Renzi a Sesto1

Analisi del voto nel giorno del compleanno di un’amica

Quei quattro lettori che avranno la pazienza di leggere questo post si chiederanno cosa c’entra il compleanno di un’amica col voto di domenica. Niente di per sé, se non fosse che l’amica in questione è una giovane impegnata nel PD, renziana entusiasta, che negli ultimi tempi ha visto crescere in sé molti dubbi sul renzismo e la stagione delle riforme. Non mi sento di dire che si senta tradita da Matteo (probabilmente nel suo dialogo con me tende più a esaltare i lati negativi del suo rapporto col renzismo, conoscendo la mia inclinazione) ma sicuramente qualche germe di delusione aleggia in lei. Accanto a lei noto altre persone, tutte giovani, molte donne, tutte preparate e con un futuro indipendente dalla politica (che torna a essere una scelta dunque e non un destino come lo fu per noi) tutte preoccupate, parzialmente sfiduciate, incredule della stagione elettorale appena vissuta. Incredule non dei risultati, ma dell’incapacità del gruppo dirigente diffuso del PD di leggere una realtà che era manifesta ed evidente. Bastava prendere un taxi a Roma per capire che Giachetti non ci sarebbe andato nemmeno vicino.

Ho pensato a loro leggendo nei giorni successivi al primo turno di un PD sestese che aveva convinto Renzi a chiudere lì la campagna elettorale perché un sondaggio dava Zambini tra il 47 e il 53%. Ero stato a Sesto per fare alcuni acquisti pochi giorni prima e pur non facendo il sondaggista, mi era apparso chiaro e trasparente che il ballottaggio era inevitabile. Di Torino parlavano alcuni amici, anche loro militanti dei DS nei tardi novanta, e pure lì i segnali a volerli cogliere c’erano tutti.

E’ dunque finito il renzismo? Non lo so, credo nessuno lo sappia. Se proprio devo scommettere un paio di Euro direi di no. Quella che forse è finita è la stagione del renzismo sognante. La fine dell’innocenza del popolo della Leopolda. Perché la grandezza di Renzi, la sua messa in empatia con un popolo deluso e in cerca di riferimenti, è stata quella di far credere che la politica fosse sogno. E soltanto sogno e idealità. La politica, come è noto, è invece restata sangue e merda, per dirla con le implacabili parole di Rino Formica, solo che Renzi ha sinora tolto dal visibile a larga parte del suo elettorato sia il sangue che la merda, gestendo lui e un pugno di fedelissimi il sottogoverno prima della città e adesso del Paese. Però la durata, che è la forma delle cose come spiegava Pannella, rende impossibile che il teatro regga; la dimensione nazionale impraticabile che il solo fuoriclasse di Rignano si possa occupare delle beghe di Cascina ma nemmeno quelle di Torino. Ecco che le crepe si mostrano, il sangue schizza a imbrattare il sogno. I numeri, piegati sinora al destino ineluttabile, si affacciano nella concretezza di un Paese che, nonostante le spinte retoriche, non parte.

Il tentativo di rispondere a questo sangue (e all’altro elemento organico) che sgorgava è stato quello, solito per il renzismo, di aumentare la conflittualità, l’attaccare per subito dopo fare la vittima non appena l’avversario risponde. Una tecnica infallibile nelle mura amiche del partito (chiedere a Bersani, Letta e Cuperlo per conferme) che però di fronte alla eguale tattica grillina è stata respinta con perdite.

Cosa accadrà ora alla mia amica e alle sue compagne? Anche questo non lo so. Magari vivranno l’ennesimo riflusso per la politica e lasceranno questa ai soliti mestieranti che l’affollano ancora, oppure saranno così brave a rimettere in moto una stagione di impegno necessaria a loro e al Paese. Per farlo dovranno sfidare Matteo Renzi a rendere trasparente tutto e non soltanto le slides preparate dagli spin doctors di turno, a impedire che l’annunciato secondo capitolo della rottamazione non si compia (come peraltro il primo) nell’epurazione di quei dirigenti ostili al capo (salvaguardando quelli che pur rottamabili furono pronti all’auto da fé). Dovranno mettersi i guanti e tuta e affrontare la politica, i compromessi e i sogni infranti. In fondo come diceva Paolo Conte: “era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti”.

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