Lo confesso, la responsabilità (o il merito, a seconda dei punti di vista) della scelta di Enrico Rossi di richiedere l’iscrizione al PD è in larga parte anche mia. Svelerò un particolare privato. Alcuni giorni fa leggevo una vignetta di Mauro Biani sul Manifesto in cui Zingaretti, dopo aver “bucatoCasal Bruciato e la sua personale e fisica vicinanza alla famiglia rom, e la Sapienza con Mimmo Lucano, si interrogava su dove non sarebbe stato l’indomani. Credo di conoscere bene Enrico e gli ho scritto che lui sicuramente sarebbe andato a Casal Bruciato come alla Sapienza. Del resto lui una famiglia rom come vicina di casa ce l’ha davvero e ha rapporti cordialissimi e amichevoli. Roba, per intenderci, che gli va a chiedere pure il sale o lo zucchero caso mai ne fosse sprovvisto. Così come da Mimmo Lucano è stato tra i primi ad andarci, molto prima che l’ex sindaco di Riace diventasse famoso per le accuse a lui mosse dalla Procura di Locri.

Per dirla tutta, gli ho scritto anche che secondo me sarebbe andato pure a rompere i sigilli dell’ENEL e a ridare energia elettrica agli occupanti dello stabile di Roma! La risposta di Enrico mi colpì e, sono certo mi perdonerà, la riporto integralmente: “Grazie. Mi hai dato il coraggio per fare una cosa. Si deve fare subito quello che si deve”. Non c’era bisogno di aggiungere altro, con me e con altri compagni aveva già parlato della scelta che stava maturando dettata soprattutto dalla delusione, purtroppo largamente condivisa, dell’esperienza di Art. 1 e di tutti i tentativi di dare vita alla sinistra del PD ad una forza politica che riuscisse ad intercettare i delusi che, per dirla proprio con Bersani, o si erano ritirati nel bosco o votavano Lega o, soprattutto, 5 Stelle. Non ne abbiamo intercettato quasi nessuno e il 4 marzo ha travolto non solo il PD ma anche noi e Liberi e Uguali. Questa è la realtà oggettiva ed è inutile fare ragionamenti diversi a confutazione e più o meno consolatori.

Fu evidente, tra le altre cose, ciò che immodestamente avevo anticipato e scritto proprio su l’Argine e più volte: non esisteva un popolo del “No”, quello che aveva determinato la sconfitta del referendum sulla riforma costituzionale, che aspettava qualcuno che lo rappresentasse a sinistra. Quello fu un enorme “vaffa day” istituzionale che anticipava l’onda grillina e che si sarebbe manifestata un paio di anni dopo in tutta la sua pienezza.

Non che le ragioni che ci spinsero ad uscire dal PD fossero sbagliate o peregrine. Al contrario, erano ragioni validissime e, per certi versi, anche nobili. Ragioni che abbiamo annacquato e progressivamente perso in un susseguirsi di scelte sbagliate e che, a volte, hanno rasentato anche il ridicolo. In una situazione così altamente confusa e di cui non si intuiscono ancora chiaramente le prospettive, Enrico ha deciso la sua mossa del cavallo. Non ha voluto attendere gli eventi, ma vuole provare a determinarli.

La generosità è un tratto significativo e costante nel suo agire politico, è la sua cifra. Ma non significa improvvisazione che non tiene conto delle conseguenze politiche, anzi. Le valuta fino in fondo ed è sempre deciso a farsi carico anche delle reazioni negative che le sue scelte possono provocare. Vive l’impegno politico e amministrativo in modo quasi romantico, ed è questa una caratteristica assai rara oggi. Di più, è visto quasi come un imperdonabile difetto.

Sono legato da profondo affetto personale nei suoi confronti, oltre che da stima, ma questa non vuole essere e non è assolutamente una valutazione agiografica della sua persona e delle sue scelte. E’ semplicemente un parere personale, una riflessione sulle ragioni di certe scelte che possono essere condivise o meno, ma mai dettate dall’attesa di un tornaconto. Se qualcuno commenterà la sua scelta come un riposizionamento in vista del 2020, quando scadrà il suo mandato di Presidente della Regione Toscana, o è in malafede o non conosce assolutamente l’uomo. Avrebbe potuto sia alle scorse elezioni nazionali, che nella prossima tornata elettorale europea, candidarsi con altissime probabilità di essere eletto. La prospettiva di una intera legislatura a Strasburgo è davvero tranquillizzante se l’unica aspirazione è una comoda poltrona. Se decidi, invece, di tenere fede al tuo mandato, ti accolli tutti i rischi che ciò comporta.

Ha scelto di rientrare nel PD nella convinzione che la sua idea di società, di partito, l’orizzonte politico a cui ha sempre guardato si possa realizzarlo lì e non altrove. Ritiene che l’elezione di Zingaretti possa avviare e facilitare quel processo a cui lavora da anni: una forza politica socialista e liberale, europeista, saldamente ancorata al mondo dei lavori. E’ una scelta giusta? E’ una scelta improvvida? Non lo so, nessuno oggi può saperlo. Ma è una scelta che merita il massimo rispetto. Non lo seguirò, non ora. Per il semplice fatto che lui, non io, per il suo ruolo, per le sue competenze, per la sua passione, può accelerare quei processi a cui si accennava. Ciò che abbiamo insieme condiviso politicamente rimane. Lo sosterrò e sosterrò le sue (le nostre) idee e valori. Lo farò in un contesto diverso, ma idealmente al suo fianco. Buon lavoro Enrico.

Foto di copertina: Mimmo Liucano ed Enrico Rossi al meeteng dei diritti umani di Firenze, 11 dicembre 2018.

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