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Parliamo di immigrazione, da sinistra – Sei spunti di dialogo

Con la Lega di Matteo Salvini l’Italia è governata per la prima volta da un partito apertamente ostile all’immigrazione e alla società multiculturale. Molti cittadini stranieri si dicono per questo assai preoccupati per il futuro che attende loro e le loro famiglie. Associazioni dei diritti umani e ONG che lavorano nell’ambito dell’accoglienza e del salvataggio dei migranti temono inoltre che la politica repressiva delineata dal nuovo ministro degli Interni provochi una nuova crisi umanitaria.

In questa situazione è più che mai necessario che la sinistra faccia sentire la propria voce sul tema dell’immigrazione – un terreno politico che essa ha di fatto da tempo colpevolmente abbandonato nelle mani della destra.

La parabola ascendente della Lega segue quella di movimenti analoghi come l’FPÖ austriaco, il “Front National” francese e l’ “Alternativa per la Germania” – solo per citarne alcuni – che negli ultimi anni sono diventati forze di primo piano in Europa Occidentale. Questi partiti sono accomunati da una visione allarmistica dei fenomeni migratori, visti unicamente come fonte di instabilità sociale e minaccia per la sicurezza.

Nel corso degli ultimi tre-quattro anni, tale retorica è stata assimilata anche dai partiti di centro, alcuni dei quali sono giunti a stipulare alleanze strategiche con formazioni radicali. Posizioni ritenute finora provocatorie, offensive o apertamente razziste hanno conquistato in questo modo ampie porzioni della galassia moderata. Come risultato, le politiche di accoglienza di quasi tutti i paesi industrializzati identificano l’immigrazione come un problema di ordine pubblico da gestire con misure di contenimento.

Nel tentativo di limitare l’emorragia di voti verso la destra populista, i partiti conservatori ne legittimano dunque le posizioni – impresa resa più semplice dal fatto che i partiti progressisti e di sinistra non si oppongono se non sporadicamente a queste tendenze.

Così i laburisti di Jeremy Corbyn in Gran Bretagna condividono le ansie dei conservatori riguardo agli effetti dell’immigrazione comunitaria sul mercato del lavoro. In Germania i socialdemocratici hanno avallato ripetute restrizioni del diritto d’asilo, talvolta “superando a destra” persino i cristiano-democratici. In Italia il Partito Democratico si è fatto promotore di politiche di contrasto dell’immigrazione che, di fatto, affidano la gestione del fenomeno ai Signori della Guerra libici – una strategia condannata apertamente dal Consiglio d’Europa e da organizzazioni umanitarie come Amnesty International.

Non sorprende dunque, che i partiti della sinistra parlino malvolentieri di immigrazione. Mentre la Lega ha, ad esempio, dedicato al tema tre intere pagine del suo programma elettorale, “Liberi e Uguali” vi dedica solo mezza pagina, il Partito Democratico appena poche righe. Da forze politiche di animo internazionalista, vicine ai bisogni dei ceti deboli e sensibili alle complesse dinamiche geopolitiche del periodo post-coloniale, ci si attenderebbe una maggiore attenzione a questi fenomeni.

Questo silenzio potrebbe rivelarsi fatale per la sinistra. Mentre le forze di centrodestra possono infatti scegliere di allearsi colla destra populista o incorporarne le tendenze, la sinistra si troverà presto in un vicolo cieco: se non saprà trovare un modo di affrontare un fenomeno di questa portata essa è destinata a perdere il proprio peso storico.

C’è però un rimedio: parlare di immigrazione. Parlarne tanto. E parlarne bene. Per farlo è però necessario che la sinistra italiana superi alcuni pregiudizi e tragga spunto dall’esperienza di altri paesi.

1. Sull’immigrazione la sinistra deve agire e non più reagire. Con l’eccezione di LEU, tutti i partiti italiani mettono al centro delle loro politiche sull’immigrazione questioni quali la riduzione dei flussi, la sicurezza e la lotta all’immigrazione irregolare – tutti temi cari alla destra. Quando si parla di immigrazione si parla quindi quasi esclusivamente di “clandestini” e rifugiati. Questa visione, oltre a fare gioco alla destra populista, ignora la realtà dei fatti: richiedenti asilo e irregolari rappresentano solo una porzione minima della popolazione straniera in Italia. E’ necessario che la sinistra prenda atto – con orgoglio – che l’Italia è un paese di immigrazione. Ciò significa smettere di parlare del “problema immigrazione” e iniziare a discutere attivamente di integrazione e diritti dei migranti.

2. Perché, diciamolo: senza immigrazione l’Italia non può sopravvivere. Uno studio di Bankitalia ha recentemente posto in evidenza che, senza l’apporto dei cittadini stranieri, tra vent’anni il 40 per cento della popolazione si dovrà fare carico del restante 60 per cento. Già adesso l’economia nazionale non potrebbe funzionare senza i due milioni e mezzo di lavoratori e le circa 600.000 imprese gestite da stranieri. Senza l’apporto degli immigrati il pil pro capite sarebbe sceso negli anni della crisi del 7,4 e non, come accaduto, del 4,8 per cento. Questo significa che, senza immigrati, oggi tutti gli italiani sarebbero più poveri.

3. L’immigrazione non è una questione di bandiera. È opinione comune che il tema immigrazione polarizzi fortemente l’elettorato. A parlare di immigrazione, si rischia dunque di perdere voti. Una serie di sondaggi condotti dall’iniziativa “More in Common” in vari paesi d’Europa ha tuttavia dimostrato che, posta di fronte a quesiti specifici, la maggioranza dei cittadini non ha un’opinione definita. La ragione: in media nei paesi dell’Europa occidentale solo il 20-25 per cento della popolazione è nettamente contrario all’immigrazione. Una percentuale analoga di elettori è invece nettamente favorevole. La “maggioranza silenziosa” è, quindi, suscettibile a mutamenti di opinione dovuti a fattori contestuali. Così alcuni elettori moderati si dicono favorevoli all’immigrazione quando essa beneficia l’economia. Altri, vicini alle comunità religiose, percepiscono l’accoglienza dei migranti come un dovere umanitario. Con un’adeguata comunicazione è dunque possibile – e auspicabile – spezzare l’assedio dei populisti a questi temi.

4. La sinistra deve aprire il dialogo a livello locale. Da un sondaggio condotto alcuni anni fa in varie periferie disagiate d’Europa dove la destra populista fa incetta di voti è emerso che, laddove la popolazione locale viene coinvolta nelle politiche di accoglienza, l’immigrazione è vista in modo nettamente più positivo. Una distribuzione dei migranti sul territorio gestita in maniera autoritaria sulla base di quote rigide – come avviene di regola in Italia – provoca invece reazioni ostili. Alla radice del sentimento anti-immigrazione di alcune aree depresse non c’è dunque la “guerra tra poveri”, bensì un legittimo desiderio di partecipazione. I partiti della sinistra devono dunque aprire tavoli di discussione a livello locale in cui affrontare apertamente dubbi e insicurezze dei cittadini.

5. L’immigrazione riguarda tutti, quindi bisogna parlarne con tutti. All’inizio degli anni 2000, all’apice di una grave crisi economica ed occupazionale, il governo tedesco iniziò a valutare l’opportunità di una legge quadro sull’immigrazione. Il primo passo fu convocare una commissione di esperti provenienti da tutti i settori cruciali della società: economia, impresa, sindacati, università, scuola, associazioni religiose e umanitarie. Grazie a questo approccio la Germania è riuscita a creare un vasto fronte di sostegno alle politiche dell’integrazione – fronte che ha retto persino all’arrivo di più di un milione di richiedenti asilo. Su questo modello le forze della sinistra potrebbero coinvolgere sindacati, imprenditori, esponenti del mondo cattolico e del terzo settore per creare una piattaforma su cui costruire progetti a livello locale e nazionale.

6. In ultimo bisogna parlare di immigrazione nel modo giusto. Stando a un’indagine della commissione “Jo Cox” più della metà degli italiani pensa che gli immigrati siano un “peso” o una “minaccia” per la società. Pochissimi italiani possono però dire di avere subito direttamente gli effetti negativi dell’immigrazione. La loro opinione sul tema deriva in larga misura dalle informazioni diffuse dai mass media. Il rapporto annuale dell’associazione “Carta di Roma” ha messo in luce come la stragrande maggioranza dei servizi giornalistici sul tema dell’immigrazione siano affetti da sensazionalismo e facile allarmismo. E’ dunque necessario che la sinistra si impegni per sostenere un’informazione responsabile, criticando chi, per fare ascolti, suscita intenzionalmente un allarme sociale. Contemporaneamente è necessario rafforzare il lavoro delle redazioni che favoriscono un approccio plurale e approfondito al tema.

Fabio Ghelli (1978) è giornalista e documentarista. Lavora per il servizio di informazione tedesco “Mediendienst Integration”, una piattaforma specializzata sui temi dell’immigrazione e dell’integrazione. Ha inoltre collaborato con varie testate in Germania, in Italia e in Svizzera: Zeit, Spiegel, MDR, Handelszeitung, il Manifesto.

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