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Vincere la guerra al coronavirus: l’opinione di Draghi

Oggi Mario Draghi è un illustre pensionato (a parte gli incarichi che mantiene) ma l’effetto del suo editoriale sul Financial Times del 25 marzo si è fatto sentire. Lo spread a fine giornata era sceso di 25 punti, a quota 158 punti, mandando giù i rendimenti. Lo rilevano, non senza malizia, anche nel mondo politico.
Draghi va subito al cuore del problema: “Ci troviamo di fronte a una guerra … e dobbiamo muoverci di conseguenza”, cogliendo il punto essenziale, cioè agire con forza e rapidità per evitare che la recessione muti in una lunga depressione, aggravata da una pletora di fallimenti con danni irreversibili.
Le azioni intraprese dai governi sui sistemi sanitari, dice Draghi, sono coraggiose e necessarie. Però tutte le aziende subiscono una perdita di reddito.

Molti stanno licenziando e una profonda recessione è inevitabile. Quindi, serve agire con forza e velocità per evitare una depressione prolungata e la risposta deve comportare un aumento significativo del debito pubblico per assorbire le perdite di reddito del settore privato; queste dovranno essere a carico, in tutto o in parte, dei bilanci pubblici, che saranno tutti molto più elevati di ora e saranno accompagnati dalla cancellazione del debito privato.

Una posizione “rivoluzionaria” e sorprendente, ma non tanto dissimile, in fondo, da quella del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Come le guerre, questa contro il coronavirus va finanziata aumentando il debito pubblico.

LA QUESTIONE LAVORO. Dobbiamo proteggere le persone dalla perdita del lavoro, se non vogliamo uscire dalla crisi con occupazione e capacità produttiva stabilmente inferiori. Oltre ai sussidi per la disoccupazione e il rinvio delle imposte, serve sostenere la liquidità in questo momento di perdita di reddito.

FARE PIU’ DEBITO. Vanno coperte tutte le spese delle imprese durante la crisi, grandi o piccole e degli imprenditori autonomi. La liquidità alle imprese va erogata immediatamente, evitando ritardi.

USARE LE BANCHE. Le banche, afferma Draghi, possono consentire scoperti di conto corrente o dare credito a costo zero alle aziende disposte a salvare posti di lavoro. Le banche diventano il canale di trasmissione delle politiche pubbliche, e quindi i fondi necessari per questo compito li deve garantire il governo per tutti. Una ricetta semplice, molto più semplice dei meccanismi lenti e farraginosi cui lavora il Governo: “Lo Stato utilizzi il bilancio per proteggere i cittadini… liquidita’ subito per evitare che perdano il lavoro”.
Inoltre, il costo di queste garanzie non dovrebbe essere basato sul rischio di credito, ma dovrebbe essere zero quale che sia il costo per il governo che concede la garanzia.

ESSENZIALE LA VELOCITA’. Secondo “superMario” le aziende con un buon portafoglio ordini recupereranno le perdite e pagheranno il debito. Altre imprese dopo qualche tempo saranno costrette a fermarsi; se l’epidemia e i blocchi dureranno, potrebbero rimanere in vita solo se il debito per mantenere il personale fosse cancellato. I debiti pubblici aumenteranno. Ma l’alternativa – la distruzione della capacità produttiva e della base fiscale – sarebbe molto più dannosa per l’economia e per i conti pubblici. L’Europa è in grado di incanalare i fondi verso ogni parte dell’economia. Ha un forte settore pubblico. La velocità è assolutamente essenziale per l’efficacia della risposta al coronavirus.

Di fronte a circostanze come queste, un cambiamento di mentalità è necessario come lo sarebbe in tempi di guerra. “Lo shock che stiamo affrontando non è ciclico. La perdita di reddito non è colpa di nessuno di coloro che ne soffrono. Il costo dell’esitazione può essere irreversibile”.
La velocità del deterioramento dei bilanci privati, conclude Draghi, “deve essere soddisfatta dalla stessa velocità nello schierare i bilanci pubblici, mobilitare le banche e, in quanto europei, sostenersi a vicenda nel perseguimento di ciò che è evidentemente una causa comune.”

Oggi siamo tutti in attesa di capire se i paesi dell’area tedesca cambieranno atteggiamento in nome della solidarietà europea. Perché la vera preoccupazione per il futuro riguarda il destino lavorativo e produttivo dell’Italia. Quanta più sarà lunga e dolorosa l’emergenza, più sarà difficile rialzarsi.

 

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