ART. UNO MILANO

Cari compagni di Articolo Uno, ci crediamo, non ci date l’ennesima delusione

Articolo Uno è nata a marzo. Sono passati 6 mesi, un tempo breve, ma che nella politica di oggi è un infinito. Uomini e donne che hanno guardato con interesse a questo soggetto si aspettavano che nascesse qualcosa di realmente nuovo nei contenuti, nelle forme, nel modo di intendere la politica. Sono anni che il PD, quello che era il maggior partito della sinistra, si è trasformato, ha perso molte delle sue specificità, ha dilapidato valori e cultura, ha smesso di essere un luogo dove la politica si costruiva insieme, dove si discuteva e si decideva e i gruppi dirigenti erano riconosciuti come tali perché portatori di un progetto condiviso.

Lentamente ha prevalso un altro modello di partito, quello che si è chiamato il “partito degli amministratori e degli eletti” che, grazie anche ad un sistema elettorale che ha rotto il rapporto tra eletti ed elettori, assomiglia sempre di più al partito degli ottimati (che, poi, ottimati non sono), sempre pronti a lamentarsi della solitudine, ma restii a lavorare a nuove forme della politica nei metodi e nei contenuti. Il Partito non è neanche un comitato elettorale perché esistono tanti comitati elettorali che fanno capo a singoli capetti mai selezionati se non con primarie ridicole, accompagnate da guerre interne che il renzismo ha portato all’esasperazione.

Dunque, servono segnali sul metodo e la pratica politica, ma anche sui contenuti. E su questi ultimi voglio soffermarmi. In questo mese di agosto sono accadute molte cose: la ministra Fedeli ha annunciato il Liceo breve (quattro anni di studi invece di cinque), salvo poi chiedere l’obbligo fino a 18 anni; è stato sferrato un attacco vergognoso contro le ONG, al quale gran parte della stampa ha dato una mano; è stato stipulato un accordo con la Libia che ha consegnato ad un paese dilaniato da faide e profondamente corrotto la sorte di migliaia di uomini, donne, bambini, senza nessuna garanzia sul rispetto dei diritti umani; è stata messa una nuova pietra tombale sul povero Giulio Regeni, adducendo a pretesto presunti nuovi documenti, dei quali non si è avuta la pazienza di aspettare la traduzione, per far rientrare l’ambasciatore italiano in Egitto; si è scatenata una campagna persecutoria contro i rifugiati condannati ad una vita miserevole indegna di un paese civile.

Artefice di tutto questo è stato il Governo Gentiloni e, in particolare, il suo ministro Marco Minniti. 

Alcuni giorni fa l’onorevole Speranza ha dichiarato che se non cambia la manovra economica Articolo Uno non la voterà. Premesso che questo non vuol dire “Voteremo contro” come dimostrato su questioni ugualmente importanti che anno visto l’astensione o l’uscita dall’aula al Senato, penso che quando accaduto ad agosto e che ho sommariamente raccontato meriti una riflessione seria e una prese di posizione netta. Il 4 settembre ci sarà la comunicazione del Governo sul caso Regeni. Cosa farà Articolo Uno? Si distinguerà nettamente dal Governo? Avrà una posizione autonoma o ne costruirà una con la sinistra di opposizione? Sulla vicenda di Roma, delle cariche della polizia, sul grido dell’ufficiale di polizia “Spezzategli un braccio” presenterà un interrogazione urgente e una mozione al governo per chiedere di sanzionare questi comportamenti? Chiederà le dimissioni del Prefetto di Roma? E sul codice di comportamento per le ONG e sul fatto che la guardia costiera libica agisca con le armi in acque internazionali non avremo qualcosa da dire?

Se la sinistra non fa questo non è nulla e Articolo Uno sembrerà, lo dico con grande amarezza e convinto che i compagni non lo vogliano, la ruota di scorta di un governo che personalmente definisco miserevole. Il nostro ruolo non può essere quello di supportare il PD e, soprattutto, quello di sopportare le sue politiche di destra, che non riguardano solo le questioni economiche. Ci sono valori che dobbiamo far rivivere se vogliamo realmente recuperare quel popolo di sinistra che dalla politica si è allontanato, se non ci si vuole accontentare di essere davvero il partito dei fuoriusciti dal PD. Lo dico con grande scoramento: cari compagni non ci date l’ennesima delusione mascherata da Realpolitik.

Massimo Misiti, Indipendente, Articolo Uno MDP

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