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Articolo 1 verso LeU: una festa che sembra un Congresso ma non c’ è ancora un partito

Nel primo giorno della Festa di Articolo 1 Mdp verso LeU la sensazione è quella di trovarsi in un Congresso, di quelli alla vecchia: nei quali prima di votare chi sarà il leader e il gruppo dirigente si discutono e si analizzano i contenuti politici: insomma, il che fare viene prima di chi comanda. E così tocca a Pierluigi Bersani, intervistatato da Marco Travaglio spiegare come si dovrà provare a contenere e contrastare l’egemonia salviniana che caratterizza l’attuale governo e che proprio ieri ha trovato in Silvio Berlusconi un nuovo vecchio sostenitorei. Il “dove va questa Italia” viene poi sviluppato in una tavola rotonda alla quale partecipano Anna Falcone, Peppe Provenzano e Alfredo D’Attorre. Infine, i temi del lavoro e i danni provocati dal job act e le politiche per la buona occupazione sono al centro di un dibattito con Susanna Camusso, Andrea Orlando, Nicola Fratoianni ed Enrico Rossi.

I temi dunque sono quelli di un congresso di partito. Eppure questo partito non c’è ancora e pesa questo vuoto non ancora colmato a sinistra, nonostante il milione e passa di voti ottenuto dalla lista di LeU nelle elezioni del marzo scorso. Pochi per poter parlare di un successo elettorale, ma sicuramente abbastanza per avere quasi il dovere di darsi una struttura ed una organizzazione politica. Cosa particolarmente urgente se si tiene conto che a maggio ci saranno le elezioni europee, le quali si svolgono con un sistema che più proporzionale non si può. Si spiega anche così l’iniziativa del comitato di Liberi e Uguali di Milano che chiede sia avviato e portato a conclusione (entro il 2018) il processo costituente secondo i deliberati già assunti. Su questo punto per ora non sono venute risposte definitive e vedremo se verranno nel corso della Festa.

Qui mi permetto esprimere un’opinione che è anche una domanda. Che forza politica può avere LeU o i soggetti che in esso potranno riconoscersi per esercitare il suo ruolo nel costruire quel campo largo che Bersani ha ieri definito “una sinistra popolare“, se non avrà a una sua definita forma partito? Certo il campo della sinistra non si ferma a LeU e guarda e deve guardare anche al congresso del Pd, sempre che si faccia e non si riduca al rito delle primarie. E se questo partito (periodo ipotetico di terzo tipo ha lasciato intendere Bersani, ovvero della irrealtà) si derenzizzasse prima delle europee forse la costruzione di quella sinistra popolare sarebbe più rapida e più agevole. Al momento, però, la derenzizzazzione è tutt’altro che scontata, viste le minacce del tipo “non vi libererete di me” e l’incombere dell’ennesima Leopolda.

Ma anche per fare accordi, io credo, è indispensabile un punto di partenza politico e organizzativo (un partito appunto). Se no i generosi militanti delle forze che dovrebbero costituire e si sono spesi per costruire LeU dovrebbero limitarsi a guardare quel che accade nel Pd.

Le prime risposte che sono venute dalla giornata di ieri sono state chiare e nette almeno su un punto. Il fronte repubblicano che, secondo Calenda dovrebbe andare da Tsipras a Macron è del tutto improponibile e non è neanche conveniente vista la legge elettorale per le europee. Al momento Macron, ma anche lo stesso Calenda sembrano entrarci poco con quella sinistra popolare alla quale guarda Bersani. E qui va registrato come anche Peppe Provenzano (che la sua battaglia la svolge da iscritto al Pd) non sembra guardare nè a Macron nè a Calenda. Anzi, indica una sorta di peccato originale della nascita del Pd proprio in quella conclamata “vocazione maggioritaria” che per tappe successive ha portato a dare al Pd una connotazione sempre più centrista che di sinistra. Al punto che il segretario del Pd (Renzi) non soltanto ha detto di preferire Marchionne alla storia del sindacato italiano, ma ha anche spiegato che i voti andavano ricercati più tra chi votava Berlusconi che tra gli elettori tradizionali della sinistra. I risultati di sono visti poi al voto del 4 di marzo.

Naturalmente per provare a costruire una sinistra popolare serve andare a cercare di recuperare quei voti di sinistra che, come ha ricordato Bersani, che il 4 marzo sono andati ai 5 stelle, ma anche alla Lega. Come? Facendo e proponendo cose di sinistra su scuola, lavoro e altro senza sottovalutare che quelli che hanno votato Lega e 5 Stelle non sono aprioristicamente i nostri nemici, ma che anche sulla questione emigrazione pongono qualcosa che è sentita anche “dalla nostra gente“, e che non si può ridurre ad un errata percezione. E qui l’ex segretario ha giustamente ricordato come Togliatti nelle sue lezioni sul fascismo del 1935 spiegavano che non si dovevano considerare necessariamente come nemici le masse popolari che avevano aderito al fascismo. Ma che queste andavano, invece, riconquistate.

Fin qui i temi e i contenuti politici della festa. Che da oggi si svilupperanno per altri tre giorni. Resta aperto il problema politico-organizzativo della forma partito sul quale è chiamato a pronunciarsi il Coordinamento nazionale che si si riunirà domenica mattina prima della conclusione della Festa. Di rinvii ce ne sono stati anche troppi e non hanno certo giovato nè a LeU nè alla prospettiva della sinistra popolare.

Foto in evidenza: La festa di Articolo Uno in corso a Roma

 

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