Terremoto

Mettere in sicurezza l’Italia anche con l’ecobonus

All’indomani del disastro del terremoto che ha colpito l’area a cavallo di tre regioni (Lazio, Marche e Umbria) emerge la volontà chiara dei cittadini di ricostruire “dov’era com’era” e di privilegiare l’intervento privato rispetto alle “grandi opere”. Si può notare dall’esempio dell’Aquila, dove appare nella sua immediatezza visiva quanto sia stata più veloce, efficiente ed efficace, la ristrutturazione affidata ai privati, rispetto alla rimessa in pristino degli edifici pubblici, molti dei quali ancora ingabbiati nei ponteggi di sicurezza.
Già arrivano le prime proposte (il Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi ne ha accennato nel suo blog su Huffington Post) di utilizzare strumenti esistenti come quelli degli “ecobonus”. Questi, come noto, consentono la restituzione, a titolo di risparmio fiscale, del 65% della spesa sostenuta per interventi di “efficientamento energetico” e di adeguamento antisismico, sostenute sia singolarmente sia dal condominio. Si tratta quindi di estendere tale provvedimento – cui ha anche accennato il Ministro Graziano Del Rio – alla ricostruzione delle zone colpite ed a quelle più a rischio, cioè le aree contrassegnate dalla classe “1” (le più rischiose) e “2”, ovviamente nei limiti di sostenibilità finanziaria della spesa sul bilancio pubblico.
Per rendere efficaci da subito, all’interno del “cratere”, quando finirà lo sciame sismico e saranno rimosse le macerie, occorrono alcune piccole modifiche legislativa e un poco di sana ingegneria finanziaria.

I LIMITI DELLA NORMATIVA ATTUALE – La normativa attuale presenta infatti due limiti: il primo derivante dalla rateizzazione in dieci anni del rimborso; il secondo dalla impossibilità di detrarre più di quanto il contribuente verrà a pagare a titolo di imposte. Per esemplificare, un contribuente che avesse diritto a un bonus di 60 mila euro, potrebbe detrarlo interamente solo se le imposte a suo carico saranno uguali o superiori – nel decennio successivo alla spesa – a 6 mila euro annue (un decimo del rimborso). L’incapienza fiscale può verificarsi, non solo in presenza di redditi bassi, ma anche di spese detraibili (mediche, funerarie, tasse universitarie, ecc.).
Il primo limite, cioè quello conseguente alla rateizzazione, può essere superato consentendo al contribuente di scontare in banca o anche di cedere al costruttore quanto a lui dovuto dallo Stato a titolo di “bonus”. La cessione del credito è uno strumento molto potente anche per rilanciare il settore delle costruzioni (le piccole imprese edilizie in particolare), in sofferenza da un decennio almeno. Con i tassi di interesse attuali, molto bassi, questa operazione – trattandosi di credito verso lo Stato e con un rischio pari a quello di un BTP – avrebbe un costo molto basso per il contribuente che intendesse attivarla. Al secondo aspetto si potrebbe ovviare, con la previsione del rimborso anche oltre la capienza fiscale del reddito della famiglia, che si è vista distruggere o danneggiare dalla furia del terremoto l’abitazione, il negozio o il laboratorio. Ciò va anche nella direzione dell’equità; nella situazione attuale – paradossalmente – vengono infatti ad essere privilegiate le famiglie abbienti che, di conseguenza, hanno un carico fiscale capiente.

Ovviamente, a tale provvidenza, limitatamente alle aree interessate alla ricostruzione, potranno essere aggiunti gli altri contributi diretti che saranno previsti dal Governo – la cui gestione, sempre per motivi di rapidità ed efficienza, andrebbe delegata ai sindaci – per un sostegno congruo e veloce alle famiglie interessate.

Nell’ambito delle leve di Politica economica in mano ai governi, si sa bene che la leva fiscale è molto più efficiente dell’intervento diretto. Per renderla attuabile basta un impianto normativo semplice e chiaro e, senza altre spese, il 100% del beneficio va direttamente agli interessati. L’intervento diretto dell’ente pubblico comporta invece costi intermedi in termini di burocrazia, gare di appalto, controlli, rischi di corruzione e di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, che – perseguendo i reati – va a bloccare giocoforza il completamento dell’opera. Nell’esperienza ormai ultra decennale delle normative dei bonus per i lavori di ristrutturazione edilizia, i casi di truffe o corruzione sono risultati invece molto limitati, tant’è che sono state ridotte di molto le “scartoffie” da presentare per ottenere l’agevolazione.
Naturalmente non tutta la ricostruzione potrà essere effettuata in tal modo e comunque bisogna che il nuovo sia in sintonia con l’architettura preesistente. Per questo sono sufficienti i regolamenti edilizi e soprattutto la volontà dei cittadini, come esplicitamente dichiarato dal Presidente del Consiglio. Ricostruire “dov’era e com’era” sul piano dell’estetica e dell’equilibrio architettonico ma con tutti i crismi di sicurezza consentiti dalle conoscenze attuali e dalle buone pratiche.

Commenti