Migranti1

Perchè nel mondo globalizzato le merci possono circolare e le persone no?

È stata una manifestazione orgogliosamente e consapevolmente antirazzista quella di meroledì in piazza Ognissanti a Firenze, convocata dal presidente della Toscana Enrico Rossi e dal sindaco di Frirenze Dario Nardella. Era anche necessaria perché rendersi conto e denunciare pubblicamente e precocemente i sintomi ben concreti della involuzione verso lidi scopertamente razzisti delle politiche e del consenso pubblici è decisivo per sconfiggerli.

Non sufficiente ma necessario. Perché il razzismo e il fascismo moderni non si manifestano immediatamente in camicia nera e passo dell’oca; sarebbe fin troppo facile identificarli e combatterli. Non di meno, essi presentano caratteristiche comuni e ben isolabili in quello che Umberto Eco aveva definito, in un insuperabile per chiarezza scritto del 1997, “Fascismo eterno” o Ur-fascismo. Fra queste caratteristiche la fobia per lo straniero, per la diversità è forse oggi il sintomo più comune e pericoloso fra i movimenti che si definiscono “sovranisti” e che sono al governo in Italia, Ungheria, Austria, Polonia, Slovacchia e Slovenia, lungo le frontiere sud-orientale della UE.

Non dobbiamo avere timore di pronunciare queste parole – razzismo, fascismo – purché le si comprendano nelle loro manifestazioni moderne; ammettendo che esse si annidano nelle nostre comunità, nelle nostre città, dentro di noi. Anche a Firenze, sì, dove abbiamo avuto fra il 2011 e oggi due casi di pluriomicidio, in piazza Dalmazia e su ponte Vespucci, a sfondo razzista. Perché l’essere stata medaglia d’oro per la Resistenza e governata da specchiate figure di democratici e antifascisti, non ci rende immuni una volta per tutte dalla ideologia fascista e dal consenso verso le sue forme moderne. Ci rende, caso mai, tutti più responsabili nel non nasconderci verità scomode e nel chiederci coerenza fra parole e atti e rettitudine e consapevolezza nello scontro culturale e politico cui siamo chiamati. Così, il capire le paure e le insicurezze degli italiani impoveriti (di soldi e di prospettive per il futuro) dalla crisi, come giustamente ha chiesto in piazza il sindaco Nardella, non significa accettare o anche mostrare benevolenza verso le risposte irrazionali, egoiste, pericolose ed inefficaci che il sovranismo, culturale prima ancora che politico, fornisce a tali pulsioni. Al contrario: comprendere implica ascolto, dialogo, dialettica e convincimento – cioè costruzione di consapevolezza e consenso – intorno a risposte più umane, razionali, realistiche ed efficaci al problema dell’immigrazione.

Comprendere perché le persone migrano è un lavoro culturale e anche educativo che permette di capire le contraddizioni del mondo moderno. Chiedersi perché le persone preferiscono affrontare un viaggio pericoloso e costoso verso l’ignoto nella speranza di trovare un posto in cui sopravvivere, significa andare alle radici dei motivi di un mondo così ingiusto e squilibrato; cioè capire qualcosa di più di noi stessi.

Perché accettiamo come normalità che le merci possono essere prodotte e mosse in tutto il mondo senza limiti sostanziali, mentre le persone non possono farlo? Tutto è globalizzato, meno che i diritti delle persone, che sono condizionati e limitati da dove si trovano e da chi il caso ti fa nascere: perché questo non ci suscita almeno delle domande? Perché un continente così ricco di materie prime e rare come l’Africa (tanto che tutte le grandi imprese estrattive e di prodotti dell’agricoltura intensiva vi sono solidamente installate per sfruttare a basso prezzo le sue risorse) è così densamente abitato da persone in povertà assoluta? Non basta a spiegare la fragilità e la corruzione della classe dirigente, che peraltro chiamerebbe in causa di nuovo le nostre imprese, come Eni coinvolta in un processo per corruzione internazionale in Nigeria per 1,092 miliardi di euro. Isis e tutto l’estremismo islamico non è forse la risposta perversa ad un colonialismo economico fatto di rapina sistematica delle ricchezze naturali dell’Africa e di paurose disuguaglianze, esattamente come il sovranismo occidentale è la risposta perversa alle grandi migrazioni? Intorno a questi temi occorre strutturare una politica umana ed equa sull’immigrazione e non su un astratto multiculturalismo.

Perché questo ci obbligherebbe ad affrontare seriamente il tema della diversità e della nostra società che discrimina chi è marchiato da questo stigma. Sì, la nostra società, in barba ai sacri principi della liberal-democrazia di cui ci dichiariamo alfieri, si fonda ancora largamente sulla discriminazione fra le persone per motivi di razza, sesso, religione, lingua, condizioni personali e sociali (come pure vieterebbe di fare la nostra Costituzione). Disparità di salario fra generi a parità di posizione, nonché nell’accesso alle carriere dirigenziali nelle aziende così come in politica, minore potere d’acquisto nelle famiglie di immigrati pure in presenza di più persone occupate o imprenditori, discriminazioni nelle aziende e in molti corpi di servizio pubblico in base ai diversi orientamenti sessuali, maggiori difficoltà ad accedere ai servizi del welfare pubblico e non per gli stranieri (le case pubbliche prima agli italiani, pure è stato dichiarato a Firenze), minore successo nei percorsi formativi per ragazzi immigrati e figli di immigrati, ostacoli al perseguimento della cittadinanza per figli nati in Italia da genitori stranieri (perché il centrosinistra di governo non ha avuto il coraggio e la forza civile di approvare la legge sullo jus soli). Ma se li contiamo bene questi “diversi” discriminati non sono minoranze marginali, anzi sono ampia maggioranza e noi stiamo difendendo una società costruita per una minoranza di uomini bianchi eterosessuali di mezza età. Ma se i diversi discriminati capiranno di essere maggioranza, allora forse si uniranno e cambieranno questo stato dello cose.

Intanto, però, questa diversità si rivela già oggi ben più feconda della “normalità”. Studi scientifici hanno ampiamente dimostrato la correlazione tra il grado di diversità (di genere ed etnica) in una azienda e la sua performance finanziaria1. Altri dimostrano la relazione diretta fra diversità e grado di innovazione e creatività nelle aziende. Negli USA gli immigrati sono il 13% della popolazione, ma il 27,5% degli imprenditori; il 25% di tutte le aziende hi-tech nate fra il 2006 e il 2012 hanno almeno un immigrato fra i fondatori. Le aziende LGBT-friendly attraggono e mantengono le persone più intraprendenti e produttive.

Insomma, una politica che promuovesse la diversità avrebbe probabilmente più successo per la famosa integrazione, ma anche per le minoranze privilegiate; per tutti. Mentre il sovranismo è destinato ad un tragico fallimento, per tutti.
La manifestazione di Firenze, come quella di Milano e le mille altre che spero nascano in Italia, forse mostrando questa consapevolezza, possono essere il viatico per la costruzione di una nuova teoria politica della sinistra e anche la base per una risposta coraggiosa e unitaria, fondata sulla comprensione dei nuovi problemi della globalizzazione. Il punto di partenza di un vero riscatto e della riscoperta di sé, di una nuova necessità della sinistra.

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