Le Considerazioni finali del Governatore Ignazio Visco del 31 maggio sono le ultime del suo mandato che scade in autunno. In dubbio la sua riconferma, anche se può contare sull’appoggio del Presidente BCE, Mario Draghi, non a caso presente all’assemblea e del Presidente della Repubblica.
Come di consueto i temi spaziano dall’economia mondiale a quella europea e italiana, per poi toccare le aree di attività della Banca. Mi soffermo qui sull’economia: Visco parte dalla politica europea, che ha colto tardi la necessità di frenare i rischi di rottura dell’unione monetaria, ritardando il “whatever il takes” di Draghi, che troncò la speculazione sui titoli sovrani. I tedeschi e la Commissione Europea allora insistevano sulla necessità di “fare i compiti a casa”, piuttosto che mettere in sicurezza la tenuta della moneta unica.
Nei suggerimenti proposti per il rientro dall’elevato debito pubblico Visco propone un sentiero simile a quello tracciato da Pierluigi Ciocca, già membro del Direttorio della Banca. “Un tasso di crescita annuo intorno all’1%, l’inflazione al 2 e … un avanzo primario (cioè al netto degli interessi) del 4% del PIL … consentirebbe di ricondurre il rapporto tra debito e prodotto al di sotto del 100% in circa dieci anni. Con una crescita più elevata, conseguibile in un quadro di riforme incisive, di ripresa degli investimenti e con una diversa composizione del bilancio pubblico, i tempi sarebbero più brevi”.
Ciocca nel suo intervento a “Fondamenta” del 20 maggio scorso declina in modo analogo la sua ricetta: “Occorre completare il risanamento delle pubbliche finanze .. quindi bisogna che il bilancio pubblico italiano continui a muovere verso il pareggio di medio termine. Io penso che vi siano spazi sul fronte della spesa pubblica di parte corrente” … continua Ciocca: “A quel punto il debito pubblico si avvia a soluzione nell’assunto che il denominatore del rapporto fra debito pubblico e prodotto cresca, per via dei prezzi, 2%, e sperabilmente per una crescita della produzione di un altro 2%. Se si divide 130, che è il debito pubblico, per un numero che non sia 100, ma 104 il prossimo anno, 108 il successivo, si vede immediatamente che emerge una tendenza benevolente.”
Visco si sofferma poi sugli investimenti pubblici: “Un aumento delle risorse dedicate alla ristrutturazione del patrimonio immobiliare esistente, non solo pubblico, e alla prevenzione dei rischi idrogeologici, oltre che al contenimento delle conseguenze di quelli sismici, avrebbe effetti importanti sull’occupazione e sull’attività economica, in misura più accentuata nel Centro Sud”. Visco pensa di finanziarli anche con un controllo della spesa. “Restano ampi spazi di razionalizzazione nell’allocazione delle risorse pubbliche che vanno indirizzate verso obiettivi di medio-lungo periodo”.
Sulla spesa Ciocca a “Fondamenta” si esprime così: “In particolare, due voci considero aggredibili. La prima è quella delle spese eccessive a prezzi eccessivamente elevati per appalti e forniture, o acquisti di beni e servizi. Grossomodo dieci punti percentuale di PIL. Io resto convinto che una buona amministrazione possa risparmiare sui prezzi e fare spazio a circa un paio di punti di PIL su quel fronte.” E sugli investimenti pubblici Ciocca muove nella stessa direzione: “Io sono malato di questa malattia: investimenti pubblici, buoni investimenti pubblici, perché contemporaneamente sostengono la produttività del sistema economico e, grazie al loro effetto moltiplicativo particolarmente forte, alimentano la domanda. Il problema del loro finanziamento l’ho in parte già risolto, finisco di risolverlo con Keynes, il quale ha insegnato che buoni investimenti pubblici, nel volgere di un tempo non lungo, si autofinanziano.”
Occorre dire che il saldo primario del 4%, richiamato da Visco, comporta politiche di bilancio rigorose, ma necessarie, per non farsi cogliere impreparati di fronte alla normalizzazione della politica monetaria BCE dopo la fine graduale del quantitative easing. Come dimostra il caso del Portogallo, che con politiche ancorché di “sinistra” ha avviato sia il risanamento del proprio bilancio pubblico sia una crescita importante del suo PIL; i mercati – rassicurati dalle migliori prospettive di rientro del loro investimento – hanno comprato a mani basse i titoli pubblici portoghesi, facendo crollare in modo clamoroso i tassi di interesse e lo spread dei titoli pubblici. Rigore e crescita sono assolutamente compatibili; molti paesi dell’Eurozona crescono più della media pur avendo fatto scendere il rapporto debito pubblico/Pil con bilanci in pareggio o in avanzo.
I richiami del Governatore a una politica responsabile, che definisca “programmi chiari, ambiziosi, saldamente fondati sulla realtà” per portar fuori l’Italia dalla crisi, sono diretti agli attuali e ai possibili nuovi governanti. Mentre la politica si divide su legge elettorale e data delle elezioni, Visco richiama un punto fermo: chiunque vinca deve preservare l’equilibrio dei conti in un quadro di crescita. Senza ripetere errori passati: “l’insufficiente riduzione del rapporto tra debito e prodotto realizzata nelle fasi economiche favorevoli ci ha costretto a correzioni pro-cicliche durante la crisi”. In altri termini, se ora l’economia va meglio, bisogna approfittarne per fare ciò che serve per far scendere il rapporto tra debito pubblico e Pil.
Facile a dirsi, difficile a farsi. La crescita dell’1,2% prevista per il 2017 prevede aumenti automatici di imposte per circa 15 miliardi, che nessuno vuole. Per non farli scattare, viene incontro al Governo la ragionevole richiesta di flessibilità di 9 miliardi concordata, senza i clamori mediatici passati, con la CE. Il resto può venire, come dice Visco, rivedendo la materia dei trasferimenti alle imprese nonché le agevolazioni ed esenzioni fiscali e proseguendo nel contrasto all’evasione. Insomma, se si taglia nelle agevolazioni ed esenzioni fiscali, si può ridurre la spesa e anche dare spazio agli investimenti pubblici. Quegli investimenti che eravamo impegnati a fare in cambio della flessibilità concessa nel 2016 e che invece, nel consuntivo di quell’anno, sono ancora scesi. Sulle entrate, il Governatore sottolinea l’esigenza di spostare la tassazione dal lavoro agli immobili e ai consumi.
A parte le polemiche che hanno accompagnato le Considerazioni di Visco – soprattutto sulla Vigilanza creditizia, oggetto di un prossimo articolo – le parole di via Nazionale contengono un utile messaggio per tutta la politica: il quadro di finanza pubblica descritto dalla relazione andrebbe incorporato nei programmi elettorali dei partiti, seguendo gli esempi virtuosi di altri Paesi che, entrati nella moneta unica con alti tassi di debito (il Belgio è illuminante in proposito) hanno saputo mantenere la strada del rientro graduale verso livelli adeguati, a prescindere dalle forze politiche che si sono alternate alla guida.
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Nella foto di copertina: Ignazio Visco, il Governatore della Banca d’Italia