Lottate insieme, restate uniti”. E’ la celebre frase di Giuseppe Di Vittorio pronunciata nell’ultimo discorso pubblico, nella Camera del Lavoro di Lecco il 3 novembre del 1957. L’unità dei lavoratori per Peppino era un principio sacro e universale a cui rimase fedele sempre, anche difronte ai carri armati sovietici nel ’56 e alla dura reprimenda di Togliatti. Peppino non era solo il più illustre dei miei concittadini, era un carissimo amico di famiglia di mio nonno presso cui dimorava ogni volta che tornava a Cerignola. Il valore e il senso dell’unità, di conseguenza, mi è stato trasmesso direttamente con il latte materno.

Basterebbe questo per raccontare quanto siano stati per me drammatici gli ultimi giorni, quanto lacerata la mia coscienza per una scelta che definire sofferta è utilizzare un banale eufemismo. E’ stata una notte completamente insonne quella tra domenica e lunedì scorsi. Una notte passata ad interrogarmi su quali fossero le scelte coerenti con la mia visione della politica, con il mio vissuto, con i miei valori e quali conseguenze personali e collettive avrebbero provocato. Quando all’alba, mentre vedevo sorgere il sole, ho preso la mia decisione, trattenere le lacrime è stato impossibile. Erano soprattutto lacrime di rabbia nei confronti di chi verso quella scelta mia aveva ineluttabilmente condotto. Verso tutti coloro che non hanno avuto il coraggio o l’onestà politica di essere semplicemente conseguenti alle loro stesse analisi sullo stato del Partito e della società. Era chiaro ed evidente che una stagione politica conclusasi con una pesante sconfitta al referendum, i cui numeri si è pensato solo di attribuirsi e mai valutare nel loro più profondo significato politico, arrivata dopo un’altrettanta pesante sconfitta alle amministrative dello scorso anno, non poteva riavviarsi con gli stessi uomini e le stesse politiche. Era chiaro ed evidente, lo hanno detto in molti della maggioranza sia in Direzione che in Assemblea, che occorreva “rifondare” il PD sia nella sua struttura organizzativa che nelle sue linee programmatiche. Nessuno, però, che abbia fatto scelte coerenti con quanto da loro stessi dichiarato.

Credo di poter svelare un episodio, un retroscena, e di ciò chiedo preventivamente scusa ad Enrico Rossi. Dopo la bella iniziativa tenuta al Teatro Vittoria, ci siamo ritrovati la sera di sabato nello stesso teatro per assistere al bello, e molto interessante culturalmente, spettacolo teatrale di Simone CristicchiIl secondo figlio di Dio” (a proposito, lo consiglio caldamente). Si chiacchierava della giornata appena trascorsa e delle possibili prospettive. Ebbene, Enrico mi confessò la sua disponibilità a fare anche un passo indietro se fosse stata individuata, in maniera unitaria, una personalità capace di fare sintesi e quindi unire il partito intorno ad alcune opzioni programmatiche irrinunciabili, che fossero il chiaro segno di una svolta. Non solo non è stato ascoltato, ma è stato addirittura volgarmente attaccato e in alcuni casi – che pena – deriso (consiglierei, a questo proposito, a Veltroni e altri di non fermarsi al titolo di copertina di un libro, qualsiasi esso sia). Si è deciso di andare avanti comunque, come se nulla fosse accaduto. Un nuovo giro di giostra pericolosamente identico a quello appena terminato. Mi paiono, quindi, assolutamente ipocriti i tanti appelli postumi all’unità, le vesti stracciate, le espressioni sofferte di chi è restato e non è volato in California.

Ho compiuto la mia scelta, quindi. Prima di renderla pubblica su un social (non sono un nostalgico del telefono a gettoni), ho sentito la necessità di comunicarla a mio padre e di confrontarmi con lui. Il mio primo punto di riferimento, un rigoroso “amendoliano” di 87 anni, capace ancora di tradurre dal greco e dal latino senza dizionario e con una immutata passione per la filosofia classica, con il culto quasi maniacale dello studio e dell’approfondimento e che, quindi, imputa all’attuale classe dirigente del PD la maggiore, da suo punto di vista, delle colpe: l’approssimazione e la superficialità politica e culturale. Se da un lato mi ha confortato la sua approvazione per una scelta che, mi ha confessato, è anche la sua, dall’altro mi hanno provocato dolore e tenerezza i suoi occhi lucidi che raccontavano e testimoniavano la fine di una storia difficile e appassionata durata la bellezza di 70 anni.

Ora sono pronto per ricominciare. Sono stato leale fino ad oggi con il mio partito, difendendo scelte che non ho mai approvato e condiviso. Ritengo che altrettanta lealtà debba nei confronti di Rossi e di quanti, nell’associazione “Democratici e Socialisti”, ritengono di doversi impegnare nell’elaborazione di proposte chiare da offrire a tutto il campo del centrosinistra, PD compreso. Sono tanti gli argomenti su cui cimentarsi immediatamente: riforma elettorale (ho già espresso la mia idea di riprendere e riproporre il sistema elettorale proposto nella “Commissione Bozzi” dai senatori Pasquino e Milani, l’unica a mio avviso capace di coniugare , visto l’attuale scenario politico, rappresentatività e governabilità), scelte di politica economica (studiare e approfondire l’idea di Eugenio Scalfari circa la necessità di uno shock fiscale per ridare impulso alla crescita; Tobin tax, ecc.); rivedere le politiche di welfare che escano dalle secche del secolo scorso e che guardino alle nuove diffuse povertà; al rapporto tra lavoro e nuove tecnologie; ai nuovi diritti, che vanno allargati e non ristretti; alle politiche di inserimento dei migranti e non solo all’accoglienza degli stessi. Insomma, un campo vasto e stimolante su cui cimentarsi e che necessita del confronto e del coinvolgimento delle migliori menti e dei migliori saperi, del coinvolgimento di tutti i corpi sociali intermedi.

Si sono aperte le forbici, si è prodotto uno squilibrio sociale profondo nella società italiana [….].Ecco: le due curve, la curva dei profitti che aumenta sempre di più, e la curva dei salari che rimane sempre in basso” (Giuseppe Di Vittorio. Lecco, 3 novembre 1957). Se oggi un capitalismo parassita e non innovatore, che scommette e specula sul debito e su strumenti finanziari draculiani, ci costringe a ripartire da qui, è necessario andare oltre l’orizzonte che sino ad oggi ci siamo dati. Oltre quell’orizzonte, ne sono certo, ci incontreremo di nuovo. Arrivederci PD.

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