Socialismo Art. Uno

Peppino Caldarola: Non voglio il socialismo “liquido”

Con la nascita di Articolo Uno e ora di Insieme finisce il sogno del nuovo partito socialista? Tutti ricordiamo l’avvio del lavoro con Enrico Rossi culminato con il libro dal titolo emblematico “Rivoluzione socialista” ( che fra qualche giorno sarà ripubblicato con molte novità e aggiornamenti) fino all’assemblea del Testaccio. Poi venne il momento di Articolo Uno e la scelta di sciogliere le associazioni e le correnti che confluivano nel nuovo progetto. Probabilmente ci siamo sciolti solo noi, ma non conviene più polemizzare anche perché il processo iniziato con la manifestazione di piazza Santi Apostoli, per quanti dubbi possa aver lasciato, deve obbligatoriamente finir bene. Un eventuale insuccesso segnerebbe una frantumazione finale della sinistra. Un crack da evitare.

Eppure l’idea di partecipare a un processo unitario con altre formazioni e singoli compagne e compagni, e misurandosi con culture di diversa origine, rende paradossalmente più urgente, e sicuramente necessario, dare una possibilità ad un’area socialista.

“Quando parlo di area socialista non penso ad una corrente vecchio tipo ma neppure a un moto dell’animo. Penso che nella crescita e strutturazione del nuovo soggetto la componente che raggruppa i socialisti di ogni provenienza non può vivere liquida. Deve essere solida”

Non voglio essere ipocrita e nascondermi dietro formule. Quando parlo di area socialista non penso ad una corrente vecchio tipo ma neppure a un moto dell’animo. Penso che nella crescita e strutturazione del nuovo soggetto la componente che raggruppa i socialisti di ogni provenienza non può vivere liquida. Deve essere solida.

Nella foto : Enrico Rossi, Presidente della Toscana, cofondatore di Articolo Uno e autore del libro “Rivoluzione socialista” di cui è prossima la seconda edizione, a Roma alla manifestazione di Insieme con Mirko Tutino e Ledo Gori (alla sua destra)

L’esistenza di un’area socialista servirà a dare al neo-socialismo una prospettiva concreta al di fuori e al di sopra delle definizioni surreali tipo “sinistra di governo”. Il tema dell’ingiustizia sociale prevede non solo misure immediate ma un’idea di “scardinamento” del modo di funzionamento del sistema economico. “Rivoluzione socialista” non è una espressione al vento, un massaggio dell’anima ma una prospettiva concreta di fuoriuscita dalla crisi. Si parte da una convinzione profonda. Dal 2008, almeno dal 2008, la crisi di sistema ha funzionato come momento rivelatore della inaccettabilità di alcune regole, della prevalere di società ingiuste, dello sfondamento di politiche di destra e populiste dopo che la destra economica avevano creato questo disastro.

E’ stata un vera guerra contro i poveri del Nord e del Sud del mondo e non si può uscire da questa guerra restituendo il potere, in economia e in politica, a chi ci ha condotto al disastro.

“Dobbiamo riprendere a ragionare su pensieri lunghi, quelli che infastidiscono gli apologeti del mercato e del nuovismo in politica”

Il socialismo è una prospettiva di giustizia e di equità sociale ma soprattutto di libertà. E’ un’altra idea di società e di Stato. Dobbiamo riprendere a ragionare su pensieri lunghi, quelli che infastidiscono gli apologeti del mercato e del nuovismo in politica.

Voglio dirlo in maniera semplice e diretta: se c’è chi pensa che il tema d’oggi è che ci sia una classe dirigente più onesta, più generosa e più attenta alle difficoltà della povera gente, sta riproponendo lo stesso meccanismo che ci ha portato alla sfascio. Il cambiamento, la rivoluzione che coincide col riformismo forte, devono partire da un’idea di società diversa. Nostalgia? Stupidata. Questo ricatto va respinto. La memoria va custodita sia per non perdere il ricordo degli errori e anche degli orrori del comunismo, ma anche per non perdere quella spinta di popolo a creare qualcosa di veramente nuovo.
Ecco perché penso che nel nuovo raggruppamento questa componente socialista deve essere riconoscibile e concorrente alla guida del futuro partito. Poi, come dice Pisapia, si fanno i compromessi sia sui contenuti sia sulla struttura di comando. Ma in campo bisogna esserci.

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