enti locali, quelli per il terremoto e altre misure per la crescita.

Vista l’eterogeneità delle forze sulle quali si appoggia il Governo c’è da attendersi un percorso ad ostacoli per la sua approvazione. Dovrebbe saltare per il momento la riforma del catasto e vengono confermate le “privatizzazioni” ma con un ricavo di 5 miliardi (inferiore agli 8 previsti) da destinare a riduzione del debito. Nell’operazione dovrebbe entrare la Cassa depositi e prestiti, la cui natura di azienda privata, come si sa, è quantomeno dubbia.
Per il resto, come in passato, si “spinge la palla in avanti” fissando la crescita del 2018 e del 2019 all’1% (l’impennata si avrebbe invece nel 2020), poiché i prossimi due anni saranno condizionati, come dichiarato dal Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, da una “stance politica fiscale molto stringente”. Secondo il Ministro, l’aggiustamento di 3,4 miliardi si avrà migliorando l’efficienza della macchina tributaria e con la consueta promessa di lotta all’evasione. Pochi e non ancora definiti i tagli di spesa.

Verrà mantenuto l’impegno di 2,8 miliardi per il pubblico impiego, con un aumento medio pro capite di 85 euro, e annunciato lo sblocco del turnover fino al 75% per il personale dei Comuni.
 Cinque miliardi di investimenti andranno al contratto di programma con l’Anas, per completare lavori e per la manutenzione stradale.
Sul lavoro è positivo il tentativo di una scossa sui premi di produttività, con la contrattazione di secondo livello (aziendale e territoriale), per incentivare il coinvolgimento dei dipendenti nell’organizzazione interna. Le aziende che perseguiranno questo obiettivo beneficeranno di uno sconto sull’aliquota contributiva.

Per superare le disuguaglianze sono previsti: il varo del Reddito di Inclusione (un sostegno economico ai nuclei in povertà); il riordino delle prestazioni assistenziali, il rafforzamento e l’omogeneizzazione dei servizi sociali a livello nazionale.
Una parte importante delle entrate (da verificare ex post) arriveranno dall’estensione dello split payment ad altre categorie finora escluse. E’ noto, infatti, che l’evasione Iva è un grosso problema italiano, con un tax gap stimato in oltre 40 miliardi.
Finite le agevolazioni del Jobs Act, il governo sta studiando una misura specifica per i giovani, da inserire nella legge di Bilancio. Dovrebbe trattarsi di uno sgravio triennale verso il primo impiego, per generare 50-60mila nuove assunzioni all’anno, con un costo iniziale di 1 miliardo per attestarsi a 3-4 miliardi a regime.

Entrano nel DEF quattro nuovi indicatori per misurare il “benessere equo e sostenibile” (Bes): il reddito medio disponibile, un indice di diseguaglianza, il tasso di mancata partecipazione al lavoro e le emissioni di CO2 e di altri gas. Ciò nell’idea che i governi si impegnino a migliorare complessivamente la qualità della vita dei propri cittadini. 
Mentre i sindacati si dichiarano “pronti allo sciopero generale senza le necessarie risorse per il rinnovo dei contratti pubblici“, visti i “rumors” sulla mancanza di risorse adeguate, il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, pur non conoscendo il dettaglio del DEF, ha giudicato positivo l’impegno del governo. L’Italia, dice Junker, «sta facendo grandi sforzi per tenere sotto controllo il proprio deficit pubblico. Tuttavia, sul medio e lungo periodo, per salvare sé stessi e l’Unione monetaria, è necessario che gli italiani risanino in modo decisivo le proprie finanze pubbliche e in particolare il loro enorme debito».

Il DEF conferma la continuità del governo Gentiloni con la politica economica del governo Renzi e l’impegno a sostituire le clausole di salvaguardia previste con altre misure. Si guarda molto alla cassa (i 3,4 miliardi) ma c’è poco per la la crescita.
Insomma un mix di balzelli, regole fiscali che cambiano e l’evergreen del contrasto all’evasione; con le sole opportunità di sviluppo legate alle infrastrutture.

Se rispettati, gli impegni assunti dovrebbero comportare una manovra pesante per il 2018. Sembra quindi evidente che in autunno si aprirà una trattativa su debito e deficit sia con la Commissione UE sia con il Parlamento italiano. Come negli scorsi anni si cercherà di aumentare il deficit 2018, oggi previsto all’1,2%.

Il governo si affida anche a una conclusione favorevole dell’istruttoria per rivedere i criteri di calcolo del deficit strutturale. Un diverso calcolo del PIL potenziale comporterebbe infatti una minore correzione dei conti.
Resta comunque l’opzione di una disattivazione parziale delle clausole di salvaguardia, con un aumento più ridotto e mirato dell’Iva. Su questa opzione c’è da attendersi la forte opposizione del PD, il che potrebbe aprire la strada alla crisi e ad elezioni anticipate.
Entro il 30 aprile, il DEF dovrà essere approvato dal Parlamento ed inviato al Consiglio dell’Unione Europa e alla Commissione Europea.

Il percorso di riduzione del debito è ineludibile, lo prova anche il caso virtuoso del Portogallo.
Al di là delle interpretazioni di parte, le politiche economiche del nuovo governo portoghese sono risultate efficaci, facendo crescere il PIL sopra la media europea e, cosa ancor più importante, riducendo il deficit di bilancio e il rapporto debito/PIL.
Il problema sta tutto qui: ciò che importa è far crescere il PIL più del debito. 
La terapia portoghese è stata di crescita con rigore e con nuove imposte che non hanno compresso i consumi: ciò ha avuto, come ovvia conseguenza, la riduzione della disoccupazione e un deficit pubblico sostenibile. Il risultato ha portato pure alla discesa dei tassi sui titoli di Stato portoghesi, il cui rendimento si sta ora avvicinando (pericolosamente per noi) a quelli italiani.
Il che conferma ancora una volta che il rientro del debito, il rispetto dell’odiato “fiscal compact” (non importa con quali mezzi si consegue) paga due volte: la prima con un migliore bilancio tra entrate ed uscite, la seconda col calo del costo del debito pubblico concesso dalla maggiore fiducia dei mercati.
L’economia è una scienza triste, ma al fondo, è anche una materia semplice.

Nella foto di copertina: Il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni

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