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Un Congresso per mettere nuove radici alla sinistra italiana

Si aprono le danze in vista del congresso del Pd. Nella direzione di ieri pomeriggio il segretario del Partito Matteo Renzi ha confermato le indiscrezioni e i retroscena del congresso anticipato.
A quanto ci risulta, è da tempo che le minoranze interne e gli sherpa del Premier dialogano fitto e trattano per giungere ad un accordo sui tempi e le modalità del congresso. I retroscena, come è noto, che sono diventati il vero strumento della lotta politica, parlano anche di un partito in dissoluzione dentro i comitati referendari per il e di capilista pescati nella mitica società civile, tra i coordinatori dei banchetti (o banchini) referendari.

Inoltre il siparietto sullo speculare scandalo che vorrebbe i fanatici del  equiparati al capo dei trasformisti italiani Denis Verdini e i fanatici del No accomunati ai fascisti di Casa Pound è, a nostro avviso, un narcotico alla mercè di stampa e Tv per evitare il vero tema: un referendum e una riforma per unire e per non spaccare l’Italia e un Congresso aperto, plurale e trasparente per mettere radici nuove alla sinistra italiana. E’ da molto tempo che assistiamo allo sgretolamento degli equilibri emersi dall’ultimo Congresso. Il “divide et impera” è la dottrina vincente. Imperialismo da leader che satura lo spazio della politica e speculare opportunismo di flosce e slombate opposizioni interne, pronte ad abbaiare ma diuturnamente disposte a trattative sottobanco.

Noi pensiamo che la candidatura di Enrico Rossi, unico outsider all’orizzonte, sia una candidatura necessaria per evitare una deriva pattizia e cetuale, che vedrebbe al centro funzionari o capibastone col tick del pensiero breve e del twitter-populismo.
La candidatura di Enrico Rossi mette al centro il pensiero lungo, i problemi del paese, del lavoro, lo sviluppo economico, la ridistribuzione, il precariato, la povertà e la disperazione dei giovani senza lavoro e punta a costruire un partito nuovo, pronto al lavoro nei territori, disposto a riparare a disastri come quelli dell’Aspromonte dove si sarebbe dovuto presentare delle liste e dove invece l’omertà e una strisciante pax con le entità mafiose di quelle terre ha impedito al PD di scendere in campo.
Giusto attaccare Fassina per la sua insipienza organizzativa ma ancor peggio disporre di una forza organizzativa e non usarla, per non pestare i piedi ai potentati locali. Un altro partito è possibile.

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