“Semplificazione! Semplificazione!”. Con questo grido di battaglia, Renzi si è lanciato nell’avventura della riforma costituzionale, sostenendo che il superamento del bicameralismo paritario avrebbe semplificato (e perciò accelerato) il lavoro legislativo del Parlamento.
Vi sono due elementi che, almeno in apparenza, costituiscono un contributo alla semplificazione. In primo luogo l’aver stabilito l’esistenza di leggi monocamerali, che cioè vengono approvate da un solo ramo del Parlamento. L’altro è la clausola di supremazia a favore della Camera dei Deputati che fa sì che alcuni processi legislativi trovino qui una norma di chiusura, evitando di rimbalzare senza fine tra un ramo e l’altro del Parlamento,
Ma il problema sta proprio nell’abnorme pluralismo dei procedimenti legislativi e nella loro complessità, legata anche all’illusione di poter separare nettamente le competenze legislative esclusive dello Stato da quelle delle Regioni, eliminando la legislazione concorrente che avrebbe, invece, ben determinato la funzione del nuovo Senato. Tutto ciò, a mio avviso, vanifica ogni tentativo di semplificazione. Tento allora qui un registro dei procedimenti legislativi contenuti nel testo approvato dal Parlamento.
Le prime due forme del procedimento legislativo sono le leggi bicamerali e quelle monocamerali.
Sono bicamerali le “leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali”, “le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’art,71”, “le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio delle forme associative dei Comuni, la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, quella che determina i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’art.65, primo comma, e le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132 secondo comma”. Giunti alla fine di questo primo comma del nuovo articolo 70, uno riprende fiato e, ammesso e non concesso che abbia capito di cosa si stia parlando, legge il comma successivo (“Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati”) e si convince che in fondo è tutto semplice: quello che non sta nel primo comma (che viene legiferato dalle due Camere, mantenendo il meccanismo della “navetta”), viene lasciato alla sola Camera dei Deputati. Non è così, in verità, come vedremo fra un attimo.
QUELLO CHE RIMANE DI BICAMERALE – Ma prima occorre dire a cosa si riferiscono i rinvii ai diversi articoli della Costituzione che restano di competenza congiunta delle due Camere e sollevare alcune questioni:
− art.57 co.6: legge di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato tra i consiglieri e i sindaci. Ricordiamo: i senatori sono eletti dai consigli regionali e non dal corpo elettorale;
− art. 80 secondo periodo: le leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (è un periodo aggiunto proprio da questa riforma all’art.19);
− art.114, co.3: la legge che disciplina l’ordinamento di Roma capitale;
− art.116, co.3: le leggi relative alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, relative ad una serie di materie contenute nell’art.117, co.2 lettera l) riguardanti giudici di pace, disposizioni generali e comuni per le politiche sociali, politiche attive del lavoro, all’istruzione e formazione professionale, commercio con l’estero, governo del territorio. L’art.116 co.3 conclude dicendo che la legge con cui vengono attribuite queste forme speciali di autonomia deve essere “approvata da entrambe le Camere, sulla base di intesa tra lo Stato e la Regione interessata”.
− art.117 co.5 e 9: leggi che stabiliscono le norme di procedura relative alla partecipazione di Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi dell’Unione europea e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione Europea;
− art.119, co.6: legge che definisce i principi generali del patrimonio dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Regioni;
− art.120, co.2: leggi che definiscono l’esercizio dei poteri sostitutivi dello Stato rispetto a quelli delle Regioni nel rispetto del principio di sussidiarietà e di leale collaborazione, nonché leggi che escludano i titolari di organi di governo regionali e locali dall’esercizio delle proprie funzioni quando è accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell’ente;
− art.122, co.1: le leggi che definiscono i principi fondamentali del sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e incompatibilità del Presidente e dei componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, che sono disciplinati con legge della Regione;
− art.132, co.2: le leggi attraverso le quali Comuni possono essere staccati da una Regione e aggregati ad un’altra.
Queste, dunque, le leggi bicamerali, su cui Camera e Senato esercitano entrambe il potere legislativo.
Tutte le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati. Ma, dice il nuovo art.70 co,3, “ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati – dunque anche quelli monocamerali ndr – è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva”. Se il Senato non procede all’esame o fa decorrere il termine dei 30 giorni senza deliberare proposte di modifica, la legge può essere promulgata. Ora, questo meccanismo configura due procedimenti legislativi diversi all’interno delle leggi monocamerali, le leggi approvate senza intervento modificativo del Senato e quelle che lo prevedono. E siamo a tre procedimenti, bicamerali, mono con o senza modifiche del Senato.
I PROCEDIMENTI SPECIALI – Poi vi sono le leggi bicamerali che danno attuazione all’art.117, co.4, cioè quelle che intervengono in materie non riservate alla legislazione esclusiva dello Stato “quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”. Queste leggi hanno un loro procedimento speciale: l’esame del Senato ha un termine di 10 giorni dalla data di trasmissione (non più 30). Però, la Camera può non conformarsi alle modifiche proposte dal Senato, fatte a maggioranza assoluta dei suoi componenti, “solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti”. E siamo a quattro.
LE LEGGI DI BILANCIO – Poi vi sono le leggi ex art.81, co.4, cioè le leggi di bilancio e “ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese” (quindi tanto le bicamerali, quanto le monocamerali?), che seguono un altro iter: approvate dalla Camera, sono esaminate dal Senato, che però può deliberare modifiche entro 15 giorni dalla data di trasmissione. Cinque procedimenti.
Vi sono poi i disegni di legge del nuovo art.71 co.2, che sono certo quelle d’iniziativa del Governo, ma anche di ciascun membro delle Camere e d’iniziativa popolare: il Senato può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, chiedere alla Camera dei deputati di esaminarli. In questo caso la Camera ha 6 mesi di tempo dalla data di deliberazione del Senato per pronunciarsi. Sesto procedimento.
L’art.72 stabilisce un settimo procedimento legislativo relativo alle leggi per le quali sia dichiarata l’urgenza: sono procedimenti abbreviati stabiliti dai regolamenti.
Esclusi i casi delle leggi bicamerali ex art.70 co.1, le leggi elettorali, le leggi d’autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi su amnistia, indulto e di bilancio, il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare in 5 giorni dalla richiesta che “un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni”. In questi casi il Senato non ha più 30 giorni per pronunciarsi, bensì 15 (termine che può essere differito di altri 15, “in relazione ai tempi di esame da parte della Commissione nonché alla complessità del disegno di legge”). In questo settimo procedimento legislativo, rileva a mio avviso l’estrema aleatorietà di quell’essenziale per l’attuazione del programma di governo”: in base a quale parametro viene dichiarata tale essenzialità? Evidentemente è il governo stesso, motu proprio, che lo dichiara, ma il Parlamento non pare avere modalità per discutere o eccepire tale dichiarazione.
Occorre poi menzionare che cambia il procedimento legislativo relativo alle leggi sull’elezione dei membri della Camera e del Senato che “possono essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale, su ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o da almeno un terzo dei componenti del Senato della Repubblica entro dieci giorni dall’approvazione della legge”. La Corte si pronuncia entro 30 giorni, durante i quali la promulgazione della legge è sospesa. “In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non può essere promulgata”. E’ evidente che questa norma nasce dall’esperienza recente del Porcellum, dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale, ma è altrettanto vero che costituisce un procedimento legislativo distinto, in cui entra in campo non più solo il Parlamento ma anche, attivamente, la Corte costituzionale. E questo è l’ottavo procedimento legislativo che, secondo la mia analisi, la riforma contiene.
Ora, è davvero difficile non concludere che la semplificazione a cui si voleva improntare la riforma del procedimento legislativo sia più apparente che reale. Se, certamente, la clausola di supremazia della Camera dei Deputati consente di pensare che questo possa abbreviare i procedimenti legislativi, costituendo perciò anche un elemento di semplificazione; è altrettanto vero che il proliferare di procedimenti amministrativi non può che essere elemento di complicazione dell’opera del Parlamento. Senza contare che un Senato, in cui Regioni e Comuni entrassero in conflitto con il Governo, potrebbe di fatto bloccare il processo legislativo richiamando tutti i disegni di legge approvati dalla Camera dei deputati. Insomma, il procedimento legislativo sembra piuttosto complicato che non semplificato dalla riforma, perché il nodo irrisolto – a mio modesto avviso – è quello del rapporto fra centro e periferia del sistema che dalla riforma esce ulteriormente squilibrato. Come vedremo nella prossima puntata.
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Simone Siliani
Simone Siliani, è nato il 10 giugno 1962, cittadino del mondo per nascita: cittadino americano e italiano. Adolescente, si innamora della politica e sceglie la parte della sinistra: scelta difficile per lui, cristiano, in un tempo in cui il mondo era ancora diviso sulla linea di Yalta. Incontra padre Ernesto Balducci e il movimento per la pace negli anni' 80 e essere di sinistra vuol dire passione per il “mondo offeso”: l'impegno per gli ultimi, per l'ambiente, per i diritti di tutti, per la giustizia. Un terreno sempre da arare e coltivare senza le inossidabili certezze e le liturgie dell'ideologia; una ricerca mai esaurita perché né la storia, né la sinistra lo sono. Dopo una vita nelle istituzioni (Regione Toscana, Comune di Firenze), ora naviga in mare aperto, dove la società cerca di costruire ancora spazi di solidarietà e giustizia e tiene accesa la speranza nell'attuale (temporaneo?) silenzio della politica.