La soluzione che è stata data alla crisi di governo ha qualche pregio importante e rilevanti difetti e non ha ancora una prospettiva politica ben definita.
Cominciamo dalle contraddizioni. Il nuovo Governo, che si basa su una maggioranza formata da Pd, Cinquestelle e Leu nasce con l’obbiettivo di una forte discontinuità nei confronti di quello precedente, a sua volta formato da Lega e Cinquestelle e imperniato soprattutto dall’incessante attivismo del ministro dell’Interno e capitano della Lega Matteo Salvini. Il nuovo Esecutivo, come si è visto nel dibattito parlamentare sulla fiducia si contrappone nettamente e con toni forti a quello precedente. Ma i due governi contrapposti sono guidati dallo stesso presidente del Consiglio: Giuseppe Conte. Fino ad ieri “avvocato del popolo”, da qualche giorno europeista convinto e fustigatore delle degenerazioni della propaganda leghista.
Naturale quindi che molti osservatori, anche dal campo del centrosinistra evochino ribaltoni e soprattutto la vecchia tradizione trasformista degli italiani.
Tutto giusto? Cominciamo dal trasformismo. E’ vero. La storia della politica italiana è piena di episodi che dimostrano quanto il ricorso alle alleanze meno prevedibili e i cambi di casacca siano frequenti. Si comincia addirittura dagli anni del Risorgimento, da Camillo Benso, conte di Cavour che nel 1852 diede con Rattazzi il via alla politica del “Connubio“. Si chiamò così la convergenza tra Destra storica e sinistra e che ebbe fondamentale importanza nel realizzare l’Unità d’Italia. Poi ci furono i governi di Agostino Depretis, esponente della sinistra che governò per lungo tempo l’Italia grazie alle convergenze con esponenti provenienti della destra storica come Cesare Correnti e Marco Minghetti. E, infine, si può dire che il superparlamentarista Giovanni Giolitti non praticò il trasformismo, cercando accordi un po’ con tutti nella vita parlamentare. Certamente no.
Se poi andiamo a tempi più recenti non possiamo non rammentare che quando si fece il primo tentativo, nella prima Repubblica di aprire ai comunisti con la cosiddetta solidarietà nazionale, pensata da Aldo Moro, il governo fu affidato a Giulio Andreotti che per tanto tempo aveva rappresentato la destra democristiana. Insomma: in tempi diversi anche i trasformismo ha funzionato come efficace ammortizzatore della politica.
Tutto a posto allora? Certamente no. Perchè l’abuso di trasformismo può portare e porta spesso gli elettorati alla disaffezione dalla politica. Ed è questo uno dei rischi maggiori dai quali dovrà guardarsi Conte, ma anche e soprattutto dovranno farlo le forze politiche che lo sostengono. Soprattutto quelle del centrosinistra.
Per il resto c’è da aggiungere che Giuseppe Conte ha mostrato non poca attitudine alla destrezza politica, allorchè ha attaccato senza mezzi termini il suo vice Salvini nel momento in cui quest’ultimo ha mostrato tutta la propria vulnerabilità quando ha pensato di avere le nuove elezioni ormai in tasca, e non considerando che le istituzioni della nostra Repubblica parlamentare avevano risorse per resistere anche agli atti di forza del capitano leghista.
Certo, ora la Lega, e con lei Fratelli d’Italia e un Berlusconi sempre più succube della deriva di destra, sbraiteranno che il Conte 2 è figlio soprattutto della paura delle elezioni. Ed è così in larga parte. Motivo per il quale ora la nuova maggioranza, pur con le sue contraddizioni deve dimostrare di saper fare politica. E qui vengono, se non i pregi, i punti positivi messi a segno dal nuovo governo. Il primo è quello di aver liberato il Viminale (un ministero che non è come tutti gli altri perchè deve garantire tutti) dalla invadenza sguaiata e spiaggiaiola del capitano leghista. Il secondo è di aver riaccreditato l’Italia in Europa, grazie ai biglietti da visita di Gentiloni, Gualtieri, e Sassoli. Il terzo di aver messo nella squadra dei ministri elementi di valore e novità. a cominciare dai più giovani tipo Provenzano e Speranza.
Meno bene naturalmente sul fronte dei sottosegretari. Dove la messa a punto della lista è stata lunga e faticosa, anche per le richieste dei Cinquestelle, tanto attenti a chiedere la riduzione dei parlamentari, quanto esigenti in materia di viceministri e sottosegretario. Vale la pena stendere un velo pietoso sulle lamentele dei renziani per la mancanza di sottosegretari della regione toscana denunciata come una purga anti Renzi. Il quale avendo trattato su tutto, ottenendo molto, in materia di nomi della sua area politica forse non si è battuto con altrettanto vigore per i suoi corregionali.
Ora naturalmente c’è un problema di prospettiva politica. Sono alle porte importanti elezioni regionali, spesso con contraddittorie leggi elettorali tendenti al maggioritario. Centrosinistra e Cinquestelle hanno il dovere politico di fare di tutto per non far vincere il Centrodestra, che sarà sempre più a trazione leghista. Lo faranno? Vedremo e dipenderà molto dai Cinquestelle. Ma non solo
C’è poi da mettere a punto una seria e garantista legge elettorale che parta dal proporzionale. E qui il problema potrebbe essere soprattutto nel Centrosinistra e in alcunisuoi suggeritori. Proprio da qualche giorno sono tornate a far sentire la propria voce le vestali del maggioritario. Coloro che per anni ci hanno spiegato che ci vogliono le coalizioni e non i partiti. E che la sera delle elezioni si doveva sapere chi avrebbe governato. Salvo, poi, vedere (ed è capitato nelle ultime politiche grazie al Rosatellum) che quelle stesse coalizioni, servite per ottenere un abnorme premio di maggioranza si sfaldavano, due giorni dopo il risultato elettorale. Ecco. Credo che un banco di prova della nuova maggioranza siano le questioni istituzionali. Puntare a rafforzare la repubblica parlamentare con una buona legge elettorale è indispensabile così come una legge sui partiti in grado di rilanciare il loro ruolo e la loro identità.
Qualche riflessione sul Conte 2: il Governo c’è con pregi e difetti, la politica non ancora
La soluzione che è stata data alla crisi di governo ha qualche pregio importante e rilevanti difetti e non ha ancora una prospettiva politica ben definita.
Cominciamo dalle contraddizioni. Il nuovo Governo, che si basa su una maggioranza formata da Pd, Cinquestelle e Leu nasce con l’obbiettivo di una forte discontinuità nei confronti di quello precedente, a sua volta formato da Lega e Cinquestelle e imperniato soprattutto dall’incessante attivismo del ministro dell’Interno e capitano della Lega Matteo Salvini. Il nuovo Esecutivo, come si è visto nel dibattito parlamentare sulla fiducia si contrappone nettamente e con toni forti a quello precedente. Ma i due governi contrapposti sono guidati dallo stesso presidente del Consiglio: Giuseppe Conte. Fino ad ieri “avvocato del popolo”, da qualche giorno europeista convinto e fustigatore delle degenerazioni della propaganda leghista.
Naturale quindi che molti osservatori, anche dal campo del centrosinistra evochino ribaltoni e soprattutto la vecchia tradizione trasformista degli italiani.
Tutto giusto? Cominciamo dal trasformismo. E’ vero. La storia della politica italiana è piena di episodi che dimostrano quanto il ricorso alle alleanze meno prevedibili e i cambi di casacca siano frequenti. Si comincia addirittura dagli anni del Risorgimento, da Camillo Benso, conte di Cavour che nel 1852 diede con Rattazzi il via alla politica del “Connubio“. Si chiamò così la convergenza tra Destra storica e sinistra e che ebbe fondamentale importanza nel realizzare l’Unità d’Italia. Poi ci furono i governi di Agostino Depretis, esponente della sinistra che governò per lungo tempo l’Italia grazie alle convergenze con esponenti provenienti della destra storica come Cesare Correnti e Marco Minghetti. E, infine, si può dire che il superparlamentarista Giovanni Giolitti non praticò il trasformismo, cercando accordi un po’ con tutti nella vita parlamentare. Certamente no.
Se poi andiamo a tempi più recenti non possiamo non rammentare che quando si fece il primo tentativo, nella prima Repubblica di aprire ai comunisti con la cosiddetta solidarietà nazionale, pensata da Aldo Moro, il governo fu affidato a Giulio Andreotti che per tanto tempo aveva rappresentato la destra democristiana. Insomma: in tempi diversi anche i trasformismo ha funzionato come efficace ammortizzatore della politica.
Tutto a posto allora? Certamente no. Perchè l’abuso di trasformismo può portare e porta spesso gli elettorati alla disaffezione dalla politica. Ed è questo uno dei rischi maggiori dai quali dovrà guardarsi Conte, ma anche e soprattutto dovranno farlo le forze politiche che lo sostengono. Soprattutto quelle del centrosinistra.
Per il resto c’è da aggiungere che Giuseppe Conte ha mostrato non poca attitudine alla destrezza politica, allorchè ha attaccato senza mezzi termini il suo vice Salvini nel momento in cui quest’ultimo ha mostrato tutta la propria vulnerabilità quando ha pensato di avere le nuove elezioni ormai in tasca, e non considerando che le istituzioni della nostra Repubblica parlamentare avevano risorse per resistere anche agli atti di forza del capitano leghista.
Certo, ora la Lega, e con lei Fratelli d’Italia e un Berlusconi sempre più succube della deriva di destra, sbraiteranno che il Conte 2 è figlio soprattutto della paura delle elezioni. Ed è così in larga parte. Motivo per il quale ora la nuova maggioranza, pur con le sue contraddizioni deve dimostrare di saper fare politica. E qui vengono, se non i pregi, i punti positivi messi a segno dal nuovo governo. Il primo è quello di aver liberato il Viminale (un ministero che non è come tutti gli altri perchè deve garantire tutti) dalla invadenza sguaiata e spiaggiaiola del capitano leghista. Il secondo è di aver riaccreditato l’Italia in Europa, grazie ai biglietti da visita di Gentiloni, Gualtieri, e Sassoli. Il terzo di aver messo nella squadra dei ministri elementi di valore e novità. a cominciare dai più giovani tipo Provenzano e Speranza.
Meno bene naturalmente sul fronte dei sottosegretari. Dove la messa a punto della lista è stata lunga e faticosa, anche per le richieste dei Cinquestelle, tanto attenti a chiedere la riduzione dei parlamentari, quanto esigenti in materia di viceministri e sottosegretario. Vale la pena stendere un velo pietoso sulle lamentele dei renziani per la mancanza di sottosegretari della regione toscana denunciata come una purga anti Renzi. Il quale avendo trattato su tutto, ottenendo molto, in materia di nomi della sua area politica forse non si è battuto con altrettanto vigore per i suoi corregionali.
Ora naturalmente c’è un problema di prospettiva politica. Sono alle porte importanti elezioni regionali, spesso con contraddittorie leggi elettorali tendenti al maggioritario. Centrosinistra e Cinquestelle hanno il dovere politico di fare di tutto per non far vincere il Centrodestra, che sarà sempre più a trazione leghista. Lo faranno? Vedremo e dipenderà molto dai Cinquestelle. Ma non solo
C’è poi da mettere a punto una seria e garantista legge elettorale che parta dal proporzionale. E qui il problema potrebbe essere soprattutto nel Centrosinistra e in alcunisuoi suggeritori. Proprio da qualche giorno sono tornate a far sentire la propria voce le vestali del maggioritario. Coloro che per anni ci hanno spiegato che ci vogliono le coalizioni e non i partiti. E che la sera delle elezioni si doveva sapere chi avrebbe governato. Salvo, poi, vedere (ed è capitato nelle ultime politiche grazie al Rosatellum) che quelle stesse coalizioni, servite per ottenere un abnorme premio di maggioranza si sfaldavano, due giorni dopo il risultato elettorale. Ecco. Credo che un banco di prova della nuova maggioranza siano le questioni istituzionali. Puntare a rafforzare la repubblica parlamentare con una buona legge elettorale è indispensabile così come una legge sui partiti in grado di rilanciare il loro ruolo e la loro identità.
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Guido Compagna
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