Arno

Le voragini politiche e le voragini reali

Mi ha colpito una frase che il Presidente del Consiglio ha pronunciato alcuni giorni fa parlando dell’imminente voto per le elezioni amministrative. Con le elezioni comunali si sceglie “chi deve a mettere a posto le strade e governare i servizi, non chi sta al governo del Paese“. Come spesso avviene nella retorica del capo del Governo, il richiamo ad immagini forti e dirette rende molto comprensibile il messaggio.

Ho ripensato a quella frase dopo il crollo della strada sul lungo argine dell’Arno. Una voragine che si apre proprio nel centro di Firenze, la città che Renzi ha amministrato. Lungi da chi scrive utilizzare questo drammatico evento come argomento da polemica politica ma le immagini delle auto sprofondate nell’acqua e nel fango mi hanno sollecitato una riflessione. Il governo dei servizi, l’asfaltatura delle strade, la manutenzione e la cura delle scuole e degli edifici pubblici, è davvero un tema che non riguarda la politica e che attiene solo alla sfera – priva di qualsiasi schieramento ideale – “della buona amministrazione”?

Io credo di no. Nel vissuto di qualsiasi amministratore esiste l’attenzione ad una componente sociale. Le esigenze di chi vive in una bella abitazione del centro storico senza aver mai avuto bisogno di un autobus o di una scuola pubblica sono molto diverse da quelle di chi proviene da un contesto meno agiato. E’ chiaro che non possiamo avere pregiudizi sulla provenienza sociale o professionale di un amministratore, ma possiamo giudicarlo sulle priorità che decide di proporre alla città che amministra e misurare l’impegno di un potenziale Sindaco sulle “alleanze sociali” che decide di di stabilire.

I tanto vituperati partiti, tra i tanti difetti, erano una straordinaria palestra nell’unire persone con provenienze sociali e culturali diverse e proiettarle su una comune idea di società, fondata su ideali forti, selettivi e condivisi e non sulla provenienza sociale dei singoli. C’è stata una lunga fase storica in cui si poteva gestire in maniera più morbida qualsiasi distinzione. Le risorse da spendere erano tante ed i Comuni vivevano di trasferimenti.

Oggi i soldi sono meno per tutti e le priorità che un Comune decide di dare sono molto più visibili. La progressiva (ed applaudita) scomparsa dei partiti come forma di partecipazione alla cosa pubblica ha dato un ulteriore contributo allo sbiadimento delle differenze politiche e culturali.

In realtà un amministratore “di destra” potrebbe essere molto diverso da uno “di sinistra”. Sia chiaro che negli esempi che sto per fare non intendono in alcun modo fare riferimento a fatti o persone realmente esistiti e sono riferibili all’attuale momento storico ed economico.

Un amministratore di destra decide di investire un milione di euro per rifare da zero una piazza del proprio centro storico in cui si svolgono eventi o attività culturali. Un amministratore di sinistra riqualifica questa piazza con un investimento inferiore ed impegna la differenza nell’asfaltare le strade di periferia o nel realizzare progetti per chi va a scuola in bici o a piedi. L’amministratore di destra spende sul marketing dei propri progetti molto di più, perché la comunicazione per lui viene prima della sostanza, con un trionfo di slide e di frasi fatte.

Un amministratore di destra apre il proprio centro storico alle auto, costruisce lo sviluppo della propria città nelle campagne per alimentare gli interessi legati alla rendita fondiaria e ritiene che il trasporto pubblico locale si possa smantellare, perchè serve solo ai pochi disgraziati che non hanno la patente o non possono permettersi una macchina. Un amministratore di sinistra, in anni di penuria di risorse per realizzare gli investimenti, rinuncia alle grandi opere e concentra le risorse sulle manutenzioni e sulla sicurezza degli edifici pubblici. Un amministratore di destra mortifica chi opera negli uffici comunali (ritenendoli degli sfaccendati) e ritiene che sia utile esternalizzare servizi ed attività a privati. Un amministratore di sinistra deve misurarsi su una sfida più complessa: motivare le persone e rendere la macchina pubblica più capace nella gestione diretta di lavori e servizi.

Negli ultimi 20 anni – con la sola eccezione dei Governi Prodi – abbiamo assistito ad alcuni fenomeni che sono stati più o meno radicali a seconda delle fasi, ma che hanno avuto molti elementi comuni. La costante riduzione del personale nei servizi pubblici, la progressiva dismissione delle gestioni dirette, la graduale riduzione delle risorse (umane ed economiche) destinate alle manutenzioni, il progressivo affidamento dei servizi pubblici locali a soggetti sempre più grandi, orientati al profitto, e con sedi decisionali distanti dai cittadini.

Ecco quindi come si possa misurare la forte caratterizzazione che può assumere una strada in cui si apre una voragine o la progressiva dismissione di un servizio pubblico locale. Decidere “chi deve mettere a posto le strade e governare i servizi” non è sicuramente un modo per scegliere “chi sta al governo del Paese” ma è una scelta politica molto chiara e soprattutto rende tutto molto più chiaro rispetto ad una politica nazionale che si svolge in un Parlamento di nominati con una destra ed una sinistra che corrono entrambe verso il centro.

Possiamo leggere così anche i corto circuiti che si sono generati nel Movimento 5 Stelle quando è chiamato a rispondere del governo locale del territorio. Nonostante i tentativi dei vari Grillo, Di Maio o Di Battista , è molto poco plausibile la tesi che i vertici grillini hanno dato sulla crisi di molte delle amministrazioni comunali conquistate dal Movimento tra il 2012 ed il 2014. Una Giunta fa ogni giorno delle scelte s deve affrontare la realtà senza scaricare le responsabilità su complotti e macchinazioni eterodirette. Soprattutto, nel governare una città, un Sindaco deve spesso decidere da che parte sta. Nulla di più complesso per chi, spesso senza esperienze precedenti, si trova a governare nel nome del superamento della destra e della sinistra.

Le elezioni amministrative dellla prossima settimana toccano le 5 più popolose città italiane. Sarà molto interessante vedere come candidati diversi, con alleanze sociali molto diverse, saranno giudicati dal voto. La convinzione di chi scrive è che nel centrosinistra, tra disaffezione e voti alternativi, saranno penalizzati coloro che meno si caratterizzeranno rispetto a politiche ed a idee di sinistra.

Tra pochi giorni vedremo ma se così sarà, che nessuno ci venga a spiegare che si è votato solo sull’asfaltatura delle strade.

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