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Il Contratto e la reazione dei mercati (primi assaggi)

Un breve riassunto: domenica sera il “Contratto” era pronto, mancava solo il premier. Un’inezia, non c’era il nome del responsabile della politica del Governo, anche nel mondo. Un Presidente del Consiglio, ridotto, dai nuovi “eletti dal Popolo”, a un amministratore condominiale, che parte pure screditato.
Improvvisamente, si scopre che ballano ancora tante questioni. Che le mirabolanti promesse elettorali (riforma legge Fornero, flat tax, reddito di cittadinanza etc.) fossero senza coperture reali era stranoto da tempo. Si tratta a spanne di circa 100 miliardi all’anno da finanziare con tagli o tasse, non certo con spendig review o l’eliminazione delle tax expenditures (le detrazioni o deduzioni dal reddito di vario tipo e natura).
La novità vera è, che pubblica lunedì la bozza del “contratto”, dove è scritto come si vorrebbe finanziare quanto promesso. Si legge di procedure da avviare per uscire dall’euro, per far recuperare all’Italia la sovranità monetaria, o per una uscita concordata, nel caso che ciò corrisponda alla “volontà popolare”. In sostanza, il referendum consultivo sull’euro che nei 5 stelle uno nega e l’altro ripropone.

Ovvio che una volontà di uscire dall’euro scatenerebbe un grosso attacco dei mercati – di cui si è subito visto un assaggio – con tutte le conseguenze immaginabili. Aggiungo, che uscire dalla moneta unica, comporta anche il pagamento dello sbilancio del sistema dei pagamenti Target 2, oggi passivo per l’Italia per oltre 430 miliardi e destinato a crescere con l’aumento (certo) degli acquisti di titoli esteri da parte dei risparmiatori.

I mercati leggono nel “contratto” la richiesta alla BCE di cancellare 250 miliardi di titoli pubblici acquistati durante il quantitative easing. In verità quei titoli di Stato acquistati stanno per l’80% circa nel bilancio della Banca d’Italia, che non può stampare moneta per coprirlo. Basterebbe solo questo per alimentare fughe di capitali e crisi di liquidità da spread come ben spiegato dal vice direttore generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini nella sua audizione sul DEF al Parlamento (http://www.bancaditalia.it/media/notizia/audizione-di-luigi-federico-signorini-sul-documento-di-economia-e-finanza-2018/).

Quel contratto comprende anche un fondo da 200 miliardi da creare, conferendo a una società (presumo la Cassa depositi e prestiti, cioè il gestore dei risparmi postali dei piccoli risparmiatori) di gran parte del patrimonio pubblico. Una idea balzana, che fa impallidire le disastrose operazioni di tremontiana memoria, SICIP1 e SICIP2, che hanno fatto arricchire, a spese nostre, le società estere che sottoscrissero quelle obbligazioni a condizioni capestro.

E ancora, il “Comitato di conciliazione”, un organo a latere del Consiglio dei ministri per gestire “conflitti” e decidere su tematiche nuove e questioni urgenti (crisi internazionali, calamità naturali, ordine pubblico, etc). Un Comitato ristretto (Presidente del Consiglio, capi di Lega e 5Stelle, ministro competente e capigruppo di Camera e Senato dei due partiti) cui possono partecipare altri soggetti scelti dal Comitato. Il pensiero va agli esponenti della lobby della Casaleggio & C. eletti ad arbitro supremo
Senza modificare la costituzione, un organo che giudicare “eversivo” è poco.

Ma, guardando alle date, è stato notato da autorevoli giornalisti che il documento finito su Huffington è di domenica 14 maggio, quindi un documento definitivo, successivo alle dichiarazioni roboanti dei due novelli statisti, di esser pronti a riferire al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. E’ stato ipotizzato maliziosamente che, come da consuetudine, il contratto fosse stato consegnato, per l’esame, alla Presidenza della Repubblica, la quale lo avrebbe rigettato, in quanto contrario, prima che ai trattati e agli impegni internazionali, al buon senso comune e alla decenza.
Da qui, l’escamotage di chiedere altro tempo per eliminare le parti più contestate e, immagino, di rivederlo a fondo.

I mercati hanno reagito negativamente, sia quello azionario (-2,32%) che quello obbligazionario. Lo spread si è impennato fino a 150 punti base. Ancora gli investitori non prendono troppo sul serio il duo Salvini – Di Maio, nutrendo fiducia verso il Presidente della Repubblica e, soprattutto, nei riguardi di Commissione Europea e BCE.

Su questa situazione l’on. Borghi “economista” della Lega ed autore di un’altra proposta fantasiosa (i “minibot” da stampare nei tagli e nella colorazione delle monete in euro, da usare come moneta parallela fino a oltre 100 miliardi) ha ritenuto di gettare altra benzina sul fuoco dichiarando che “i mercati non conoscono l’economia” (lui invece si).

Foto in evidenza: Matteo Salvini, Luigi Di Maio

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