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Dopo le liste servono i partiti, e a sinistra c’è spazio per una formazione alla Corbyn

Non c’è dubbio che la non edificante vicenda della formazione delle liste ha dimostrato ancora una volta la fragilità del sistema politico italiano, frutto del fatto che i partiti sono sempre meno partiti e che quelli che li guidano (quasi sempre) sono contenti e profittano di questo stato di cose che favorisce il capo anche a danno della sua formazione politica. Una giovane candidata di Liberi e Uguali, Rosa Fioravante, in un’accorta riflessione sui social osservava come non ci siano più gli “ismi” (socialismo, liberalismo, popolarismo) nei partiti. E’ così, e non è una cosa buona anche se molti commentatori, più conformisti che analisti, ci spiegano da anni che così va il mondo, dopo che non ci sono più le ideologie.
Ma costoro non hanno tenuto e non tengono conto del fatto che gli ismi pur rifacendosi alle ideologie (che poi sono la storia del pensiero politico) producevano anche idee forti: la democrazia, le garanzie della libertà, i principi di eguaglianza e magari leggi elettorali che consentivano ai cittadini la scelta dei propri rappresentanti. Per portare acqua al proprio mulino gli stessi commentatori ci fanno l’esempio di Tony Blair e di Macròn, che avrebbero avuto il merito di aver superato la vecchia socialdemocrazia. Fatte le debite differenze di tempo e di merito tra Macròn e Blair, si potrebbe affermare che in questo modo non ci si mette alle spalle il vecchio massimalismo socialista, ma il riformismo socialista, che a Bad Godesberg aveva rotto con le ortodossie vetero marxiste per scoprire la via gradualista a quelle che si chiamavano le riforme di struttura. Insomma: al massimalismo delle ortodossie la sinistra sostituiva il realismo e il concretismo dei riformatori.

Fu in quegli anni che in Italia, che aveva la pecurialità di avere il più forte partito comunista del mondo occidentale, ci fu la prima svolta sinistra: il centro-sinistra di Moro, Fanfani, Saragat, La Malfa, Nenni. In quel periodo furono fatte importanti riforme. Su scuola, sanità, lavoro (statuto dei lavoratori con articolo 18) e, perchè no la nazionalizzazione dell’energia elettrica.
Facciamo un nuovo salto in avanti e veniamo ai giorni d’oggi. Gli “ismi” sono stati messi da parte. E l’abolizione dell’articolo 18, che facilita i licenziamenti è stata considerata anche da chi si definisce di sinistra una importante riforma. Intanto il lavoro è stato precarizzato sempre più,e i tagli a scuola e sanità sono sempre più all’ordine del giorno. In compenso ci sono i bonus (gli 80 euro). Insomma siamo dinanzi a un riformismo nel quale le riforme di struttura sono (raramente) compensate da qualche mancia cheha più immediata visibilità. Come si vedevano i pacchi di pasta che venivano distribuiti al popolo napoletano da Achille Lauro negli anni ’50.

In questi giorni molti commentatori hanno cercato prima di trovare in Renzi e nel renzismo una sorta di Macròn italiano. E certamente il segretario del Pd ha cercato di collocarsi nel campo di Macròn e di accreditarsi in tal senso. Poi però ha fatto da solo e contro tutti le liste che riassumerei così: deboli al Nord, conservative al centro e clientelari al Sud. Insomma Macròn non sembra essere dalle parti di Firenze e forse lo stesso Renzi non lo vuole, temendo che alla fine anche i suoi sponsor macronisti potrebbero preferirgli qualcun altro: Calenda, Gentiloni, magari la Bonino. E allora meglio accontentarsi di fare una ridotta di fedelissimi di quel che resta del Pd per tirare a campare.

Intanto a sinistra c’ è spazio per fare un partito alla Corbyn. In Italia e anche in Europa, visto che un riferimento socialista quelli di Ventotene lo cercavano. E quello, io credo dovrà essere il primo compito del dopo elezioni (ma qualcosa si può fare da adesso) di coloro che si sono ritrovati in Liberi e Uguali. Un partito che abbia anche il suo “ismo“, nel senso di collocarsi con orgoglio e passione nel solco del socialismo europeo (quello dei Brandt e dei Nenni) e del popolarismo cristiano (Sturzo, Moro, magari aggiornati e rinvigoriti dall’ispirarsi a Papa Francesco). Un partito riformista per fare riforme che non siano controriforme (vedi il job act). Il tutto magari corroborato da un buon risultato elettorale.

Nella foto di copertina: Assemblea nazionale di Liberi e Uguali

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