Rivoluzione socialista

Dove andiamo? La Rivoluzione socialista di Enrico Rossi

“Verrà il giorno delle divisioni reali…, delle feconde lotte politiche. Le farà nascere non foss’altro la questione sociale che s’avanza minacciosa” (P. Villari Dove andiamo ? , Nuova Antologia 1893 corsivo mio np)

“In corridoio non abbiamo una mucca, un po’ scomoda ma… animali più pericolosi …: uomini astuti… avidi di soldi e di potere, promotori di sciagure…”(A. Tortorella Il Manifesto 29/07/2017)

I Mondializzazione e partito nuovo

Nella nuova edizione del testo di Enrico Rossi: “Rivoluzione socialista. Idee e proposte per cambiare l’Italia” (Roma, Castelvecchi 2017. II ediz), le questioni affrontate nel mezzo della lotta politica costituiscono un contributo singolare di intuizioni, di riflessioni, di indicazioni, utili per focalizzare, oggi, i lineamenti di una identità di sinistra .
In un andirivieni tra cronaca degli eventi e loro collocazione strategica, i temi e gli interrogativi sono esposti nella necessità di una consapevolezza più sofferta e rigorosa, per il militante e per il dirigente. Non a caso, la costruzione di “una grande forza popolare” è considerata “la risposta ad una esigenza storica” di “una sinistra… che sta ritrovando il filo” (p. 20. Ma cfr la sezione “Democratici e socialisti”).

Il presupposto delle considerazioni di Rossi sembra essere generato dalla percezione di una generale decivilizzazione della società e della sfera pubblica. (pp. 79,93,95 e passim.) Il presidente della regione Toscana è come se avesse riscontrato nella sua quotidiana pratica istituzionale ed amministrativa quanto questo tratto colpisca l’organizzazione dei partiti e al loro interno il rapporto tra ceti dirigenti e masse.
Quasi che il disastro a sinistra, avvertito da Luciano Canfora (“l’emorragia di voti ”, il regalo alla Lega del]la classe operaia lombarda”, le ”emigrazioni bibliche verso i Cinquestelle e …. Fratelli d’Italia”. Cfr Il Fatto Quotidiano 16 giugno 2017 ) mostrasse una ulteriore articolazione dei suoi effetti (cfr. “Lo spirito di scissione” p. 125 e il paragrafo “Diritti e umanità” (p.165 e passim).

Due sopratutto si evidenziano in questa sorta di manifesto, proposto da Rossi; ed entrambi riguardano la forma partito (pp.7,9,11,98, 139 e passim.):
I) Facendo “perdere milioni di voti”, “l’inganno delle larghe intese” relega nel passato , il partito amalgama, “modello pigliatutto” di Veltroni.
II) “la scelta di campo socialista”, ratificata con la nascita di Mpd, dopo l’assemblea al teatro Vittoria del 18 febbraio, imprime una accellerazione/ modificazione, tanto di quello che gli studiosi chiamano il “Partito Old style” di Bersani, quanto di quello che gli stessi studiosi definiscono il “partito pragmatico” di Renzi.. (Per la loro definizione, comparazione e indagine Cfr P. Natale , M.L.Fasano L’utimo partito. 10 anni di Partito Democratico Torino Giappichelli 2017).

Nel nuovo partito che si prospetta col Movimento dei progressisti democratici, convergono attori inediti, organizzazioni e figure che provengono dal contraddittorio assetto della mondializzazione. Rossi include Corbin, Sanders e Papa Bergoglio come intellettuale collettivo; la critica sociale della Chiesa; l’impegno oscuramente eroico delle organizzazioni non governative, del volontariato, dell’associazionismoe e della militanza rosso verde. Nella sua prospettiva il filo che ricostituisce l’ identità di sinistra tiene conto dell’utopia come pratica politica ed amministrativa— con buona pace di Cacciari e dell’Italian Teory

II Questione sociale e partito nuovo

Rossi mette a fuoco alcuni elementi del Partito pragmatic che emergono saldamente, sul “campo”, lungo i limiti effettivi del plebiscito conseguito dal gruppo dirigente PD nella battaglia per la segreteria .
Il Partito Democratico, sostiene Rossi, è parte di una crisi continentale del socialismo” , “ può salvarsi solo ridefinendo la propria identità politica e culturale, i propri riferimenti sociali e un programma di trasformazioni profonde per il Paese”.
Sul versante economico, la riconduzione dell’ineguaglianza, della povertà e della questione sociale ad un problema di assistenzialis mo è l’accento che più contrasta con una prospettiva di sinistra, anche di tradizione cattolica (Cfr Il piano inclinato di Romano Prodi) – e specie in Italia dove la questione sociale ha coinciso con quella meridionale.
Sul versante politico, la retorica contro lo stato, i corpi intermedi il sindacato, l’opposizione interna si inscrive negli snodi di una “cultura neoreganiana”, nella “subalternità linguistica e ideologica” al neoliberismo . Sotto accusa è la pretesa cesaristica , il “disegno plebiscitario”, la “demonizzazione” dei comitati del no, che ha portato alla divisione del paese; (p. 7,9,10, 11, 140).

In tale quadro il programma del partito e del governo, a cui pensa Rossi, non può che essere orientato “sulla protezione, sociale, sui diritti universali e su un new deal europeo”, p. 16, . 123 137. E’ riassumibile in pochi e determinati titoli che rimandano ogni volta alle politiche irrisolte del partito pragmatico: investimenti e piena occupazione; contrasto al capitale finanziario; istruzione e sanità per tutti. etc (v. p. 137). Quasi fosse riapparso, rafforzato, con la svolta al “centro” del PD, l’orizzonte d’ordine ,“legalitario” e a un tempo “compassionevole”, dei “vinti” : dei nuovi inermi, travolti dal ciclo della “nuda vita” (per dirla con Agamben. Ma cfr il film di Pasquale Cimeca dedicato al personaggio di Giovanni Verga, Rosso Malpelo, 2007).
Certo, questo non solo nel contesto delle alleanze in Sicilia per le imminenti elezioni! La precarizzazione del lavoro, il progressivo smantellamento dello Statuto dei Lavoratori, il declino del ceto medio, la questione generazionale, le disparità sociali, la cittadinanza, l’illegalità, la criminalità, il degrado dei quartieri periferici, la passività verso il nuovismo tecnologico (pp. 11, 16, 17, 18, 21, 123): ecco il dipanarsi e il ricominciamento “nazionale”, indicato da Rossi, di quel “ciclo” e di quell’orizzonte.

Per fronteggiarlo costituzionalmente, cioè idealmente e materialmente, si fa accenno nel testo tanto ad una strategia dirimente della questione sociale (una richiesta che si ritrova, forse, in qualche modo, da Giovanni Verga, ad Henry De Luca) ; quanto ad una mediazione capace di ricongiungere l’iniziativa delle massi popolari con le elite intellettuali
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Occorre “ridare voce ai valori di sinistra” (Cfr. “Enrico Berlinguer e la futurologia ” pp. 141-143). Tra le parole-chiavi in merito a questa voce, troviamo: Rappresentanza, Partito, Goveno; Gramsci e Di Vittorio, Sylos Labini e Foa, Spinelli e Colorni, i socialisti liberali….
La presenza inquietante della mucca o altri animali nel corridoio – ovvero “la destra profonda che si ricompone attorno a problemi antichi” – spinge a riprendere criticamente, anche nel breve periodo, “le migliori esperienze del movimento operaio socialista e comunista … incise nella storia d’Italia” (pp.10, 25 124, 136 corsivo mio np).

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