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Bernie Sanders: “Basta aiutare l’Arabia Saudita in Yemen”

Traduzione dell’articolo di Bernie Sanders pubblicato sul New York Times con il titolo “Bernie Sanders: We Must Stop Helping Saudi Arabia in Yemen” (25 ottobre 2018).

Il probabile omicidio di Jamal Khashoggi, giornalista del Washington Post e critico dei sauditi, sottolinea quanto sia urgente che gli Stati Uniti ridefiniscano la relazione con l’Arabia Saudita e le facciano capire che non ha carta bianca per continuare a violare i diritti umani.

Un punto da cui partire è mettere fine al sostegno alla guerra in Yemen. Non solo questa guerra ha creato un disastro umanitario in uno dei paesi più poveri del mondo, ma il coinvolgimento non è neppure stato autorizzato dal Congresso e, quindi, è incostituzionale.

Nel marzo 2015, una coalizione di stati arabi guidati dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi ha iniziato una guerra contro i ribelli Houthi dello Yemen. Da allora, migliaia di civili sono stati uccisi e molti altri hanno perso la propria casa. Milioni adesso rischiano di essere colpiti dalla più grande carestia degli ultimi cento anni, secondo le Nazioni Unite. Il caos in Yemen ha oltre fornito un terreno fertile per i gruppi estremisti come Al Qaeda e lo Stato Islamico e ha creato nuove possibilità d’intervento da parte dell’Iran.

Gli Stati Uniti sono profondamente coinvolti in questa guerra. Stiamo fornendo le bombe utilizzate dalla coalizione a guida Saudita, stiamo facendo rifornimento ai loro aerei prima che partano per lanciare quelle bombe e stiamo dando loro assistenza con l’intelligence.

In troppi casi, a essere colpiti dalle bombe sono obiettivi civili. In uno degli episodi più recenti, una bomba di fabbricazione americana ha polverizzato uno scuolabus pieno di ragazzini, facendo decine di morti e molti più feriti. Un rapporto della CNN ha trovato le prove che, dall’inizio della guerra, armi americane sono state utilizzate in una serie di attacchi mortali sui civili.

Tuttavia, il mese scorso, rispondendo alle preoccupazioni del Congresso, il Segretario di Stato Mike Pompeo ha ufficialmente notificato – e il Segretario alla Difesa James Mattis ha confermato – che i sauditi e gli emirati si “stanno impegnando al massimo per ridurre il rischio di morti fra i civili”.

I dati, però, smentiscono queste affermazioni. Secondo un gruppo di monitoraggio indipendente Yemen Data Project, fra il marzo 2015 e il marzo 2018, più del 30% degli obiettivi della coalizione a guida saudita sono stati non militari. Secondo l’Armed Conflict Location and Event Data project, le morti fra i civili in una regione sono aumentate di più del 160% durante l’estate rispetto all’inizio dell’anno.

Le persone all’interno dell’amministrazione comprendono bene questi dati. Molti giorni dopo che Pompeo ha fatto la sua comunicazione al Congresso, il Wall Street Journal ha raccontato che aveva scavalcato gli esperti del Dipartimento di Stato, allineandosi piuttosto con i membri del suo staff degli affari legislativi che sostenevano che non fare questa dichiarazione avrebbe messo in pericolo le vendite d’armi degli Stati Uniti in Arabia Saudita e negli Emirati. Lo stesso presidente Trump ha fatto eco a questa logica quando gli è stato chiesto dell’omicidio di Khashoggi: ha affermato che i sauditi stanno spendendo “110 miliardi di dollari” in materiale militare.

E la cosa peggiora pure. L’Intercept ha raccontato che un ex lobbista per il fabbricatore d’armi Raytheon, che guadagna miliardi di dollari da quelle vendite, guida lo staff per gli affari legislativi di Pompeo.

L’amministrazione difende il nostro coinvolgimento in Yemen esagerando il supporto iraniano ai ribelli Houthi. Ma il fatto è che la relazione fra l’Iran e gli Houthi si è fortificata con l’intensificazione della guerra. La guerra sta creando l’esatto problema che l’amministrazione afferma di voler risolvere.

La guerra sta anche compromettendo la più ampia lotta contro gli estremisti violenti. Un rapporto del Dipartimento di Stato del 2016 ha scoperto che il conflitto fra le forze a guida saudita e i ribelli Houthi ha aiutato le ramificazioni yemenite di Al Qaeda e dell’ISIS ad “approfondire la propria presenza in buona parte del paese”. […]

Oltre alla catastrofe creata da questa guerra, c’è anche il fatto che l’intervento americano non è stato autorizzato dal Congresso e, quindi, è incostituzionale. L’Articolo 1 della Costituzione afferma chiaramente che è il Congresso, non il Presidente, che ha il potere di dichiarare guerra. Nel corso di molti anni, il Congresso ha permesso che quel potere si indebolisse. Tutto questo deve cambiare.

A febbraio, assieme ad altri due colleghi, Mike Lee, Repubblicano dello Utah, e Chirs Murphy, Democratico del Connecticut, ho presentato la Risoluzione congiunta n. 54 al Senato, chiedendo al presidente di ritirare gli Stati Uniti dalla guerra a guida saudita in Yemen. Lo abbiamo fatto per due motivi. Il primo è che questa guerra è un disastro morale e strategico per gli USA. La seconda è che è giunto il momento che il Congresso, dopo tanto tempo, riaffermi la propria autorità in materia di guerra.

Il Senato ha votato 55 contro 44 per rimandare la votazione della risoluzione. Da allora, la crisi non è solo peggiorata, ma la nostra complicità è diventata ancora più grande.

Il prossimo mese, voglio presentare nuovamente quella risoluzione. Aggiungeremo altri firmatari e altri colleghi alla Camera stanno lavorando a una misura simile. L’omicidio brutale di Khashoggi c’impone di chiarire che il sostegno degli Stati Uniti per l’Arabia Saudita non è incondizionato.

Spero davvero che il Congresso agisca e che prenda sul serio le sue responsabilità, metta fine alla carneficina in Yemen e mandi il messaggio che le vite umane valgono molto di più dei profitti per i fabbricanti d’armi.

Foto in evidenza: Bernie Sanders | John Minchillo/AP Photo)

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