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The Nation: Perché i giovani votano per i vecchi socialisti!

Bernie Sanders ha vinto il voto degli under 35, ottenendo più voti in questa fascia di età di quelli ottenuti, insieme, da Trump e Clinton. Jeremy Corbyn ha vinto fra i giovanissimi e ha aumentato i voti del Labour, arrivando al 40%, quando tutti lo davano per morto. Certo, non è arrivato primo, ma Theresa May, davanti a un “parlamento appeso”, si è trovata a dover stringere un fragilissimo patto con gli ultraconservatori nordirlandesi del DUP. Anche in Francia il sostegno per il candidato radicale Jean-Luc Mélenchon ha visto una forte componente giovanile. Sanders ha 75 anni, Corbyn 68 e Mélenchon 65.

Ma perché i giovani votano per i vecchi socialisti?

Sarah Leonard, 29 anni, senior editor della rivista statunitense The Nation, in un’intervista per il podcast “Start Making Sense“, spiega che fra questi under 35 ci sono anche i cosiddetti “millennial“. «Questa generazione viene spesso descritta come apatica e pigra, che vive ancora con i genitori, fortemente individualista. Ma la verità è che i ragazzi non vivono con i genitori perché sono pigri», ma per via del mercato del lavoro, sempre più precario e frammentato (Sarah Leonard esprime il concetto in maniera molto più diretta: «fa schifo»).

Perciò, «quando ai “millennial” viene offerta una qualsiasi alternativa che sembra essere una soluzione all’austerità, a un mercato del lavoro che fa schifo e a una mobilità sociale che va solo verso il basso, a loro viene voglia di partecipare, di votare». Inoltre, parliamo di persone che hanno raggiunto la consapevolezza politica dopo l’89. Per loro, quindi, il comunismo non è uno “spauracchio“.

Per chi ha raggiunto la consapevolezza politica attorno al 2008 – l’inizio della crisi economica – il nemico, afferma sempre Sarah Leonard, «è rappresentato da Wall Street e dal capitalismo, forze enormi e spaventose che si frappongono fra loro e la possibilità di trovare lavoro, di permettersi una casa e formarsi una propria famiglia».

Questo ragionamento richiama un altro articolo, uscito sempre su The Nation (10 gennaio 2017): Perché i millennial non hanno paura del socialismo?
L’autrice, Julia Mead, nata nel 1994 scrive: «L’eliminazione delle idee socialiste da un discorso politico serio non è stata una coincidenza storica. La vittoria dell’Occidente nella Guerra Fredda – democrazia liberale per tutti! – ha avuto un prezzo: l’inconoclastia, molta della quale di stampo celebratorio». Quindi, il «comunismo era stato ucciso e così ogni possibilità di discutere di socialismo e marxismo».

Questo è il mondo in cui ha vissuto Julia durante la sua infanzia e la sua adolescenza, un mondo pieno di «progressisti di establishment che erano agressivamente centristi e determinati quanto i conservatori a privilegiare gli interessi del capitale rispetto a quelli del lavoro». Ma per la sua esperienza non c’era alternativa, perché non sapeva nemmeno che potesse esistere un altro sistema economico, non conosceva nemmeno le parole per pensare a questa alternativa. Finché non ha conosciuto Bernie Sanders, con la sua proposta socialista, che ha indicato con chiarezza sia il problema sia i colpevoli. Non la povertà, ma le disuguaglianze e cosa le genera. L’idea di socialismo non è antiquata per i millennial. Anzi, è fresca (anche perché è stata zittita così a lungo), vitale e più necessaria che mai in questo periodo storico.

Ma qual è il legame fra gli under 35 e questi sessantenni/settantenni. Non c’è nessuno della generazione più giovane che può portare avanti la bandiera del socialismo?

Sarah Leonard, sempre nella sua intervista, spiega così questo particolare legame politico intergenerazionale: «questi candidati più anziani provengono da un periodo in cui i partiti di sinistra s’impegnavano maggiormente per lavoro e ridistribuzione. Queste sono persone che sono rimaste coerenti con i loro ideali e le loro politiche anche quando i loro partiti andavano al centro» (esemplare il caso del Labour con Tony Blair e la sua “terza via“, che non ha mai visto l’appoggio di Jeremy Corbyn). «Credo – dice sempre Leonardche ci sia una generazione mancante di radicali, in mezzo a queste due, quindi i giovani devono sbrigarsi e raccogliere velocemente il testimone. E lo stanno facendo. […] Ma c’è ancora molto lavoro da fare. Ed è questa la sfida».

Nella foto di copertina: Giovani fan di Jeremy Corbyn (Glastonbury festival, 24 giugno 2017) / Reuters / Dylan Martinez

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