DEM 2016 Debate

Sanders: la corsa è finita, ora inizia la staffetta

Con la vittoria in quattro dei sei Stati in cui si tenevano le primarie martedì, Hillary Clinton è di fatto la candidata del Democratic Party alla presidenza degli Stati Uniti e la corsa in solitario di Bernie Sanders qui finisce. Ma ora viene il difficile, cioè ricompattare i due sfidanti e convogliare voti, sostenitori e militanti a sostegno della candidata alla presidenza: da corridori individuali, i due devono diventare una squadra.
Si potrebbe pensare che questo sia un compito facile, quasi scontato vista la minaccia Trump all’orizzonte. Del resto Hillary si è trovata esattamente nella stessa posizione di Bernie Sanders 8 anni fa, sconfitta nelle primarie dal candidato Obama e nella necessità di trovare un accordo con lui per sostenerlo nella campagna presidenziale: l’accordo fu trovato non senza mal di pancia e problemi. Ma questa volta ci sono alcuni elementi peculiari che rendono più difficile l’accordo. In primo luogo e soprattutto il fatto che mentre Hillary e Barack 2008 erano due candidati espressione entrambi del Partito democratico, Sanders proviene dall’esterno della struttura del partito: fu candidato nel Vermont in qualità di indipendente e si definisce un socialista democratico. Per quanto si sia poi candidato per i Democratici per il Senato, i suoi legami con il partito sono estremamente più labili di quelli della Clinton. Vi è quindi un problema di diverso background, di rapporti sociali e finanche di linguaggi. Ma soprattutto vi è il fatto che la candidatura di Sanders – in realtà come già quella di Obama nel 2008 – ha suscitato un potente movimento di base che non solo è costituito per lo più da indipendenti, ma che si caratterizza per essere distante e anche opposto all’establishment democratico.

L’ALLEANZA CLINTON/SANDERS NECESSARIA PER BATTERE TRUMP – Tuttavia la Clinton ha bisogno di entrambi, Sanders e i suoi sostenitori e voti, per diversi motivi. In primo luogo per l’entità dei voti popolari che Sanders ha raccolto durante queste primarie, soprattutto attivando un bacino elettorale aggiuntivo a quello del Partito Democratico, composto in gran parte da persone che si sono iscritte per votare proprio e solo per Sanders. Inoltre la candidatura di Sanders è stata accompagnata e reciprocamente sostenuta da diverse candidature di deputati al Congresso, di cui la Clinton avrà bisogno sia per raccogliere voti locali, sia nel Congresso quando e se sarà presidente. Ma c’è un motivo per il quale Hillary non può permettersi il lusso di snobbare Sanders e i suoi voti: egli ha intercettato voti antisistema e anti-establishment e se questo bacino non viene intercettato dai Democratici può diventare il terreno naturale di razzia di Trump che, certamente, accentuerà in campagna elettorale questo tratto della sua candidatura, l’essere cioè uno esterno e contro all’establishment politico, democratico e repubblicano, insomma l’essere un “rottamatore”. Inoltre, per come è conciato il Grand Old Party, il Partito Repubblicano, dopo lo scossone subito da Trump, non è immaginabile che i voti moderati e conservatori repubblicani che non confluissero su Trump siano sufficienti a far vincere Hillary. La quale è perfettamente consapevole della cosa, ma ancor più e prima di lei lo sono le figure più influenti del Partito Democratico.

DECISIVO L’INCONTRO OBAMA/SANDERS – Come si è già percepito in questi giorni antecedenti le primarie in California e negli altri 5 Stati, il primo a svolgere questo ruolo di cucitura fra i due è e sarà Barack Obama che così dimostrerà, una volta di più, la sua statura di leader politico a tutto tondo. I due s’incontreranno domani e tutto fa pensare che sarà un incontro decisivo. Ma anche gli altri maggiorenti del Partito Democratico si stanno muovendo per favorire un accordo, diciamo pure un compromesso fra Hillary e Bernie, quali il vice presidente Biden, la senatrice Elizabeth Warren, il leader della minoranza al Senato Harry Reid. Quest’ultimo ha dichiarato di essere “impressionato da queste nuove persone che sostenendo Sanders si sono avvicinati al campo Democratico e quindi è estremamente importante che la Clinton e Bernie comprendano quello che queste persone hanno da offrire e che loro lavorino per giungere ad un compromesso”.

IL PESO DI BERNIE – Certo per arrivare all’accordo si dovranno affrontare alcuni nodi che Sanders considera centrali del suo posizionamento politico e che, d’altronde, dovranno trovare in qualche modo posto nella piattaforma democratica per poter convincere i suoi supporter a votare Hillary. Temi come il commercio internazionale, il fracking, le pensioni pubbliche, il ruolo dei soldi in politica e altri temi oggetto di iniziative di riforma. Sono questioni grandi e controverse sulle quali la distanza fra la Clinton e Sanders è ampia e su cui il Comitato incaricato di scrivere la piattaforma democratica per le elezioni di novembre (e di cui fanno già parte 5 membri indicati da Sanders, dei 15 complessivi) dovrà discutere e lavorare a fondo. Ma questo, mi pare, sia il prossimo terreno di confronto sul quale, legittimamente (come già fece 8 anni fa la Clinton con Obama, forte dei suoi quasi 18 milioni di voti popolari conquistati nelle primarie, 300.000 più di Obama che vinse grazie al meccanismo elettorale dei delegati), Bernie farà pesare il suo indubbio e inaspettato consenso conquistato sul terreno in queste lunghe primarie.

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Nella foto di copertina: Hillary Clinton e Bernie Sanders 

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