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I “populismi” non si fermano al Circo Massimo e passano anche dalla Leopolda. E Salvini se la gode anche a Bolzano.

C’è un singolare parallelismo tra come Beppe Grillo manda i suoi vaffa dal Circo Massimo e come Matteo Renzi prova a rilanciare sè stesso (anche a discapito del partito del quale è stato segretario e dal quale non è ancora uscito) dalla affollata kermesse della Leopolda. Il parallelismo è dato dai comuni percorsi (comune non vuol dire uguale) antipolitici di due personaggi più mediatici che politici. E’ un format mediatico quello della politica a botte di click e insulti. Lo è altrettanto quello della Leopolda e delle sue numerose e rumorose edizioni, dove sono protagonisti di volta in volta le rottamazioni (riferite a persone), le auotoesaltazioni del tipo “abbiamo già vinto tutto“, “il futuro è nostro ed è già cominciato“. Salvo poi, dopo le sconfitte, ripiegare su un più convenzionale e classico “ritorno al futuro“, dove però il protaganista resta una solo: Lui, Matteo Renzi, l’uomo che sa rinunciare alle poltrone per difendere la propria politica.

Nella foto: Beppe Grillo al Circo Massimo

Già la politica, ma quale? Alla stazione della Leopolda se ne è vista poca e quella che si è vista si è limitata a sbraitare che si è perso per colpa dei nemici interni: dei Bersani e dei D’Alema, ma non solo. Ora anche degli Zingaretti e dei Franceschini e naturalmente dei Gentiloni e forse in parte anche di un Minniti sempre più incerto su una sua possibile candidatura alla segreteria del Pd nel nome del continuismo renziano.

Massimiliano Panarari scrive oggi su “La Stampa” e ci spiega la cultura pop della Leopolda definendo l’appuntamento fiorentino “contenitore antipartitico capace di catturare il favore dell’opinione pubblica avvalendosi in maniera programmatica del politainment“. Ovvero della “contaminazione tra la politica e i codici della cultura pop“. Il risultato concreto, però, è che al momento l’antipartitismo renziano e leopoldino è in grado di mettere concretamente in campo ben poco. Cosa? I comitati civici di geddiana memoria, affidati alla sapiente regia di Ivan Scalfarotto. Ancora una volta la montagna partorisce un topolino, al quale si affida quella che dovrebbe essere la resistenza all’altra antipolitica vincente, quella di Grillo e Salvini. Il tutto per evitare una seria analisi politica delle sconfitte elettorali e, magari, per mettere i bastoni tra le ruote agli ingranaggi di un Congresso (chissà se e chissà quando) già difficile di suo.

Conclusione. La Leopolda è l’antipolitica trionfante. Al posto del pensiero politico c’è Bonolis e un format e come ha brillantemente descritto Alessandro De Angelis su HuffingtonPostincentrato su uno show man, sublimazione del berlusconismo e la versione renziana dei meet up, modello che i comitati civici ripropongono“. C’era una volta la politica. Che in questo cornice ad avvantaggiarsi siano soltanto i Grillo e i Salvini è, purtroppo, conseguenza ineludibile.

Foto in evidenza: La Leopolda 9

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